Se c’è qualcosa per la quale Emanuel Macron passerà alla storia è la presidenza della Repubblica durante la quale è avvenuta liquidazione della presenza francese in Africa. Questa presenza che poggiava sulla Comunità e economica degli Stati dell’Africa Occidentale (CEDEAO), costituitasi su imput della Francia definitivamente il 28 maggio 1975, quando quindici Paesi africani firmarono il Trattato di Lagos oggi sembra essere entrata definitivamente in crisi, benché dotata di protocolli d’intesa definiti in dettaglio 5 novembre 1976, a Lomé c completata dal Trattato modificato nel 1993, essendo ormai palesemente fallita nel suo scopo principale che era di cooperazione per la sicurezza dell’Africa occidentale.[1] La presenza francese in Africa che ha richiesto in questi anni
ben 52 interventi a sostegno della stabilità dei paesi facenti parte dell’organizzazione ed è stata messa in crisi da ultimo dalla nascita della Confederazione tra Mali, Burkina Faso e Niger che segna una ridefinizione degli equilibri geopolitici e delle alleanze militari nel Sahel. Quanto è avvenuto è stato imposto dallo stato di necessità determinato dal fatto che con il passare degli anni sono cresciuti gli attacchi dei movimenti jihadisti presenti nell’area che hanno messo in crisi i governi di questi paesi Senza che le truppe francesi che li presidiavano per proteggerli siano riusciti a contenerli e sconfiggerli.
Paesi della Communauté économique des États de l’Afrique de l’ouest – (CEDEAO – ECOWAS).
![]() |
![]() |
Occorre considerare che l’area del Sahel, come del resto di tutta la fascia del continente centrafricano, che va dal Golfo di Guinea alle coste dell’oceano Pacifico è caratterizzata per larga parte dalla presenza di colonie ex francesi dove la maggioranza della popolazione è islamica. Si tratta tuttavia di un islamismo particolare, quello costituito in maggioranza delle confraternite musulmane che costituiscono una presenza tipica delle aree marginali di espansione dell’Islam. In queste aree infatti la componente islamica si ibridizza, a contatto con orientamenti religiosi di carattere animista. Con altri culti, contraddizioni autoctone e tribali, creando un miscuglio culturale che in questi anni di reislamizzazione delle aree del mondo di cultura islamica ha costituito uno degli obiettivi principali di azione di Al Qaeda come di altre sue ramificazioni jihadiste tra le quali Boko Haram.S otto la spinta di una sorta di internazionale wahabita sono sorte formazioni di guerriglia e insurrezionali che hanno come obiettivo di riportare all’osservanza di un Islam puro le popolazioni ibridate all’insegna della parola d’ordine l’istruzione occidentale è proibita”. La presenza militare francese nell’area, il sostegno fornito dai 10.000 soldati presenti nelle basi francesi dell’Africa a far data al 2020 ai governi amici, non è riuscito a contrastare efficacemente la penetrazione di questi movimenti, D’altra parte questo risultato non poteva essere raggiunto, posto che la Francia non ha risolto il problema del rapporto con la diffusione dell’Islam, visto dai mussulmani, anche nel territorio metropolitano, come la religione del riscatto dallo sfruttamento coloniale che ha caratterizzato la sua presenza in Africa. Anzi il drenaggio delle risorse naturali, minerarie ed economiche è continuato, fondato su una rendita di posizione che derivava dal vecchio rapporto coloniale, perpetuando legami economici privilegiati sia per quanto riguarda la prospezione di risorse minerarie e lo sfruttamento del suolo, sia per ciò che concerne la gestione delle risorse produttive dei diversi paesi. Ad aggravare la situazione ha contribuito il controllo monetario esercitato dai francesi attraverso la gestione del franco CFA[2] – la moneta di origine coloniale ancora legata da un tasso di cambio fisso con l’euro garantito dalla Banca di Francia, adottata gran parte dei paesi dell’Africa occidentale e centrale.[3] Ne sono riusciti a fare di meglio i contingenti inviati dai paesi appartenenti al EDEAO che hanno fallito nell’obiettivo di contrasto agli assalti jihadisti.
A nulla è servito che la Francia abbia provato a sostituire il rapporto con l’organizzazione con la costruzione di nuovi partenariati liberi dal peso del passato coloniale, perché l’iniziativa macroniana si è risolta in un sostanziale fallimento poiché a prendere il posto dei francesi sono arrivati i russi, i quali attraverso la Wagner e organismi e organizzazioni similari, hanno offerto protezione ai governi locali, al punto che si è assistito alla contemporanea partenza dei militari francesi, mentre lo stesso giorno sulla pista dello stesso aeroporto aerei russi sbarcavano i nuovi protettori. Ciò
malgrado le forze insurrezionali jihadiste controllano circa il 60% del territorio virgola in gran parte desertico posto ai confini fra i tre stati.
