RAZZISMO YANKEE

Gli Stati Uniti bruciano. L’assassinio di George Floyd il 25 maggio ha colpito gli Stati Uniti e il mondo non solo per la violenza assurda utilizzata da poliziotti razzisti, ma perché ha dimostrato che, accanto al covid, a far morire soffocati c’erano gli uomini, quelli che dovrebbero assicurare il rispetto dei diritti. È parso chiaro ed evidente a tutti che la violenza di Stato colpisce i poveri come la malattia, che la malattia è un affare di classe, soprattutto negli Stati Uniti, ma in genere nel mondo.
Anche per questo motivo la risposta è stata generale e di massa. In fondo l’omicidio di Floyd così chiaro è palese non è il solo, non è raro e per quanto questo sia orribile sappiamo che si ripeterà con particolare frequenza e virulenza soprattutto in USA;
sappiamo tutti che, malgrado la Costituzione degli Stati Uniti proclami tutti gli uomini nati
liberi e eguali e con il diritto di insorgere contro qualsiasi Governo li opprima, c’è una
profonda malattia che affligge questo paese: nato dal genocidio degli abitanti autoctoni del
continente sterminati non solo dalle canne dei fucili, ma anche dalle coperte infette di vaiolo distribuite come dono, facendo finta di ripagare i danni prodotti dallo sterminio degli animali e dalla distruzione dell’equilibrio naturale del paese. Non è un caso che numerosissimi sono stati ancora oggi i morti da pandemia nelle riserve oltre che fra la
popolazione di colore.

Da genocidio a genocidio

A questo crimine si è aggiunto come è noto lo schiavismo, come motore di sviluppo e di arricchimento, come segno della potenza dell’uomo bianco, radicando – facendo leva sulle ragioni economiche – nella memoria collettiva il principio di discriminazione prova ne sia che, liberati formalmente dallo schiavismo, le donne e gli uomini neri (e più tardi quelli dalla pelle di ogni colore diverso dal “bianco”) hanno continuato ad essere trattati come classe subalterna, come esercito industriale di riserva, affiancando al proletariato, soprattutto immigrato, una massa sterminata di persone che, sfruttata, consentisse la ricchezza di pochi.
Anche se si è fatto di tutto per cancellare la memoria delle grandi repressioni del movimento operaio americano, sconfitto militarmente, colpito dalle espulsioni, marchiato con la “J” e abbandonato nel deserto a morire (repressione della Industrial Workers of the Word (IWW), sindacato di classe negli Usa nel primo ventennio del secolo), spacciando
l’immagine degli Stati Uniti come il paese della democrazia e dei diritti, questo imprinting sulle istituzioni del paese rimane.
Rimane e si manifesta nella violenza delle istituzioni e del sistema economico e politico, imperialista, predatorio, criminale, anche quando per soddisfare i suoi interessi si è ammantato con il velo della democrazia liberale per combattere il nazismo e il fascismo, sistemi imperiali concorrenti.
Ci sono volute le lotte degli anni sessanta, con le grandi sollevazioni della popolazione nera per scuotere il paese e cercare di consentire l’emancipazione formale della popolazione nera e non d’ovunque nel paese, perché nell’America profonda la subordinazione schiavistica, la discriminazione razziale è rimasta immutata e prospera allegramente. Ne è bastata a mutare la situazione la crescita relativa di una borghesia nera perché ben presto questa si è integrata nel sistema rendendo plastica la contrapposizione di classe della quale la componente razziale è solo un elemento importantissimo di alimento. In una parola, il razzismo non è diminuito per l’esistenza di un po’ di neri ricchi, come non è scomparsa la povertà perché c’è stato qualche immigrato che si è arricchito.
L’omicidio di George Foyd è servito se non altro a far capire che bisogna abbattere anche i simboli visibili dello schiavismo, abbattere i monumenti ai suoi sostenitori, combattere l’esibizione pubblica della bandiera confederata ecc. e questo non solo negli Stati Uniti ma nel mondo intero.

La società diseguale

Oggi il paese nega i diritti più elementari. Non solo la libertà, certamente l’uguaglianza, ma neanche il diritto alla vita. Ne costituisce una delle prove la pandemia di fronte alla quale il paese si è scoperto – e ne ha visto le conseguenze – privo di un’assistenza sanitaria pubblica. Ad essere colpiti dal morbo sono le fasce più povere della popolazione che si
trova indifesa da qualsiasi assistenza sociale, come lo è dagli effetti della disoccupazione, perché le tanto celebrate capacità del mercato del lavoro del paese offre lavori che sono privi di garanzie sociali, di regole e lascia indifesi una grandissima fascia di lavoratori precari e a termine che possono solo disporre di un lavoro incerto e mal pagato.
Ed ecco quindi che la protesta sociale cresce e parte dall’intollerabile violenza razzista per poi coinvolgere bianchi e neri, persone di ogni colore, non solo per solidarietà, ma per la volontà di difendere comuni interessi e posizioni di classe.

