In quest’ultimo mese gli eventi di politica internazionale sembrano essersi intensificati, al punto che lo spazio disponibile e la voglia di leggere vengono messi duramente alla prova. Per questo motivo abbiamo pensato di trattare alcuni temi che ci appaiono irrinunciabili in modo essenziale, limitandoci a fornire qualche valutazione da approfondire successivamente.
Europea
Germania
23 gennaio si terranno le elezioni per il Bundestag e la CDU di Merz insieme alla CSU è prima nelle intenzioni di voto; per governare dovrebbe formare una nuova Große Koalition con la SPD, questo perché è prevedibile che i liberali non raggiungeranno il quorum, mentre i Verdi sono destinati ad una sonora sconfitta, anche a causa delle loro posizioni guerrafondaie e si teme anche per loro il raggiungimento del quorum. I due partiti estremi AfD e Sahra Wagenknecht, sembrano essere esclusi da ogni alleanza. AfD, supportato dell’endorsement di Musk, Ha avuto il riconoscimento ufficiale di agente degli Stati Uniti in Europa e sostiene la re-migrazione e le espulsioni di massa dei migranti, il rifiuto del diritto di asilo europeo, la famiglia tradizionale, benché la sua leader sia notoriamente lesbica, ritiene che l’aborto sia un reato e che alle donne che vogliono abortire vadano mostrate le foto dei feti, lotta contro la politica ecologica e per l’uscita dall’euro e soprattutto è contraria a finanziare la guerra in Ucraina. Solo quest’ultimo punto la accomuna alla BWS perché, per il resto, il programma di questo partito si caratterizza per la sua impronta sociale, posto che il rifiuto della corsa al riarmo, che si accompagna alla contrarietà alla leva obbligatoria, prevede di investire le risorse pubbliche nella politica sociale, accompagnata dall’imposizione di un tetto agli affitti a livello federale, dal salario minimo a 15€ (posizione identica a quella della SPD), tassa patrimoniale, assicurazione contro la disoccupazione. Ripristino del Nord Stream e ripresa del traffico energetico con la Russia per gas e petrolio, statalizzazione delle reti elettriche.
Austria
Dopo le elezioni del 29 settembre il fallimento delle trattative per una coalizione tripartitica tra i conservatori dell’Övp, i socialdemocratici della Spö e i liberali del Neos, Karl Nehammer, cancelliere uscente, nonché ex leader dell’Österreichische Volkspartei (Övp), il partito popolare austriaco, ha presentato le dimissioni; di conseguenza le resistenze all’interno del suo partito contro una coalizione con l’Fpö si sono molto attenuate. Si apre la possibilità del cancellierato per Herbert Kickl per presiedere il primo governo guidato dalla destra, in 80 anni di storia della Repubblica federale austriaca. Il leader del partito della libertà d’Austria (Fpö) in qualità di vincitore delle ultime elezioni (29%), è stato infatti incaricato dal Presidente della Repubblica di formare una coalizione di governo con i conservatori dell’Övp.
L’Austria, che ha problemi simili a quelli tedeschi, come la crisi economica e le politiche dell’immigrazione ha visto la destra trionfare come non mai per essersi riuscita ad impossessare della lotta contro la guerra in Ucraina e a favore del mantenimento dei rapporti economici con la Russia, a fronte delle posizioni pro Ucraina e pro guerra degli altri partiti.
