L’unione Europea è stata costruita non sul dogma del neo-liberismo ma sulla ideologia ordoliberale. Ovvero, quella scuola di pensiero che non crede nella “mano invisibile” e non ritiene che il mercato sia una condizione naturale dell’umanità.
Ovviamente, i fondatori di questa corrente ideologica, ritenevano che il mercato e non altro debba essere il fine, la chiave di volta, su cui si debba reggere ogni edificio comunitario.
L’efficacia anche simbolica di questo costrutto appare estremamente chiara perché, a differenza del liberismo e del neoliberismo, non vi è sfiducia nello Stato e neppure si vuole ridurre il suo operato nell’ambito dei confini e della sicurezza.
Anzi, questa ideologia ha svolto una vera azione costituente, andando a modificare totalmente il ruolo statale nel gioco dell’economia di mercato.
Essendo il mercato non più “naturale e “autoregolantesi”, lo Stato è divenuto così l’attore che lavora a favore dello stesso.
Produce leggi che favoriscono la concorrenza, mette sullo stesso piano ogni attore economico (concorrenza a tutti i livelli), legifera per dare collocazione precisa alle azioni economiche, allontana da sé ogni azione che lo potrebbe far
giocare come parte in causa (paradossalmente questo svela l’ideologia, in quanto lo Stato ordoliberale è già parte in causa) e quindi: privatizzazioni, pareggio di bilancio (ideologia monetarista, il feticcio dell’ordoliberalismo), banca centrale indipendente, inflazione come male assoluto ecc..ecc…
Questa costruzione ha avuto, a differenza che negli USA, o, in GB, un discreto successo in Europa, in quanto è riuscita a coniugare una strenua difesa del capitalismo con la promozione di “diritti civili universali” sganciati da qualunque
connotazione di classe. O perlomeno tali da apparire così.
Inoltre ha permesso la nascita e la diffusione di un numero spropositato di nuovi lavori “qualificati” dovuti all’abnorme crescita della burocrazia tipica dell’Europa ordoliberale.
Burocrazia originata, in primis, dal perenne stato conflittuale che un tale costrutto ideologico porta in qualunque istituzione pubblica e privata.
Dove lo Stato è posto come attore allo stesso livello di aziende e privati, si “gioca” sul piano della concorrenza “perfetta” è evidente che tale conflittualità sarà endemica. Ma, laddove la burocrazia “statale” era considerata bizantina (in senso spregiativo) quella dei non meno bizantini giochi “privatizzati” appare pienamente accettata dagli attori in campo.
Infatti, se per gestire la burocrazia statale, predominante su quella del privato (da qui le campagne degli anni 80 contro le “vessazioni” statali) era necessaria una classe di burocrati fedeli alla stessa compagine pubblica, oggi anche il contenzioso è compiutamente privatizzato e viene data l’idea di potersi spartire la torta “giudiziale” sul “mercato” e con la concorrenza.
Spesso pura illusione dove a fronte di guadagni spropositati, vediamo misere emtrate dei soliti precari e precarizzati, vera produzione ottimale dell’ordoliberalismo.
Uno degli assunti di base dell’ideologia ordoliberale (che è contenuta soprattutto nel neoliberalismo, e, in particolare del c.d “anarco liberismo”, esplicitando i punti in comune tra le due ideologie) è che “non esistono pasti gratis”.
Questa frase è illuminante perché contiene in sé, e non separabili, due angolazioni: una, tecnica, per cui nel capitalismo ogni cosa ha un costo (Friedman) e una, etica, per cui i pasti bisogna meritarseli.
Quest’ultima angolazione, per quanto si sia poco convinti della credibilità storica di un simile costrutto, è degna di nota in merito all’atteggiamento dei paesi del nord Europa rispetto a quelli situati a sud.
Ovvero si ammanta la costruzione unionista come legata ad un punto di vista morale “weberiano”. Il capitalismo come elemento strutturale del protestantesimo e della dottrina della predestinazione.
Come titolava “Cuore” in una sua copertina di 30 anni orsono: “Siete poveri? Cazzi vostri”. Ecco, più che cazzi, direi “colpa”.
Ovviamente anche questa è una narrazione ideologica e sappiamo tutti quali sono i reali rapporti di forza e le motivazioni alla base dell’Unione Europea.
Ecco, quello che balza agli occhi, però, è che l’ideologia, molte volte annebbia completamente la realtà effettuale (come avrebbe detto il sempre sottostimato Fiorentino).
Questa è un’accusa che è da sempre stata fatta ai materialisti e marxisti spesso anche con ragioni non del tutto peregrine, in letture che spesso sfioravano o anche affondavano nella teleologia e nella teologia.
Anche se, francamente, senza ideologia non si va da nessuna parte e l’egemonia del pensiero ordoliberale in Europa lo dimostra.
Ma in questo caso possiamo senz’altro ribaltare la questione.
Se, appunto, l’UE è nata come costruzione ideologica, in cui era ben presente una parte sovrastrutturale non del tutto da buttare (i popoli amici, la fine delle frontiere per merci e persone, l’erasmus, l’abolizione della pena di morte,
l’antifascismo) e la parte strutturale alla quale ho accennato sopra (ma che non possiamo certo qui approfondire e che rimando ad altri e ben più complessi studi, tra i quali gli articoli di Cimbalo e Craparo apparsi negli anni su questa pagine sono assai illuminanti).
Ecco se questo è vero, quale migliore occasione vi sarebbe stata per dimostrare l’esistenza di tale entità se non in un momento drammatico come questo?
Si sarebbe dato un segno ideologicamente fortissimo (e, mi pare, anche con costi altamente contenuti) di una reale coesione sociale e non solo economica.
Invece, proprio da quella ideologia che ha ritenuto il “mercato” come non naturale è arrivato un comportamento esattamente opposto, di chi non solo costruisce un castello narrativo, ma ci torna ad abitare come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Prestiti condizionati, Mes, deficit, riunioni, in un momento come questo arrivano come una mazzata in testa a milioni di persone che vivono (e vivranno) sulla loro pelle momenti che non hanno mai visto e per chi già stava messo male, segneranno un ulteriore peggioramento delle reali condizioni di vita.
Va di moda paragonare ogni cretinetti che chiede più potere ad Hitler, e, personalmente odio questi paragoni del tutto assurdi e inutili, ma, forse sarebbe bene ricordare che il nazionalsocialismo, se di questo ci piace parlare, dal 1923 al 1929 era quasi scomparso dai radar politici e la sua ricomparsa clamorosa ripartì proprio dalla crisi del ‘29 e dalle conseguenti
politiche deflazionistiche e di austerity.
E come dice Burbank nel finale di “The Truman Show”, quando si accerta che è vissuto, fino ad allora in un mondo fasullo:
“Caso mai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!”
Andrea Bellucci