Verso una nuova fase

Come è stato notato da più parti l’avvento alla Presidenza di Donald Trump ha conferito una accelerazione ai mutamenti dello scenario internazionale che ha avuto profonde ripercussioni sulla vita politica interna dei diversi paesi. Diviene perciò impossibile, in una pubblicazione come la nostra – a cadenza mensile – dare conto di analisi ed opinioni anche solo sui temi di maggiore interesse.
Col tempo ci riserviamo di affrontarli organicamente e soprattutto pensiamo sia giunto il momento di compiere uno sforzo di lettura organica delle linee portanti e delle strategie di uscita dalla globalizzazione che il capitalismo sta adottando. In altre parole occorre tentare di redigere un’analisi della fase, per dirla nei termini tradizionali del politichese corretto Queste difficoltà non ci esimono da alcune prime, per quanto sommarie considerazioni, relative ai problemi nuovi da affrontare come priorità.

In politica estera

Per ciò che riguarda la politica estera occorre approfondire dove va e potrebbe andare l’Europa dopo il ripudio recente statunitense della politica imperiale, analizzare  compiutamente le diverse fasi che attraversa l’impero USA morente, nel momento in cui decide di spremere le sue province per alimentare il suo tramonto senile. Contemporaneamente occorre capire quali sono le alternative che ha l’Europa e quali sono i suoi possibili rapporti-relazioni con il continente Russia; quale il ruolo che essa può avere qualora riesca a mantenere o meglio ad assumere un’identità collettiva, in un mondo multipolare, confrontandosi con giganti come la Cina, l’India, e un insieme di sub
potenze e comunque il mondo dei BRICS, come potrà e dovrà operare in un mondo ormai multipolare.

In politica interna

Sul piano della politica interna occorre capire il progetto strategico della destra e mettere in atto una strategia di difesa a livello tattico e strategico, difendendo nell’immediato l’attacco alle libertà economiche, sociali e politiche, combattendo le diseguaglianze, conquistando livelli di vita dignitosi, difendendo l’esistenza di sanità e servizi scolastici, conservando strutture di welfare che rendano almeno meno dura la miseria, altrimenti dilagante, in una società sempre più verticalizzata a livello di reddito e condizioni sociali.
La costruzione di una strategia per ribaltare i rapporti di forza passa per la riattivazione dell’ascensore sociale, il che vuol dire offrire una prospettiva di miglioramento delle condizioni di vita di ognuno a partire da un quadro di mantenimento e in molti casi di necessario ripristino delle libertà violate, che certamente passano in via principale per una maggiore giustizia sociale ed economica, ma hanno bisogno anche di essere confortate dalle libertà civili e dall’uguaglianza di genere. Ciò significa avere una contemporanea attenzione sia verso la giustizia sociale che verso la salvezza delle istituzioni, prospettive di benessere diffuso e la stimolazione della partecipazione alla vita sociale di tutti, la difesa dei diritti della persona. La gestione della lotta politica a livello tattico non ha prospettive e possibilità di successo se non possiede e si muove per attuare un progetto strategico credibile e condiviso, in altre parole se non è capace di porre come obiettivo la visione di una società futura da costruire.
Per questi motivi bisogna con forza accrescere la capacità di incidere sulle diverse voci dei fattori produttivi, riducendo il peso del costo dell’energia a vantaggio della valorizzare e la remunerazione del lavoro, combattendo il mutamento climatico e la dissipazione delle risorse naturali, stimolando la partecipazione di tutti alla gestione della società, realizzando un’effettiva eguaglianza nella distribuzione del reddito, necessaria affinché tutti siano partecipi del benessere sociale.

Priorità e omissioni

Dovendo fare delle scelte e stabilire delle priorità, abbiamo deciso di non affrontare innanzitutto le questioni utilizzate come strumento di distrazione di massa: quindi, di non parlare della scontata persistenza al governo della ministra del turismo la quale è una sodale troppo intima del Presidente del Senato per lasciare l’incarico, pur essendo
accusata di aver frodato lo Stato; di non discutere delle intercettazioni illegali di giornalisti ed attivisti sociali, considerando che questa pratica è da tempo in uso e che tutti sono spiati e spiano tutti; di non stupirci del fatto che un assassino, stupratore, criminale, generale libico, che ha concluso con lo Stato un contratto di complicità a delinquere per torturare i migranti venga riportato a casa con tutti gli onori, intercettato all’uscita di una partita di calcio; che un ministro della Giustizia, a suo dire innamorato di tanti negroni assunti di domenica, ometta di esaminare un mandato di cattura o comunque lo valuti con grande euforia e malafede, stroncato in poltrona, dall’inglese nel quale è redatto; non siamo affatto sconcertati da un sottosegretario alla giustizia che raggiunge l’orgasmo pregustando l’asfissia possibile dei carcerati trasportati dai furgoni della penitenziaria, che non tiene un segreto d’ufficio più dell’urina, ma frequente a natale persone che si gingillano con la pistola. Si tratta in ogni caso di vicende che, pur avendo risvolti politici, denotano la miseria del dibattito e del confronto politico nel paese e rispondono alle esigenze di un circo mediatico che vive si alimenta delle proprie sconcezze, per non parlare dei problemi reali del paese e della gente comune, operando come arma di distrazione di massa questi problemi.