Non vi è dubbio che la chiusura delle basi militari francesi in Africa occidentale e nel Sahel segni la crisi di un certo modo di condurre e immaginare la politica africana della Francia a fronte dell’ affermarsi della Russia come partner alternativo nell’ambito della difesa per tutti i paesi della fascia saheliana.[4] Va detto che nel cercare di resistere alla
penetrazione russa i francesi hanno un inatteso alleato nei servizi segreti ucraini che in funzione antirussa si stanno impegnando sempre di più ad istruire e sostenere le milizie jihadiste. Da qui la decisione di questi paesi di interrompere i rapporti diplomatici con Kiev.
La Confederazione tra Mali, Burkina Faso e Niger
Dopo il distacco dalla CEDEAO – ECOWAS i tre paesi hanno rafforzato la collaborazione militare allo scopo di migliorare la sicurezza attraverso la condivisione di risorse e informazioni per dare una risposta congiunta al terrorismo i tre Paesi, che avevano già firmato l’accordo difensivo per contrastare l’insicurezza crescente nei loro territori, hanno ora annunciato la nascita di una vera e propria “Confederazione degli Stati del Sahel”, (AES) sottolineando la volontà di una cooperazione più ampia in ambito politico, economico, e dello sviluppo sostenibile.
Nel mettere insieme le loro risorse i tre paesi mirano a difendere la stabilità interna, la vulnerabilità degli appalti statali che favorisce la sussistenza di forti disuguaglianze socio – economiche, accentuate dalla peculiare conformazione territoriale della regione, che presenta zone di desertiche e di difficile accesso. La sconfitta dei jihadisti è essenziale per garantire pace e stabilità alle popolazioni, riprendere il controllo dei territori al fine di sfruttarne le preziose risorse naturali per destinare i frutti di questa attività al miglioramento della condizione di vita delle popolazioni. A tal fine i governi dell’AES stanno procedendo alla nazionalizzazione di alcune risorse come oro e uranio per quello che riguarda il Niger – il quale fornisce i 2/3 dell’uranio che fa funzionare le centrali nucleari francesi); stanno facendo altrettanto con le compagnie che gestiscono la costruzione di infrastrutture. come strade e ferrovie, ecc., oltre a distribuire risorse tecniche ai contadini per l’agricoltura come pompe, gruppi elettrogeni, assicurandosi così il sostegno popolare. Queste politiche sembrano ispirate dai rapporti di collaborazione con la Russia, alla quale sembra aver ha preso la lezione ha preso la lezione assimilato alla lezione dei cinesi relativamente ai rapporti da instaurare con i governi africani raccogliendo nei frutti se è vero che grazie alle licenze di prospezione ottenute GAZPROM pare abbia individuato (inaspettatamente) giacimenti di petrolio di buona qualità in Burkina Faso: come dire che i francesi sono rimasti becchi e bastonati. Inoltre l’esistenza di una forza armata unica dovrebbe permettere di contenere e sconfiggere i disordini provocati da milizie armate locali e prevenire insurrezioni di gruppi etnici minori, come nel caso dei Tuareg, nonché il consolidamento del potere politico dei rispettivi governi, fornendo una risposta alla crisi che coinvolge i paesi che fanno parte della Confederazione. Ad avviso dei tre governi la permanenza nella CEDEAO era divenuta incompatibile perché l’organizzazione risultava essere troppo legata agli interessi di Parigi per mantenere il controllo del suo ex impero coloniale ed era quindi invisa i popoli. L’odio e il risentimento anti-imperialista, l’anti-colonialismo, lo sfruttamento continuato da parte della Francia, hanno indotto Mali, Burkina Faso e Niger a preferire l’instaurazione di rapporti con la Russia, che attraverso la vendita di armi, il supporto all’addestramento militare, ed il sostegno politico ai governi in carica, sta aumentando la propria influenza nell’area. Non solo, ma i buoni rapporti con la Russia hanno fatto da tramite ai tre paesi per guadagnarsi lo sbocco al mare attraverso l’instaurazione di stretti rapporti con la Guinea con la quale la Russia intratteneva già da tempo ottime relazioni di collaborazione, anche economica oltre che militare. Inutile dire che quanto sta avvenendo preoccupa non poco gli Stati Uniti, prova ne sia la recente interrogazione al Senato statunitense di fronte al quale il generale Langley (comandante del Comando Africano dei Marines) ha cercato di screditare il presidente del Burkina Faso Traorè, affermando che specula sull’oro appena nazionalizzato.
Oltre la Confederazione
È un dato di fatto che oggi la Russia ha soppiantato la Francia in buona parte di quello che era il suo impero distribuendo la propria presenza sull’intera fascia dell’Africa subsahariana. Va segnalato infatti che partendo dai confini della Confederazione se ci si spinge verso est si incontrano basi e presenze militari russe nel sud della Libia; si deve prendere atto che nel novembre 2024, il Ciad ha chiesto la fine della cooperazione militare con la Francia, che ha portato al ritiro delle circa 1.000 militari francesi presenti nel Paese, segnando l’inizio di un riassetto geopolitico che vede la
Russia come protagonista emergente. Eventi recenti relativi alla Repubblica Centro africana hanno creato anche in questo paese le condizioni per una penetrazione della presenza militare russa, mentre crescente è la presenza della Russia nel Sud Sudan dove è in atto anche una grande campagna di proselitismo della Chiesa ortodossa russa che sta avendo un inaspettato successo.[5] Per completare il quadro un discorso a parte va fatto rispetto all’Etiopia che attraversa una situazione particolare.[6] Non vi è dubbio che questo cambiamento si inserisce in un contesto di crescente competizione internazionale e sfide interne per tutta l’area che danneggiando irreversibilmente la posizione della presenza francese in Africa spinge in Europa la Francia ad avere ulteriori motivazioni per far parte della coalizione dei cosiddetti volenterosi a sostegno dell’Ucraina pur di opporsi alla Russia.
