OSSERVATORIO ECONOMICO

serie II, n° 42, maggio 2019

Gas – Nonostante il grande clamore attorno alle sanzioni alla Russia, derivate dalla guerra in Ucraina, le riserve energetiche della Federazione fanno molta gola e nella corsa ad accaparrarsi i benefici, come sempre, la Germania fa la parte del leone. L’Italia, che pure vanta un rapporto privilegiato con Algeria, Libia ed Egitto, paesi dai quali provengono tre importanti gasdotti, e che sta per ultimare il TAP che fa sbarcare sulle coste pugliesi il gas proveniente dal Mar Caspio, sembra ormai fuori da ulteriori approvvigionamenti. Il Turkish Stream punta sui Balcani e sull’Ungheria, e non sazi delle numerose linee di approvvigionamento già esistente i tedeschi stanno raddoppiando il colossale gasdotto proveniente dal nord ovest della Russia, il North Stream; la Germania così controllerà gran parte del gas necessario e praticamente tutto quello proveniente dalla Russia ed è prevedibile che i consumatori italiani avranno un consistente aggravio della bolletta energetica.
Cina – La guerra dei dazi di Trump, il suo maldestro tentativo di contrastare la tecnologia informatica cinese, rischiano di avere pesanti ricadute sul futuro degli Stati Uniti. È ben noto che la Repubblica Popolare Cinese ha, negli anni, acquistato buona parte del debito statale statunitense. Così la Cina si è trovata a sostenere l’economia di quel paese. Ora che i rapporti sono divenuti tesi, il gruppo dirigente cinese ha messo in campo una arma silenziosa e sottile per colpire l’avversario: nel corso del 2018 la Cina ha ridotto il proprio portafoglio di T-Bond statunitense di 46 miliardi di dollari, circa il 4% delle riserve in suo possesso (Alessandro Plateroti, Guerra dei dazi, l’arma di Xi è la fuga dai Bond americani, “Il Sole 24 Ore”, domenica 12 maggio 2019, a. 155, n° 129, p. 4). Nel primo trimestre di quest’anno la Cina ha venduto altri 10,4 miliardi di dollari di T-Bond statunitensi (Alessandro Plateroti, La Cina vende 10 miliardi di T-bond Usa. Capitali in fuga da Shangai a Hong Kong, “Il Sole 24 Ore”, venerdì 17 maggio 2019, a. 155, n° 134, p. 3). Se la tendenza dovesse continuare gli Usa dovrebbero trovare nuovi compratori per il proprio enorme debito statale, cosa non molto facile; i cinesi stanno lentamente stringendo il cappio intorno al collo dell’irresponsabile inquilino della Casa Bianca e gli effetti economici non tarderanno a verificarsi in termini di aumento dei prezzi pagati dai consumatori.
Congiuntura – Non spira una buona aria nel panorama congiunturale mondiale. Nel primo trimestre del 2019, nonostante un’impennata della produzione industriale cinese, balzata da un valore prossimo allo zero sul finire del 2018 ad un rilevante +8,5%, il Pil è previsto crescere di un ragguardevole 6,4%; il valore è superiore alle previsioni, ma resta comunque il più basso da molti anni a questa parte (Rita Fatiguso, Pil cinese meglio del previsto, ma è il più basso da dieci anni, “Il Sole 24 Ore”, giovedì 18 aprile 2019, a. 155, n° 107, p. 19). Anche l’altra “locomotiva”, quella europea, la Germania non naviga in buone acque (Isabella Bufacchi, La Germania dimezza le stime per quest’anno: La ripresa? «2020», “Il Sole 24 Ore”, giovedì 18 aprile 2019, a. 155, n° 107, p. 19).; la produzione industriale ha registrato nel primo trimestre una flessione del 4,2% e tendenzialmente si attesterà su di un –8,4% nel corso dell’anno (Isabella Bufacchi, Germania, gli ordini crollano al livello più basso da due anni, “Il Sole 24 Ore”, venerdì 5 aprile 2019, a. 155, n° 94, p. 6).
Automazione – Non solo l’Italia si attesta tra i primi produttori al mondo di robot, ma ne sta divenendo uno dei principali utilizzatori, con un ritmo di più di novemila nuove istallazioni annue; mentre il mercato mondiale conosce una stasi, l’acquisto di macchine automatiche. Nello scorso anno, è cresciuto in Italia del 11,5% (Luca Orlandi, Oltre novemila robot all’anno L’Italia va più veloce della Cina, “Il Sole 24 Ore”, venerdì 17 maggio 2019, a. 155, n° 134, p. 8). È ovvio che questa tendenza incide negativamente sui posti di lavoro, perché quello che si acquista nella produzione di macchine utensili è minore dei posti persi per la sostituzione dei robot al lavoro operaio.
Bce – A novembre il mandato di Mario Draghi alla presidenza della Banca europea scadrà e già si è aperta la lotta per la successione; lo scontro è tra Francia, Germanie e Finlandia, con quest’ultima favorita. Se così fosse l’Italia difficilmente potrebbe entrare con un proprio rappresentante nel Borda della Bce, il suo consiglio direttivo. Infatti, se un finlandese dovesse ascendere alla carica di presidente i membri in scadenza sia francese che tedesco verranno sostituiti da nuovi membri di pari nazionalità. Nemmeno alla scadenza del membro lussemburghese alla fine del 2020, l’Italia potrebbe facilmente aggiudicarsi il suo posto, vista l’ostilità degli altri paesi ad immettere nel Board un membro palesemente contrario all’Euro ed alla politica monetaria comune (cfr.: Isabella Bufacchi, Perché l’Italia rischia l’esclusione, “Il Sole 24 Ore”, domenica 19 maggio 2019, a. 155, n° 136, p. 7). Il rischio non è solo quello dell’esclusione: dei sei candidati solo uno dei due francesi ha sostenuto le politiche espansive di Draghi, che molto hanno favorito il paese; quindi è molto probabile che dal tardo autunno le politiche economiche di Francoforte vadano ad aggravare la situazione della congiuntura italiana, già sottoposta alla difficile soluzione della legge di bilancio 2020. Il governo in carica a quel tempo si troverà di fronte ad una matassa di problemi da sbrogliare e non è certo la scelta di Alessandro Magno di
recidere il nodo gordiano, confacente alle fantasie salviniane, sia quella possibile da mettere in atto .

chiuso il 19 maggio 2019