I destini dell’Italia postpandemica sembrano affidati nelle mani di Vittorio Colao con la supervisione del “migliore”. Ma chi è costui: da dove viene, che idee ha, dove vuole andare e soprattutto dove vuole portare il paese. Chi sono i suoi amici, i centri di potere dei quali è espressione: cerchiamo di capirlo.
Di Vittorio Colao si sa poco: è un bocconiano ha conseguito un master in Busines Administration alla Harvar University che gli ha aperto le porte della Morgan Stanley, sede di Londra, per poi passare alla McKinsey & Company, sede di Milano dove è rimasto per 10 anni. Nel 1966 è passato alla direzione aziendale della Omnitel,come direttore del ramo italiano, poi divenuta Vodafone italiana. Dopo appena 5 anni è divenuto GEO regionale di Vodafone per l’Europa meridionale, entrando successivamente nel C. d A. della società.
Dopo una breve parentesi nella Res Media Goup è tornato a Vodafone come vice amministratore delegato responsabile del settore Europa per divenire poi amministratore delegato e ricoprire, a partire dal 2015, lo stesso incarico in Unilever. Il 2018 è un anno significativo per Vittorio Colao perché si dimette dalla Vodafone e
contemporaneamente entra ufficialmente nel Gota della finanza internazionale, tenendo una relazione alla riunione annuale del Bildelberg che si tiene a Torino, su invito del bocconiano come lui, Presidente dell’organizzazione per l’Europa, Mario Monti. L’anno dopo entra nel Board of Directors della società di telefonia wireless Verizon emanazione di Vodafone, che è la seconda società di telecomunicazioni per fatturato nel mondo, dopo AT&T, e si occupa prevalentemente dello sviluppo della banda larga. Il 25 luglio 2016 Verizon ha annunciato di voler acquistare le attività operative di Yahoo ! per 4,8 miliardi di $. L’obiettivo è quello di fondere la società che gestisce il motore di ricerca con le attività di AOL per formare un unico pull in grado di competere con i giganti dei media digitali come Google.
Con questo cursus onorum il nostro è stato incaricato dal Governo Conte II per guidare la task force della cosiddetta “Fase 2” per la ricostruzione economica del Paese, tracciando i progetti di gestione del New Generation Fund: si sono create le condizioni per la sua chiamata a dirigere il neonato “Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale” nel Governo Draghi.
Il piano Colao
Queste le scarse notizie su una persona che ha sempre vissuto in modo riservato, al punto che le notizie sulla sua vita privata e le sue amicizie sono decisamente scarne. Per capire con chi abbiamo a che fare è opportuno soffermarsi sul lavoro della Commissione da lui guidata, espungendone le linee portanti.
La relazione si caratterizza per la valorizzazione del ruolo dell’impresa, considerata lo strumento principale per il progresso e lo sviluppo della società. Pertanto il perseguimento dei suoi massimi profitti diviene il fine da perseguire, assumendo provvedimenti in campo fiscale, finanziario e normativo che le permettano di liberare le imprese dai cosiddetti “lacci e lacciuoli” che bloccherebbero oggi lo sviluppo. Da qui
l’indicazione di procedere alla “sburocratizzazione” della pubblica amministrazione, l’abolizione del codice degli appalti (anche se ciò comporterebbe creare le condizioni per l’attività delle mafie, la totale deregolamentazione dei contratti e delle condizioni di lavoro). Gli aiuti finanziari a totale carico dello Stato, l’azzeramento di ogni contributo fiscale delle imprese alla collettività, divengono i veri obiettivi del piano e le
voci verso le quali indirizzare i finanziamenti. Tra i provvedimenti che vanno a colpire i lavoratori la proposta di defiscalizzazione delle indennità per i turni aggiuntivi o per il lavoro notturno e festivo.
Al piccolo e bello e alla decrescita felice che tanto entusiasmavano i 5 stelle all’origine, subentra lo slogan che il “grande e competitivo è bello”, prova ne sia che si valorizzano le grandi opere digitali (5G) e materiali (Tav, Tap, chi più ne ha più ne metta), fino al Ponte sullo Stretto, per la cui realizzazione va superata la resistenza delle comunità territoriali attraverso l’adozione di “leggi o protocolli nazionali di realizzazione non
opponibili da enti locali”. Un altro aspetto del progetto predisposto, che in altri tempi avrebbe fatto impallidire i 5stelle e dintorni, è quella di accorpare in grandi multi utility, finanziarizzate e competitive, i servizi pubblici locali: acqua, energia, trasporti, rifiuti, accompagnando questa trasformazione con l’adozione di leggi che ne dispongano la privatizzazione. Colpisce la proposta di privatizzare l’acquedotto pugliese, il più grande
d’Europa!
Per quanto riguarda le piccole e medie imprese viene proposto dalla Commissione un percorso piuttosto singolare per risolvere il problema delle piccole dimensioni e dei loro bisogni di finanziamento. Destinare la gran parte delle risorse disponibili alle grandi aziende multinazionali, che potranno, grazie alla proposta di modifica della legge sui fallimenti, assorbire le piccole aziende maggiormente remunerative, lasciando fallire
tutte le altre. In buona sostanza tutto viene visto in funzione dello sviluppo dell’economia e pertanto l’ambiente diventa un “volano per il rilancio”, mentre l’arte e la cultura costituiscono un “brand del Paese”.
Dando una valutazione d’insieme del piano Colao siamo di fronte alla riproposizione di una società fondata sull’ideologia del profitto, mentre scompare ogni necessità di scelte radicali di fuoriuscita dal modello capitalistico per costruire collettivamente una società diversa, basata sulla cura di sé, degli altri e dell’ambiente che il trauma della pandemia sembrava ispirare, per una fuoruscita dalla crisi. La nomina di Colao a Ministro
fa pensare che il piano verrà assunto dal Governo come linea guida delle scelte politiche di risposta all’emergenza sanitaria, economica e sociale.
L’incarico conferito ai suoi ex colleghi della McKinsey, che tanto ha stupito gli osservatori, non ha ragione di essere non solo perché il Ministro si rivolge ad ex colleghi, ma perché, oggettivamente, la burocrazia ministeriale lavora lentamente, ha scarsa capacità nell’articolazione operativa dei progetti europei e soprattutto
nella capacità di un’efficace e efficiente rendicontazione. I progetti comunitari, in effetti, procedono per steep successivi, al termine dei quali, se opportunamente rendicontati, vengono pagate trance del progetto, fino alla sua conclusione. In questa situazione McKinsey costituisce una soluzione funzionale che non incide sulla gestione dei finanziamenti e non espropria il Parlamento delle sue funzioni. Ad espropriarlo ci pensano Draghi e il suo Governo, primi tra tutti Colao, Franco,Giovannini e Cingolani. È il capitalismo, carissimi!
Piuttosto una volta conosciute le decisioni del Governo dovranno essere le piazze, in autunno, a porre con determinazione il problema e scendere in lotta per contrastare il progetto dove esso colpisce i proletari.
Gianni Cimbalo