Quando sta vendendo nell’Africa Centrale Fa emergere quest’area dall’ombra e la porta alla ribalta del confronto geopolitico internazionale. Questo perché la concentrazione di materie prime che arricchisce i suoi territori costituisci costituisce uno degli obiettivi strategici dei nuovi equilibri che si vanno definendo. E ne fa un campo di battaglia per il
confronto tra le in un mondo tra le potenze in un mondo multipolare.
Se dotati di leadership attende e responsabili questi paesi potrebbero approfittare dell’occasione per inserirsi nel confronto internazionale e cogliere le opportunità per stabilire relazioni più equilibrate con i diversi attori internazionali, anche tenendo conto del fatto che almeno uno di questi, la Cina opera, con una strategia meno condizionante degli altri attori, mentre l’Unione europea, gravata dal fatto di essere l’ex potenza coloniale, sia pure per interposti Stati nazionali, appare del tutto emarginata e certamente in ritardo nella messa a punto di una politica di cooperazione capace di
guadagnarsi rapporti equi e solidali con questi paesi.
[1] G. Cimbalo, Le confraternite islamiche nei Balcani: un modello di Islam europeo plurale, in “Daimon”, Annuario di diritto comparato delle religioni, Il Mulino Bologna, 2009, pp. 225-245.; ID. L’Africa in miniatura. Prime note su diritto e religione in Camerun, Diritti culturali e religiosi tra Africa ed Europa (a cura di F. Alicino e F. Botti), Giappichelli Editore, Bari, 2011; La Redazione, Il fondamentalismo islamico moderno, figlio della globalizzazione, Newsletter Crescita Politica, N. 68, ott. 2014, http://www.ucadi.org/2021/03/28/il-fondamentalismo-islamico-moderno-figlio-della-globalizzazione/ [2] Denominate rispettivamente “franco CFA dell’Africa Occidentale” (in francese: franc Communauté Financière Africaine) e “franco CFA dell’Africa Centrale” (in francese: franc Coopération Financière en Afrique centrale), queste monete sono utilizzate come
valute ufficiali da 14 Stati africani e stampate ed emesse rispettivamente dalla “Banque Centrale des États de l’Afrique de l’Ouest – BCEAO e dalla Banca degli Stati dell’Africa Centrale” Banque des États de l’Afrique Centrale – BEAC. Costituiscono uno strumento
con cui la Francia mantiene di fatto un controllo parziale sulle sue ex colonie; per quanto abbia contribuito a ridurre la volatilità monetaria negli Stati africani che la utilizzano, grazie ad essa, Parigi favorisce la propria influenza e le proprie esportazioni nell’area. A. GASPARDO, Il franco CFA è uno strumento francese di controllo delle ex colonie africane? Cos’è e come funziona, geopop.it/
[3] Va comunque sottolineato come questi accordi riguardino soltanto l’Unione monetaria dell’Africa occidentale (Umoa, Union Monétaire Ouest Africaine) il cui progetto di moneta Eco ha subito diversi rallentamenti, mentre non esista ancora un accordo quadro con l’Unione monetaria dell’Africa centrale (Umac, Union Monétaire de l’Afrique Centrale).
[4] In Gabon un colpo di stato auto-amministrato, pubblicato il 21 Settembre 2023 da Ucadi in Newsletter, Numero 176 – Settembre 2023, Anno 2023; Il pantano africano, pubblicato il 18 Agosto 2023 da Ucadi in Newsletter, Numero 175 – Agosto 2023, Anno 2023.
[5] Sudan, una guerra alle porte di casa, Newsletter Crescita Politica, N. 171, Mag. 2023, https://www.ucadi.org/2023/05/29/sudan-una-guerraalle-porte-di-casa/; Guerre delocalizzate, Pubblicato il 2 Marzo 2025 da Ucadi in Numero 194 – Febbraio 2025, Newsletter, Anno 2025.
[6] Dr. Artam, Etiopia: problemi interni e attori internazionali della crisi, Newsletter Crescita Politica, n°141, 13 dice. 2020, https://www.ucadi.org/2020/12/13/etiopia-problemi-interni-e-attori-internazionali-nella-crisi/; ID., Etiopia: conflitto interno e destabilizzazione del Corno d’Africa, Newsletter Crescita Politica, N. 139, nov. 2020.
La Redazione

