Cisl-Fp e i sindacati autonomi Confsal Unsa, Flp e Confintesa Fp, che nel loro insieme hanno la rappresentanza della maggioranza del 54,6% dei lavoratori del comparto, hanno firmato il rinnovo del CCNL 22-24 Funzioni Centrali che interessa 195mila dipendenti dei ministeri, delle agenzie fiscali, degli enti pubblici non economici tra cui Inps e Inail. Il testo, che prevede un incremento retributivo medio di 165 euro per tredici mensilità, non è stato firmato da Fp-Cgil e Uil-Pa e USB. L’aumento è pari al 5,78% del monte salari; un incremento superiore sia al 4,07% del triennio 2019-2021, sia al 3,48% del periodo 2016-2018, hanno fatto notare le organizzazioni firmatarie, ma per chi si rifiuta di firmare l’accordo l’incremento non recupera larga parte dell’inflazione: per compensare la perdita di potere d’acquisto cumulata nel triennio 2022-2024. sarebbero stati necessari 16 punti dì aumento.
La disponibilità alla firma da parte di Cosl-Fp, Confsal Unsa, Flp e Confintesa Fp è venuta all’improvviso, all’apertura della riunione di trattativa, su richiesta della Presidenza dell’ARAN, trovando l’immediata disponibilità dei sindacati padronali, i quali hanno tradito la solidarietà tra le diverse forze sindacali e i lavoratori pur di compiacere
controparte e governo. È risultato del tutto evidente che un accordo separato, fino allora tenuto nascosto, era intervenuto tra le organizzazioni firmatarie e controparte a sostegno della politica del Governo.
La rottura del fronte confederale ha avuto un effetto positivo nei rapporti complessivi tra i sindacati perchè ha segnato una inedita convergenza di Cgil e Uil con USB che si presenteranno uniti davanti ai lavoratori a difendere la scelta di rifiutare l’accordo.
Tutte e tre le organizzazioni non firmatarie hanno denunciato la persistenza di un problema di sperequazione salariale anche tra comparti, e che pertanto urgono interventi per aumentare i trattamenti tabellari su funzioni locali, sanità, istruzione e ricerca, comparto della dirigenza e le stesse funzioni centrali.
È del tutto evidente che i dipendenti pubblici italiani sono penalizzati non solo rispetto ai lavoratori privati, ma anche rispetto al trattamento che ricevono i loro colleghi in Europa: infatti, a parità di titoli di studio, funzioni e qualificazione professionale gli stipendi dei lavoratori in Italia sono più bassi della media europea.
“Per questi motivi – Fp-Cgil, Uil-Pa e USB hanno dichiarato – “insistiamo nel dire che occorre cambiare rotta rispetto alle politiche finora adottate, superando i tagli ai servizi pubblici, a partire da istruzione e salute. Quanto è avvenuto conferma le ragioni sindacali dello sciopero generale del 29 e dimostra che la critica relativa al fatto che si sia trattato di uno sciopero politico è del tutto infondata, mentre si rafforzano ancora di più le ragioni che hanno indotto i sindacati a scendere in piazza contro il Governo.
L’ipotesi contrattuale che Cisl-FI, Confsal Unsa, Flp e Confintesa Fp e la controparte padronale vorrebbero imporre ai lavoratori, colpisce indifferentemente operatori, assistenti, funzionari ad elevate professionalità della categoria.
Basti ricordare che secondo Eurostat, nel 2023 il salario medio lordo annuale in Italia è stato di circa 31.000 euro, contro i 44.000 euro della Germania e i 39.000 euro della Francia. tanto per citare un dato indiscusso da tutti. La verità è che il governo galleggia cercando di fare con diligenza i compiti assegnatigli dal capitale internazionale con una gestione ordinaria ed ordinata dei conti pubblici, imponendo sacrifici ai lavoratori, forte del consenso accordatale dall’elettorato.
C’è da dire che il perdurare di questa inerzia, questa assenza di iniziativa anche da parte dell’opposizione, si rivela contraria anche agli interessi dei padroni, i quali cominciano ad avvertire le conseguenze dell’assenza di idee e di iniziative da parte del governo e i danni derivanti da una carenza assoluta di strategia e di prospettive per il futuro.
Ritornando al contratto siamo di fronte a importi decisamente insufficienti che non superano un aumento medio di 160 euro lordi mensili sugli stipendi tabellari per le diverse qualifiche e per di più sono comprensivi di ogni altro emolumento dovuto. È vero che a queste risorse si aggiungeranno quelle dello 0,22% del monte salari per la
contrattazione integrativa che consentiranno di superare il tetto dei trattamenti accessori previsto dalla legge Madia collegata alla finanziaria, ma si tratta di somme comunque insufficienti anche al semplice recupero dell’inflazione che non rilanciano la domanda interna, come sarebbe necessario, anche in vista delle future politiche fiscali e tariffarie che l’amministrazione Trump minaccia di adottare.
