Ieri sulla stampa sono apparsi, all’unisono, i “coccodrilli” sulla morte di Sepulveda, per tacere della inquietante e significativa gaffe del TGcom24 che ha assegnato al defunto scrittore cileno la scrittura di “Cent’anni di solitudine”.
Tutti hanno ricordato la meritoria opera dell’autore, e, ovviamente, non potendo cancellare la sua partecipazione al regime democratico di Allende, come guardia del Presidente, ne hanno parlato come di evento del passato.
Non risulta che invece molti abbiano ricordato che Sepulveda era rimasto un socialista, un marxista e che la sua adesione al Chile di Allende non fosse stata una infatuazione giovanile.
Quel Chile su cui si sperimentò in prima mondiale il nuovo corso del pensiero economico che è giunto fino a noi.
Esperimento portato avanti, con il supporto della Democrazia Cristiana e, all’esterno, con la concreta azione statunitense.
A Firenze, nel 2013, durante un riconoscimento della Regione Toscana, ebbe parole di fuoco per un protagonista del dramma che visse il Chile nel 1973.
Quell’Henry Kissinger, insignito giustamente del “Nobel della Pace”. Una pax americana che ristabilì l’ordine “naturale” delle cose.
Ecco, noi salutiamo a pugno chiuso Sepulveda, scrittore, comunista e socialista.