Romania
Dopo l’annullamento del secondo turno delle elezioni presidenziali per dichiarate interferenze russe nella campagna elettorale delle quali i successivi controlli non hanno trovato prove e riscontri, il governo prepara nuove elezioni per maggio, ma pretende di ripartire dall’inizio, ovvero dal primo turno elettorale per procedere poi al ballottaggio. Sono in corso manifestazioni di piazza fortemente partecipate di elettori che chiedono che si parta dal secondo turno, posto che le irregolarità denunciate non sono state comprovate. Anche qui la vittoria del candidato Călin Georgescu che aveva ottenuto
la maggioranza dei consensi (22,4%) era avvenuta a causa della sua ferma opposizione alla guerra in Ucraina e al sostegno accordato al regime di Kiev, aggiudicato contrario agli interessi della nazione, e malgrado le discutibili posizioni
del candidato su altri temi pure importanti di carattere politico e sociale. Particolarmente penalizzato il partito socialdemocratico del premier riuscente e dell’attuale presidente della Repubblica per le sue posizioni filo NATO e guerrafondaie. In particolare l’opinione pubblica avversa la costruzione in corso di numerose basi militari della NATO e
americane con la localizzazione di armamento atomico.
Francia
Dopo le elezioni dell’Assemblea nazionale, tenacemente volute da Macron, François Bayrou sembra essere riuscito, al quarto tentativo, a formare il suo governo che sarà chiamato, a consolidare le finanze dello Stato, stabilizzare, l’economia, barcamenarsi in un Parlamento spaccato, impegnato nel tentativo di rassicurare le istituzioni comunitarie che vivono una crisi profonda a causa della loro inadeguatezza ad affrontare i problemi e all’inconsistenza dei leader politici che la dirigono. Sostengono il governo il Movimento Democratico (MoDem) di Bayrou, il partito del presidente Emmanuel Macron, Renaissance, e il centrodestra moderato di Les Républicains, tenendo fuori sia il primo partito (Rassemblement National) che la prima coalizione (Nuovo Fronte Popolare) per seggi all’Assemblea Nazionale. Tutto questo sempre che, in qualsiasi momento, una nuova mozione di censura, che veda convergere i voti dei partiti di estrema destra e sinistra, non decida di porre fine al suo tentativo. Non bisogna dimenticare che Bayrou ha il problema di far approvare la legge finanziaria poiché la Francia è ancora in esercizio provvisorio. Il suo programma è quello di recuperare il 5%
appoggiandosi al sostegno della destra, alla quale pensa di fare concessioni su emigrazione e ordine pubblico, ma la sinistra è in agguato. Intanto il Presidente si blocca, sognando interventi dei militari francesi in Ucraina e fa esercitare una brigata dell’esercito francese, simulando la difesa di un territorio che somiglia ai dintorni di Kiev, nella speranza che la situazione emergenziale nella quale la presenza di militari francesi sul territorio ucraino getterebbe il paese finirebbe per consigliare di mantenerlo benché sempre più traballante nel suo incarico.
Gran Bretagna
Keir Starmer pensava di essere l’unico leader europeo solitamente in carica perché fresco di elezioni che ha vinto con una maggioranza schiacciante. Ma ad infrangere i suoi sogni ha provveduto Elon Musk montando contro di lui una campagna tutta fatta di fake news. Il ketaminico, sudafricano fascistoide e razzista, ha pensato di accusarlo di essere “complice” di “stupri di massa in cambio di voti”. Si riferisce agli anni nei quali Starmer fu a capo del Crown Prosecution Service (dal 2008 al 2013), e si occupò degli abusi sui minori da parte di bande organizzate di stupratori pakistani, fatti avvenuti a
Rotherham, Cornwall e Bristol, tra gli anni ’80 e il 2014; dove almeno 1.400 bambini, alcuni di appena 11 anni, tra il 1997 e il 2013, erano stati adescati per sfruttamento sessuale. I reati avvennero effettivamente, ma Starmer, allora magistrato, cercò di far condannare i colpevoli.