Nel disegno di legge che contiene legge finanziaria e nel bilancio di medio termine presentato dall’Italia all’Unione europea sono state già indicate le risorse per i rinnovi contrattuali 2025 2027, ma se ciò costituisce un dato di fatto per i sindacati che hanno firmato l’accordo al punto da compiacere il governo, occorre realisticamente riconoscere che si tratta di una promessa funzionale a permettere al governo di giocare sulle aspettative, sui benefici che verranno in futuro piuttosto che del frutto di un’azione responsabile di governo.
Purtroppo il dato di fatto preoccupante di quanto sta avvenendo è che la compiacenza dei sindacati gialli e padronali rischia di disinnescare le azioni di lotta di un comparto particolarmente importante della contrattazione del pubblico impiego e, facendo approvare un accordo che finirà per fare da punto di riferimento per gli altri comparti,
determina uno depauperamento delle capacità contrattuali complessive dei sindacati.
Non è un caso che Cgil e Uil, che non hanno firmato il contratto, hanno mantenuto la scadenza dello sciopero generale del 13 dicembre, malgrado ogni sforzo dei sindacati firmatari, compiacenti verso il governo, che hanno diffuso una nota nella quale rilevano che tra il rinnovo contrattuale attuale e quello del prossimo biennio sarebbe previsto un
incremento complessivo di 327 euri lordi mensili per 13 mensilità, vendendo come risultato un evento futuro d’incerto.
Il contratto sottoscritto, sotto il profilo normativo, prevede la proroga dei termini per le progressioni verticali in deroga, alle misure che riguardano la conciliazione tra vita personale e lavoro, il rafforzamento delle tutele sul lavoro agile, maggiore attenzione alle situazioni personali e familiari dei lavoratori, oltre a norme che rafforzano le relazioni sindacali e la contrattazione collettiva a livello di sede.
Infine i sindacati firmatari ritengono un risultato estremamente positivo quello di sottoscrivere comunque i CCNL dei dipendenti pubblici, per non interrompere la continuità dei rinnovi contrattuali – Peraltro inesistente – e per poter avviare immediatamente i negoziati per il triennio 2025-2027. Consapevoli del fatto che l’aver rotto il fronte sindacale costituisce un vantaggio politico per il governo Cgil e Uil hanno fatto rilevare che a far politica sono stati proprio i sindacati firmatari che hanno di fatto boicottato le azioni di lotta messa in atto con la mobilitazione e dalla quale la Cisl
ha preso le distanze.
Perciò dopo la firma del 6 novembre dell’accordo Fp-Cgil, Uil-Pa e USB. hanno chiesto che venisse indetto il referendum sul contratto, in modo da verificare la reale volontà dei lavoratori. Al fine consentire la più ampia partecipazione Fp-Cgil, Uil-Pa e USB stanno facendo di tutto per allungare i tempi della consultazione, approfittando del periodo di vacanze natalizie, per creare le condizioni di un reale confronto sui contenuti dell’accordo. A tal fine, per iniziativa di Fp-Cgil, Uil-Pa e USB, sono state redatte sotto forma di “Pillole di informazione” dei volantini per evidenziare le carenze dell’accordo, relative alla gestione delle ferie rispetto alle quali il nuovo contratto attribuisce maggiori poteri alla parte datoriale; il recupero delle ore di assenza per i dipendenti ultra sessantenni per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici, che segnano un arretramento rispetto ai vecchi contratti; la gestione dell’indennità relativa alle posizioni organizzative e professionali, e ogni altro problema legato all’ipotesi contrattuale, ecc.
Ad essere soddisfatto di quanto avvenuto è il ministro della pubblica amministrazione Paolo Zangrillo il quale è riuscito a dividere la delegazione sindacale e soprattutto a introdurre una divisione tra Cisl e Cgil e Uil e che si è affrettato a dichiarare che l’ accordo “risponde all’esigenza di una PA moderna ed efficiente, sempre più vicina a cittadini e imprese”. La firma odierna – ha dichiarato – è il giusto riconoscimento al lavoro delle nostre persone”, dichiarando di ritenere che l’ipotesi contrattuale costituisce il giusto riconoscimento dei diritti dei lavoratori della categoria e dimostra la disponibilità del Governo che con un incremento retributivo pari al 6%, corrispondente a 165 lordi mensili medi, per la tornata 2025-2024 ha dato “continuità ai rinnovi contrattuali del pubblico impiego come non era mai successo e con incrementi mai visti. E qui Zangrillo realizza il suo capolavoro comunicativo e sommando gli incrementi delle ultime tre
tornate contrattuali delle quali rivendica come governo il merito, rileva che esse sono pari a circa 16% in tre tornate”, questo per fare un po’ di confusione e gettare fumo negli occhi.
Rocco Petrone