Segnali contrastanti giungono dal continente latino americano. L’Uruguay va
ordinatamente alle urne ed elegge Yamandú Orsi, Presidente della Repubblica, il 24 novembre con il 49,8% dei voti, battendo il candidato di destra Alvaro Delgado. Da notare che il voto in Uruguay è obbligatorio e la partecipazione è stata, come di consueto, molto alta: l’89,4%. Orsi è stato Governatore del Dipartimento di Canelones, 500 mila abitanti: un Uruguay in miniatura, con fabbriche, agricoltura e allevamenti.
Il presidente eletto viene dal Movimiento de Participación Popular, dell’ex presidente Pepe Mujica, ed è considerato un pragmatico, un negoziatore. Figlio di un lavoratore agricolo e una sarta, ha un cognome italiano e un nome charrúa, la cultura indigena preispanica dell’odierno Uruguay. È stato insegnante di storia nelle scuole del suo Dipartimento che si trova nell’interno del paese: è il primo Presidente a non essere nato nella capitale. Con questa biografia e con la sua storia politica è riuscito a convincere la maggioranza dei suoi concittadini, ma non a colmare la frattura tra capitale e zone interne, poiché a Montevideo e nei Dipartimenti confinanti ha vinto il suo avversario.
Il nuovo Presidente si insedierà il 1 Marzo 2025 e dovrà impegnarsi nel combattere il
narcotraffico e rilanciare un’economia stagnante, con una crescita del PIL di appena l’1%, ma i prezzi in continua crescita. L’inflazione semina disuguaglianza e povertà. Potrà contare sul controllo del Senato, mentre per i due vuoti che gli sono necessari per il controllo della Camera dei deputati dovrà fare ricorso alle sue abilità di negoziatore. Il neo Presidente si trova ad operare in un clima del tutto diverso da quello del Brasile di Bolsonaro e dall’Argentina di Milei tanto più che l’opposizione gli ha assicurato il suo
sostegno, a fronte della promessa di governare il nome degli interessi di tutti gli uruguaiani.
Contemporaneamente nella vicina Buenos Aires la destrutturazione dello Stato ad opera di Milei imperversa. Secondo le stime nel 2024 del fondo monetario internazionale, l’economia Argentina si avvicina ad un’infrazione del 230% (133,5% nel 2022 all’elezione di Milei), mentre il PIL cala almeno del 3,5%. Ma il Presidente gode di buone amicizie nell’ambiente per cui il risultato disastroso viene temperato da una previsione di crescita del 5% per il prossimo anno. Più realisticamente, per il prossimo
anno si parla di una discesa dell’inflazione al 62,7% (previsione ottimistica), malgrado i miracoli promessi dal Presidente, ma è difficile calcolare quali saranno gli effetti della dollarizzazione endogena dell’economia argentina.
Secondo il fondo monetario l’economia del paese potrà beneficiare di una relativa stabilizzazione economica conseguente allo smantellamento dello Stato e del suo apparato burocratico, ma il prezzo della politica ultra liberista adottata dal Presidente ha pesanti ripercussioni sulle fasce più deboli della popolazione. I costi sociali della politica economica di Milei nell’anno appena trascorso mirano a una presenza minima dello Stato ispirandosi alle politiche economiche di Murray Rothbard e a quelle liberiste del premio Nobel Milton Friedman.
Intanto la situazione sociale è fortemente peggiorata e la povertà è cresciuta. I tagli drastici alla spesa pubblica per sanità, istruzione e infrastrutture non solo rendono più grave la situazione sociale, ma rischiano anche di compromettere le prospettive di crescita di medio termine dell’economia del paese, Milei continua a promettere che le numerose riforme favorevoli al mercato da lui introdotte, le privatizzazioni e le deregolamentazioni riusciranno a stimolare gli investimenti produttivi e a favorire la
ripresa dell’attività economica.
Nelle intenzioni di Milei i sacrifici imposti dovrebbero consentire all’Argentina di chiudere il bilancio pubblico con un avanzo primario nel 2024, calcolando il saldo con l’esclusione del pagamento degli interessi sul debito. Tra i due Presidenti il governo italiano privilegia quello argentino al quale riconosce la cittadinanza italiana in quanto nipote di immigrati.
La nostra speranza e che il governo si limiti a lasciare che la Presidente del consiglio balli – come si racconta durante la sua visita alla Casa Rosada, tra l’indifferenza generale – un appassionato tango, con il suo sodale argentino, comprensivo del casquet.