Se fosse onesto, e non lo è, Musk dovrebbe dire di avversare Starmer perché è un guerrafondaio, che difende gli interessi della di City di Londra che sostiene le guerra in Ucraina per destabilizzare la Russia, contro gli interessi USA e che ambiva, in accordo con Kamala Harris, a gestire i buoni del Tesoro USA, prendendo in mano il debito pubblico degli Stati Uniti, per trarne profitto e orientarne le scelte politiche. Ma questo sarebbe contrario agli interessi complessivi del capitalismo internazionale e perciò semina il dubbio e chiede nuove elezioni, dopo avere comunicato di voler dare un nuovo leader di sua fiducia al partito di destra Reform UK, che è pronto a finanziare ma, non fidandosi di Farage, vuole che il partito venga diretto da Tommy Robinson (Stephen Yaxley-Lennon), leader della “Lega per la difesa inglese”.
America Latina
Venezuela
Benché i paesi occidentali abbiano disconosciuto i risultati delle elezioni venezuelane il presidente Maduro ha giurato per il suo nuovo mandato e questo perché i tribunali venezuelani hanno sanzionato la regolarità delle operazioni elettorali, mentre l’opposizione sostiene di avere le prove dei brogli elettorali. A fronte di un’opposizione attiva e rumorosa, che ricorre ad ogni mezzo per destabilizzare il governo, questo cerca di risollevare la situazione economica del paese gravato da pesanti sanzioni statunitensi e di altri paesi occidentali, continuando a finanziare i servizi sociali, l’istruzione, la sanità, forte del fatto di poter disporre dei proventi della produzione petrolifera e dal ruolo svolto all’interno del mercato del petrolio e grazie a le alleanze delle quali gode con partner come la Russia e la Cina. Difficili i rapporti del paese anche
con il Brasile, a causa del contenzioso che riguarda la Guayana Esequiba e i suoi giacimenti di petrolio e gas.
La Cina in Perù
La Presidente del Perù Dina Boluarte e Xi Jinping hanno dato il via ai lavori per l’ampliamento del porto di Chancay con un investimento cinese nella prima fase dei lavori di 1,3 miliardi di dollari, che diventeranno 3,5 miliardi di dollari a opera finita: verrà così realizzato un mega hub logistico situato nella Zona economica speciale Chancay-Ancón-Callao, (è un territorio nel quale lo Stato che la costituisce si impegna tra l’altro ad applicare particolari condizioni di tassazione e per i contratti commerciali e di lavoro) a 80 chilometri a nord dalla capitale che si colloca all’interno delle infrastrutture che fanno parte della Via della Seta, Marittima. Viene così aperta una nuova rotta diretta con la Cina, capace di ridurre i tempi delle spedizioni da 38-40 a 27 giorni in grado di gestire tra i 18mila e i 21mila TEU e 960 connessioni reefer (i container di prodotti congelati). Una volta completate, le 15 banchine del porto di Chancay ne faranno il primo in grado di accogliere dal Continente navi da trasporto troppo grandi per attraversare il Canale di Panama. L’opera, finanziata al 60% da Cosco Shipping Ports – colosso statale con oltre 300 terminal in 38 scali che vanno da Abu Dhabi al Pireo a Valencia a Zeebrugge – e al 40% da Volcan Compania Minera, sarà realizzata da due società di Pechino, ma impiegherà al 70% lavoratori locali. È vero che ci vorranno 20 anni per realizzare completamente l’infrastruttura, ma essa inciderà sulle dinamiche infrastrutturali e commerciali di tutta l’America Latina, a beneficio di Paesi confinanti con il Perù, come Ecuador e Colombia, ma anche Brasile, Bolivia, Cile, tutti Paesi con i quali la Cina ha saputo stabilire rapporti di tipo paritario capaci di reggere anche a fronte della instabilità politica della regione. Gli Stati Uniti osservano attoniti, mentre,
una volta tanto, anche gli europei si muovono, sottoscrivendo il Trattato di commercio con i paesi del Mercosur e convocando a Cuenca, in Ecuador, la Cumbre Iberoamericana dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi della Penisola Iberica e dell’America Latina.
La rubrica continuerà nei prossimi numeri al fine di tracciare una panoramica per quando sommaria della situazione internazionale
La Redazione