Una sinistra… sinistra

La sinistra italiana è doppiamente stupida.

La sinistra parlamentare è assolutamente priva di valori. Non è stata mai veramente socialista e nemmeno comunista. La sua unica battaglia vinta è stata quella di escludere dal Parlamento la sedicente sinistra di classe, ma è riuscita a perdere contro la destra berlusconiana. A sua volta la sinistra così detta di classe è rissosa e priva di un progetto politico, incapace di uno sforzo unitario.

Malgrado, o forse a causa, di questi difetti macroscopici ambedue le sinistre sono riuscite negli ultimo 20 anni durante i brevi periodi di governo a introdurre sul piano istituzionale delle modernizzazioni, non accorgendosi di fare del modernariato (ovvero riproporre oggetti appena invecchiati, piuttosto comuni e dozzinali, scambiandoli per oggetti di valore). E’ il caso dell’introduzione nel nostro ordinamento del principio di sussidiarietà, sia attraverso le cosiddette “leggi Bassanini” che mediante la riforma del capo V della Costituzione.

La sussidiarietà

La sussidiarietà venne dichiaratamente avversata dalla sinistra, unitariamente, duranti i lavori che portarono alla stesura della Costituzione. Si riteneva, non a torto, che essa avrebbe minato alle basi lo Stato nuovo che si voleva costruire e soprattutto impedito l’attuazione del principio di uguaglianza (art. 3 Costituzione) e quindi ad esempio lo sviluppo di servizi pubblici gestiti dallo Stato a vantaggio di tutti, o la gestione pubblica dell’istruzione. Si voleva che la eventuale gestione di attività di interesse sociale da parte dei privati non fosse occasione di profitto.

Il principio di sussidiarietà venne elaborato da Proudhon discutendo della capacità politica della classe operaia e di come essa potesse gestire la società. Fu successivamente ripreso e teorizzato dalla Chiesa come strumento di gestione di una società interclassista e conservatrice, insieme anticapitalistica e antisocialista (enciclica Quadragesimo Anno).

Vi sono due tipi di sussidiarietà: quella verticale e quella orizzontale. Quella verticale prevede che la competenza dell’ente più vicino al territorio: l’ente sovraordinato interviene quando quello inferiore non è in grado di farlo. Nella struttura liberale dello Stato i compiti degli Enti gestori dei servizi sono invece stabiliti per legge.

Vi è poi la sussidiarietà orizzontale: essa prevede che la gestione dei servizi sociali venga svolta da soggetti privati e che l’ente pubblico agisca in via residuale.

Per comprendere bene la differenza che si crea bisogna introdurre altri due concetti: quello di servizi gestiti a livello di monopolio amministrativo e quello di servizi universali. Il primo concerne la gestione del servizi ad opera dello Stato direttamente e il secondo riguarda un servizio minimo offerto a tutti. Se si vuole di meglio bisogna pagare. Ebbene i servizi in regime di sussidiarietà orizzontale sono in genere servizi universali.

La riduzione della fiscalità …. e dei servizi.

Introdurre il federalismo fiscale serve per trattenere sul territorio il frutto della fiscalità, realizzando una società egoistica e fortemente divisa in classi. Uno dei modi con i quali ciò avviene consiste nell’erogare in regime di sussidiarietà orizzontale i servizi divenuti universali, in modo che la gran parte dei costi ricada sul singolo, il quale se vuole servizi migliori deve pagarseli… se può. Si pensi alla sanità, alla scuola, ai servizi sociali gestiti con questi criteri, si guardi a quello che già oggi il Governo in carica fa!

Si tratta di colpire alla radice il principio di uguaglianza ed è questo il principale obiettivo del federalismo. Con buona pace della sinistra che spaccia il modernariato per modernizzazione e ha fatto di tutto (inconsapevolmente ?!) per fornire all’avversario di classe gli strumenti istituzionali per agire introducendo in Costituzione il concetto di sussidiarietà. Occorre perciò battersi per conservare la gestione pubblica dei servizi, mantenendo agli enti pubblici la proprietà dell’acqua, del territorio, dei beni collettivi e promuovendo forme di partecipazione popolare degli utenti alla gestione e al controllo delle attività di gestione dei servizi erogati.

Gianni Cimbalo