Qualche parola sull’opposizione

Ancor meno riteniamo opportuno occuparci di un’opposizione al governo, di fatto inesistente, che si blocca tra mille divisioni e si caratterizza per pochezza, scarsezza di iniziative, mancanza di proposte, ambiguità per quanto riguarda gli affari interni come per la politica estera. Tace sulla politica migratoria, si è dimenticata della battaglia sul
salario minimo, sullo ius soli, della lotta contro il lavoro nero, delle crisi aziendali, dei contratti di lavoro precari, dei salari sempre più bassi, da un po’ di tempo tace perfino sulla lista d’attesa e dei problemi della sanità. Tutta l’attività di opposizione si sedimenta nelle chiacchiere parlamentari e nel proporre mozioni di sfiducia che si sa inutili, mentre
l’assenza delle piazze e dalle strade è totale, mentre l’ecatombe di morti da lavoro e nei posti di lavoro nei cantieri continua a ritmi sostenuti.
Che dire poi delle posizioni in politica internazionale: stordita dall’iniziativa trumpiana la sinistra tace su Gaza, esprimendo orrore e disappunto per la proposta di trasformarla in una riviera alla moda, ma non dicendo parole chiare sul massacro che continua a Gaza, guardandosi bene dal definirlo come un genocidio; tace sulla Cisgiordania e il massacro
del popolo palestinese che continua; si esalta per la vittoria di un governo di integralisti islamici in Siria. Si indigna in difesa di Zelensky e dell’Ucraina, paese assunto ad esempio, modello di candida democrazia, dimenticando che, similmente alla Russia con la quale è in guerra, è un’autocrazia in mano ad un gruppo di oligarchi illiberali, nazionalisti anche abbastanza fascisti, che hanno approfittato della legge marziale per spartirsi il paese e offrirlo al saccheggio dell’occidente, lucrando sui profitti di guerra.
Invece di approfittare della crisi della narrazione, costruita dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra per sabotare il nord Stream due e l’economia europea e tedesca, soprattutto, e per tentare di far collassare lo Stato russo, minandone la sicurezza si rifiutano di prendere in esame l’evolversi degli eventi e di prendere atto che quella Ucraina è una guerra civile in corso almeno dal 2014 e che quindi il conflitto è il frutto malato di un scontro voluto dal nazionalismo ucraino come da quello russo, sul quale si innestano strategie economiche di sfruttamento delle risorse, costruita grazie all’attività
criminale svolta dall’Inghilterra che perseguiva la divisione dell’Europa e la sua crisi economica e sociale. Se lo facesse dovrebbe ammettere che l’operazione speciale è solo una tappa criminale di un percorso complesso volto a colpire i popoli d’Europa.
Sarebbe stato saggio per i partiti della sinistra riformista cogliere l’occasione per liberarsi dall’essere stati trascinati nell’assumere posizioni belliciste, nel sostenere che la guerra è strumento di soluzione dei conflitti internazionali, non capendo che così facendo non solo si sono resi complici della distruzione del sistema internazionale di garanzie costruito attraverso il diritto internazionale, ma hanno negato alla base uno degli elementi genetici costitutivi del loro essere partiti che difendono gli interessi dei lavoratori; questo perché un partito della sinistra che accetta la guerra di eserciti e tra Stati come strumento di soluzione delle controversie internazionali è nemico dei lavoratori, poiché sono le classi popolari quelle chiamate a combattere in caso di guerra, in quanto chi ha denaro e potere, trova mille modi per sfuggire alla mobilitazione e alla guerra e per salvaguardare la propria vita e sottrarsi al conflitto.
Se lo avessero fatto avrebbero superato uno dei principali problemi della loro crisi: la loro degenerazione bellicista che li rende irriconoscibili agli occhi di chi dovrebbe sostenerli e che vede nella loro condivisione della guerra un elemento fondante dell’identità di interessi che li lega a tutti gli altri partiti, che li omologa e che porta gli elettori al qualunquismo, nella convinzione che non vi siano differenze e che un partito valga agli altri. Da qui nasce la loro crisi e la crisi della rappresentanza, questa è una delle ragioni della caduta della partecipazione alla vita democratica che porta al
degrado sociale e alla perdita dei diritti, all’intorpidimento delle coscienze, alla condivisione della violenza e del sopruso, al trionfo dell’oppressione.

In altre parole un’occasione perduta!

La Redazione