Una Ministra a guardia dei Sigilli

Premessa necessaria: non essendo affetti dal femminismo di facciata, che si manifesta quando una donna viene nominata a un ruolo di vertice, commentando la scelta a Ministro della Giustizia di Marta Cartabia, vorremmo parlare delle sue opinioni su simboli religiosi nella scuola, aborto, diritti delle coppie omosessuali e fine vita, per capire con chi abbiamo a che fare. Siamo determinati a non farci inibire da un Ministro donna, già prima Presidente donna della Corte Costituzionale.
La Professoressa – già militante di Comunione e Liberazione, attiva ancora oggi negli organismi dirigenti di quella organizzazione politica – viene ricordata alla Bicocca per le modalità con le quali dette comunicazione della morte di suo marito segnalando ad amici e conoscenti che si era ricongiunto al Padre, abbandonando questa “valle di lacrime”. Dopo una brillante carriera di studiosa e giurista ed è stata nominata
giudice della Corte Costituzionale dal sig. Giorgio Napolitano, al quale, come Presidente della Repubblica pro tempore, apparteneva il potere di nominare 5 giudici della Corte, conformemente alla Costituzione. La professoressa diviene Presidente della Corte per avvicendamento, in quanto è consuetudine che i giudici della
Corte, alla fine del loro mandato, ricoprano questa carica a rotazione; infatti la Presidenza, per prassi consolidata, prevede l’avvicendamento in questa carica di ogni giudice. La sua presidenza è infatti iniziata l’ 11 dicembre 2019 ed è terminata il 13 settembre 2020, alla scadenza del mandato.
Ciò premesso quale ex Presidente la Professoressa , essendo donna viene considerata tra i papabili futuri Presidenti della Repubblica da chi vorrebbe in tal modo dare il segnale di un “cambio di passo” nel ricoprire le alte cariche dello Stato, come se ciò mettesse al sicuro le donne (e anche gli uomini), da ciò che ognuno pensa su alcune questioni fondamentali dei diritti di tutti.
Ebbene documentatamente la ex Presidente della Corte Costituzionale, ora Ministro, è favorevole all’obbligo di affissione del crocefisso nelle aule scolastiche a richiesta della maggioranza; è contraria all’aborto, a proposito del quale ha scritto che «il “diritto a non nascere” o il “diritto a darsi la morte” e questo malgrado che una legge dello Stato lo consenta; considera uno straripamento inaccettabile dei diritti individuali concedere diritti alle coppie omosessuali e consentire l’apertura del matrimonio a queste persone;
ha posizioni contrarie in materia di fine vita, in quanto non accetta che sia l’autodeterminazione del soggetto l’elemento decisivo della scelta che induce una persona a interrompere la propria vita. Ritornano in mente le sue dichiarazioni a proposito di Eluana Englaro quando scrisse “il diritto all’autodeterminazione del soggetto incapace: un ossimoro, se non fosse affermato dalla Suprema Corte di cassazione.”
In alte parole “fuori da una concezione creaturale in cui l’uomo è in diretto rapporto con l’infinito, non si da dignità umana e i diritti, anziché costituire la massima valorizzazione della persona, aprono la strada al suo annientamento”; è quanto avrebbero detto in modo meno dotto ed elegante Adinolfi. Pillon e Fontana.
Onestamente non sappiamo se Mario Draghi abbia voluto a quella carica Marta Cartabia per tenerla d’occhio, in attesa che giunga alla scadenza il mandato di Mattarella e si elegga il nuovo Presidente della Repubblica; a quella carica, infatti, ambirebbe, a detta di molti, la Ministra, in nome dell’”opzione donna”.
Nel suo programma il premier ha la riforma della giustizia civile, e in particolare del codice di procedura civile, del quale la Ministra non è tecnicamente un’esperta, occupandosi soprattutto di diritto comunitario e diritti fondamentali, come le sue esternazioni ainoi dimostrano.
Da parte nostra ci ostiniamo a preferire una selezione che garantisca i diritti costituzionali e che non costituisca un’opzione così marcatamente caratterizzata in materie sensibili quali quelle che abbiamo citato.