Il flop dell’operazione Albania, voluta dalla Meloni, è sotto gli occhi di tutti. Visti i risultati, il milione di euro circa, speso per mettere su il baraccone dell’hotspot di Shengj e della struttura di trattenimento di Gjader, avrebbe potuto essere meglio utilizzato, ad esempio per potenziare il servizio sanitario, come suggerisce l’opposizione. Il governo, affetto da inettitudine e protervia, e di quella ottusa, incompetente, stupida, ex ostetrica, che dirige la Commissione di Bruxelles, avrebbero potuto prestare maggiore attenzione alla giurisprudenza della Corte europea prima di lanciarsi in lodi verso la “soluzione albanese.”
Qualunque cosa affermi un Ministro della Giustizia sempre più incapace, alcolista e confuso, (che a giustificazione della sua inettitudine insinua che i magistrati non hanno ben compreso la sentenza della Corte europea perché in francese!), sembra non rendersi conto che i magistrati del Tribunale di Roma non hanno fatto altro che seguire un percorso obbligato, che era quello tracciato dalle sentenze della Corte di giustizia europea sui criteri di individuazione dei paesi sicuri, da ultima quella del 4 ottobre 2024 della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha definito sicuro un paese nel quale in modo generale e uniforme non vi sono persecuzioni (definite dall’articolo 9 della direttiva 2011/95/CE), né torture, né trattamenti o pene inumane o degradanti, né minacce di violenza indiscriminata. in situazioni di conflitto armato internazionale o interno. La sentenza afferma inoltre che le condizioni di sicurezza, affinché il Paese di origine possa essere considerato tale, devono essere soddisfatte in tutto il territorio (e molti dei paesi designati dall’Italia nelle schede redatte dalla Farnesina non lo sono affatto); il secondo è che il giudice è tenuto a valutare in concreto se il paese di origine del richiedente è sicuro. E come dare torto ai giudici europei considerando che uno dei paesi che il governo ritiene sicuri è l’Egitto, distintosi per il fatto di disporre di una polizia di torturatori, come ha dimostrato il caso Regeni, e per
aver incarcerato per reati di opinione Patrick Zaki e tanti altri.
Per reagire al corto circuito prodotto dalla pronuncia del Tribunale di Roma. il Consiglio dei ministri ha emanato per decreto un elenco dei paesi ritenuti sicuri, che da ora in poi dovrebbe far testo. Questo modo di procedere è stato impugnato davanti al Consiglio d’Europa dall’opposizione che ha chiesto l’apertura di una procedura di infrazione nei
confronti dell’Italia, guadagnandosi dalla maggioranza di governo l’accusa di boicottare ogni iniziativa del governo. C’è da aggiungere che nessuno dei testi normativi vigenti e neppure i nuovi regolamenti sull’asilo sembrano consentire un’applicazione del diritto dell’Unione al di fuori del territorio (o delle frontiere) degli Stati membri almeno nei modi e
nei tempi voluti dal Governo.
Tuttavia a prescindere da questo sviluppo della vicenda dovrebbe far riflettere il fatto che sono stati scelti 16 migranti, presumibilmente individuati sulla base di umo screening per l’invio coattivo in Albania non disciplinato da nessuna norma, neanche di rango secondario, come se fosse normale attuare le norme sulla base di una semplice prassi o
una mera decisione amministrativa, non essendo in grado di capire nemmeno chi fra i migranti era minore e chi era in condizioni di salute cagionevoli. Da qui la decisione di inviarli, al modico costo di 18.000 euro a cranio, in Albania. Per fare questo bisogna essere degli imbecilli che sguazzano nel circolo mediatico nato intorno all’ormai notissima trattoria Meloni di Gjader.
Tutte le procedure che sono state previste appaiono finalizzate a far sì che chi è confinato in Albania abbia difficoltà a consultare un avvocato italiano, di comunicare in una lingua compresa sia dall’emigrato che dall’avvocato, senza un interprete di fiducia, privo di cellulare ai sensi delle nuove norme varate dal decreto sicurezza, e questo solo per
citare alcune delle difficoltà del migrante recluso.
Emigrazione ed accoglienza come problema reale
Ciò non toglie che il problema migratorio è complesso e che la sinistra parlamentare ha molte colpe, risalenti alle tanto glorificate scelte dell’ex ministro Minniti, di accordo con i banditi libici della guardia costiera, lautamente finanziati benché torturassero i migranti, disposti a rilasciarli in cambio del pagamento di un riscatto richiesto alle loro famiglie. Per
pura ipocrisia la sinistra istituzionale non ha voluto vedere con favore e non ha appoggiato sufficientemente le iniziative come quelle di Riace e di tanti altri comuni della Calabria e non solo, che hanno adottato iniziative inclusive d’integrazione dei migranti, anche senza tanto clamore, rendendo possibile l’immissione dei migranti nel tessuto sociale del paese. Una campagna di stampa feroce e implacabile, ha cercato di demonizzare l’esperienza di Riace e le tante altre simili, poi premiata dagli elettori, recandosi alle urne ed eleggendo a furor di popolo chi aveva guidato quell’esperimento.
Ma intanto questo tipo di esperienze si sono interrotte, o quanto meno sono entrate nella clandestinità, proprio grazie a quell’ex ministro degli interni Salvini e ai suoi accoliti, quello stesso ministro che oggi è chiamato a comparire davanti ai giudici di Palermo per il sequestro dei migranti sulla Open Arms, contornato soltanto da uno sparuto gruppo di suoi senatori e deputati, ma nell’assenza di un sostegno popolare che il cattivismo del personaggio continua a sollecitare in ogni occasione.
