Alla fine degli anni ‘70 iniziano nel nostro paese i lunghissimi anni ‘80 che perdurano ancora oggi. Quegli anni non furono solo caratterizzati dal cd “riflusso” e dal trionfo del neoliberismo (che in Europa sarà soprattutto ordo-liberismo).
La vittoria del nemico ha sempre fatto parte delle vicissitudini dell’eterno scontro di classe e, dopo fasi rivoluzionarie, seguono periodi di restaurazione, in cui non si torna indietro del tutto ma si riporta il timone totalmente nelle mani delle classi dominanti.
Quello che accadde alla fine dei ‘70 fu invece cosa di ben altra portata: ovvero non fu vittoria (solo) militare, ma conquista dall’interno delle casematte dei luoghi e delle rappresentanze subalterne.
Fu la riconversione delle forze semi-o-quasi rivoluzionarie, ma anche riformiste (nel senso che aveva 40 anni or sono) al capitalismo (e che capitalismo) come ultima istanza di vita (“la fine della storia”).
Lasciando perdere i litri di inchiostro versati per descrivere questo fenomeno, che invece di diventare storico pare un eterno presente, è degno di nota come da quella fase in poi, soprattutto nel nostro paese, vi sia stato un innamoramento di ogni porcata ideologica a patto che non si parlasse più di lotta di classe.
Da quelle raffinate di Foucault e Derrida, al Prodhoun (di craxiana memoria) alle “terze vie” portate fino al suo massimo stiramento.
Tra l’altro la terza via era la strada che aveva perseguito il fascismo. Visti i risultati si poteva abbozzare fin da subito.
Per non parlare delle vere e proprie truffe ideologiche legate alle riforme costituzionali e le discussioni surreali in merito ai sistemi elettorali, provenienti da una esterofilia di lungo corso.
Qui gli anni ‘80 si fecondano con i ‘90, una miscela che fa implodere il sistema democratico. Nel mentre si dichiarano morti la lotta di classe, il comunismo, il socialismo, si dichiara poco affidabile anche il sistema democratico-liberale, a dimostrazione che il muro di Berlino è caduto tutto sulla nostra testa.
Ovvero non c’era più bisogno di tutta questa partecipazione, nemmeno sul piano più basso della democrazia, quello formale.
Quindi, via le preferenze (referendum prebliscitario), via il proporzionale, via la scelta del candidato, fosse pure l’ultimo.
A corollario di tutto questo scivolamento sempre più veloce nel mare dell’insigificanza definitiva, come dimenticare le guerre che dal 1991 vedono ormai la soluzione armata tornata ad essere una opzione normale?
Iraq, Kosovo, Libia, Afghanistan, Kurdistan, ecc…ecc….
In tutto questo la sinistra che faceva? O meglio che fa? Arriva dopo, come è normale. Si innamora del criminale di guerra Tony Blair, distruttore del partito laburista e degno erede della Tatcher (anche se non all’altezza della vecchia strega), quando nella sua patria lo avrebbero preso a forconate.
Tra l’altro il tipo era evidentemente lombrosiano e come abbiano gli eredi del PCI a prenderlo per uno intelligente è cosa che illumina anche il resto della storia di quel partito.
Ma non solo. Si scopre ora ecologista, propozionalista, riformista (per il mercato, deus ex machina, ovviamente) sempre e comunque abbandonando analisi materialiste, che erano la base su cui sembrava appoggiare le proprie poco solide basi.
L’ultima istanza è stata quella della riduzione del numero dei parlamentari, bandiera del M5S a cui ci si è accodati per mera gestione dell’esistente, ricorrendo l’anti parlamentarismo ormai dominante nel paese.
Questo senza uno straccio di proposte complessive e con la spada di Damocle di una legge maggioritaria che metterebbe davvero la parola fine anche alla finzione parlamentare.
Del resto, le dissennate (oppure per qualcuno, ben assennate) riforme costituzionali, hanno avuto origine proprio dalla tragica compresenza di occasionalismo e adesione all’ordo-liberismo: titolo V (che apre la strada al Regionalismo differenziato), pareggio di bilancio, che inchioda l’intera struttura statuale ad una ideologia, rendendo vano il primo
articolo della Costituzione.
È in questo continuo rincorrere l’ultima moda, sempre sorpassata da quella successiva, che si è specializzata quella cosa che una volta era la sinistra, senza più un minimo di analisi sulla realtà, ma con l’adesione fanatica, tipica del neofita, a qualunque moda passeggera, sempre meno duratura e sempre meno consistente.
Lo dimostra la excusatio non petita di Carlo Calenda che in merito al liberismo dice: “ci ho creduto per 30 anni ma erano tutte cazzate”.
In una frase riassunta l’intera, triste parabola, della sinistra. Ma non temiamo. Alle cazzate continueranno a crederci.
Per il nostro bene, ovviamente.
Andrea Bellucci