Il gioco elettorale

Mentre per noi è importante che questa consapevolezza di unità di interessi delle classi subalterne cresca, si sviluppi e si organizzi, molti tendono a riportare lo scontro in atto nella gabbia elettorale delle prossime elezioni presidenziali che si presentano bloccate dall’alternativa tra Trump e un personaggio scolorito e grigio come Biden, che è ormai il candidato ufficiale dei Democratici, In questa situazione l’alternativa istituzionale è tra un pezzo di merda, un imbecille rozzo, che tuttavia ben rappresenta un tipo di capitalismo americano ben radicato nello spirito della nazione, che assomma in sé la criminalità dei
diffusori di vaiolo, degli sterminatori della classe operaia, degli schiavisti del sud e non solo, che ricorrono alla Bibbia per giustificare la schiavitù e un esponente sbiadito di quella classe di liberal apparentemente aperta, ma schiava e serva delle lobby, degli speculatori, dei falsi difensori dei Diritti Civili.
Se le elezioni presentano ancora incertezze e Trump al momento abbandonato da parte del suo stesso partito, malgrado tutto potrebbe ancora vincere ciò è dovuto al fatto che il partito Democratico non è riuscito a darsi un candidato credibile, dopo aver eliminato Sanders, che era portatore di un programma vagamente socialista inaccettabile per
l’apparato del partito Democratico. Inoltre Tump ha dimostrato di essere capace di manomettere il voto.
C’è da sperare che l’incapacità di ambedue i candidati di affrontare e risolvere i problemi, la drammaticità del problema del lavoro e la disoccupazione diffusa avvii una presa di coscienza nel paese, capace di far affiorare almeno in parte le radici profonde dell’altra America. quella che i migranti e le classi sfruttate hanno costruito nel tempo ma che è
rimasta in una posizione subalterna.
Le richieste di una profonda riforma della polizia, quella radicale del suo scioglimento per procedere a una sua rifondazione, pienamente comprensibile e giustificabile alla luce degli eventi, lascia spazio a Trump e ai suoi accoliti per mobilitarsi ricorrendo alle  organizzazioni militanti della destra e del fondamentalismo religioso che si barrica dietro la
Bibbia per riproporsi alla gestione del paese. Non è infatti un caso che l’inquilino della Casa Bianca da un lato si asserraglia nel bunker dell’edificio assediato per poi far caricare i dimostranti e presentarsi, Bibbia (capovolta) in mano, davanti a una chiesa per invocare ordine e repressione, per rivolgersi ai dimostranti accusandoli di codardia per il gesto
simbolico di inginocchiarsi per otto minuti e mezzo a ricordare i tempi e i modi dell’omicidio di Floyd.

Il rischio della rielezione

Benché all’apparenza sono tanti a mollare un Presidente inetto che sta dividendo il paese non bisogna tuttavia pensare che sarà facile sconfiggerlo. Sono già iniziate le grandi manovre per limitare i voti dei neri e dei meno abinti impedendo loro di iscriversi nelle liste elettorali per poter votare e poi il Presidente in carica userà ogni mezzo per riconquistare l’opinione pubblica millantando attraverso i media l’idea della ripresa dell’occupazione del rilancio
dell’economia anche se la sua politica economica è alle corde e l’economia reale langue: In verità Trump conta ancora sul sostegno dell’internazionale sovranista anche se i suoi epigoni come Bolsonaro e Johnson sono in crisi quanto e più di lui.
Messi insieme sono per ora riusciti ad accumulare circa 200.000 morti, e il numero dei cadaveri è destinato a crescere.
Le economie dei loro paesi sono a pezzi e l’immissione di liquidità della Federal Reserve non basterà a tenere in piedi un’economia che ha profondi problemi strutturali che sono riconducibili a una eccessiva concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi che restringe i consumi e produce disoccupazione. Perciò è su questo terreno più che sulle
politiche sociali che si svolgerà la battaglia per la rielezione oltre che su una perdita di ruolo a livello internazionale degli Stati Uniti.
Qualunque soluzione è comunque più accettabile della permanenza alla Casa Bianca del palazzinaro folle che attualmente la occupa.
       La Redazione