È forse giunto il momento, anche approfittando delle dichiarazioni di valenti economisti e dello stesso Governatore della Banca d’Italia, di affrontare in modo costruttivo e realistico il tema dell’emigrazione, decidendosi finalmente ad intervenire su quella legge forcaiola e desueta, che è la Bossi Fini, pensando a un piano di intervento razionale che si faccia carico delle esigenze del paese, il quale vede la sua popolazione diminuire e invecchiare
inesorabilmente.
Un attento esame della situazione sul campo permetterebbe di verificare che il problema si presenta in modo diverso a seconda che l’emigrazione si diriga verso le parti più produttive del paese, dove occorre forza lavoro nell’industria e nell’agricoltura e quella grossa fetta di manodopera necessaria ad accudire gli anziani, supportare il servizio sanitario nazionale, i servizi. Per ambedue queste tipologie di manodopera può essere utile aprire degli hotspot nei paesi di emigrazione, affiancando a queste strutture altre di formazione professionale, in modo da effettuare una cernita e una selezione dei migranti che il sistema paese è disponibile ed ha necessità di accogliere.
Una gestione siffatta del processo migratorio sottrarrebbe i migranti ai ricatti e alle vessazioni dei mercanti di uomini, eviterebbe loro la violenza della detenzione e dello sfruttamento: ma perché il tutto funzioni occorre che contemporaneamente si intervenga in modo deciso. regolamentando il mercato del lavoro in modo da evitare l’attuale
contrapposizione tra lavoro legale e lavoro illegale, tra lavoratori costretti ad accettare condizioni salariali e di lavoro imposte dai datori di lavoro perché sottoposti al ricatto continuo, costituito dalla presenza di un esercito industriale di riserva formato dai migranti illegali e privi di un permesso di soggiorno, disponibili a vendere il proprio lavoro a qualsiasi
condizione perché disperati, creando così un dumping micidiale nei confronti dei lavoratori regolari, a tutto vantaggio degli imprenditori disonesti e di chi si approfitta e vive alimentando l’emigrazione clandestina, perché la considera funzionale agli interessi economici delle classi sociali che difende.
Quella che abbiamo sommariamente indicato è una via che faticosamente si fa strada, anche se al prezzo di duri sacrifici, di sofferenze, di dolori dei migranti illegali, costretti a vivere una parte della loro vita, sottoposti al ricatto di un mercato del lavoro governato dall’economia sommersa, considerando che secondo i dati forniti dall’ISTAT, essa si è
mantenuta pressoché stabile nell’impatto con l’economia illegale (9,8% nel 2022 rispetto al 10,1% del 2021) sul totale dell’economia non osservata. Nel 2022, il complesso dell’economia sommersa vale 181,8 miliardi di euro, in aumento di 16,3 miliardi rispetto al 2021, a dimostrazione di quanto profitto il mantenimento dei migranti nell’illegalità contribuisce a produrre. Salvini e i suoi accoliti lo sanno bene e insieme ai loro alleati di governo fanno di tutto per alimentare di fatto le presenza di migranti illegali, anche ricacciando molti nell’illegalità.
Un paese di nuovi mestieri
Se solo si percorrono i territori del paese, ci si accorge che i piccoli centri del sud come del centro e del nord sono sempre più spopolati e abitati da vecchi che vengono assistiti da migranti. Gli ultimi decenni hanno mutato la configurazione del paese, spingendo i giovani verso le città e verso le migrazioni, hanno scardinato la struttura della famiglia tradizionale, lasciando i più anziani a gestire da soli la loro vecchiaia, spesso confortati da badanti reclutate dai figli. costretti dalla vita a vivere lontani dal nucleo familiare originario. Sulla scorta di questo dato di fatto, molti piccoli centri si sono ripopolati e non è infrequente sentire usare altre lingue, spesso le lingue dei paesi dell’est, posto che alla tradizionale emigrazione dalla Romania e dalla Moldavia si sono recentemente aggiunti gli ucraini che sono andati a rinforzare quell’esercito di accudimenti dei genitori anziani.
Nei pochi siti di lavoro operaio, dove è ancora richiesta manodopera professionale, come muratori, carpentieri, falegnami, nelle officine dove si richiedono tornitori e operai specializzati e quant’altro, come nelle attività agricole, nelle fattorie, negli allevamenti, nei campi di raccolta delle coltivazioni intensive, i lavoratori addetti sono anch’essi in
maggioranza immigrati, e questo mentre gli industriali denunciano crescenti difficoltà nel reperimento della necessaria manodopera. Incidenti sul lavoro, come quello di Firenze, nella costruzione di un supermercato hanno dimostrato come la totalità dei lavoratori presenti sul cantiere fosse in gran parte costituita da migranti, con contratti diversi e appartenenti a ditte differenti, gestite da padroni tra loro diversi: lavoravano insieme nello stesso cantiere, pur non conoscendosi e non sapendo cosa faceva l’uno e cosa faceva l’altro. Da qui l’incidente mortale sul lavoro.
Occorre perciò che un intervento serio, relativo alla regolamentazione dell’emigrazione, porti con sé la revisione profonda delle leggi sul lavoro, ripristinando quelle garanzie di tutela del lavoro operaio, contadino e impiegatizio che erano state il frutto di una stagione di lotte profonde e che sono state distrutte da un capitale rapace e ingordo, che voleva
soltanto ricavare dal progressivo abbassamento del costo del lavoro sempre maggiori profitti, prova ne sia che oggi i salari corrisposti in Italia sono quelli più bassi di tutta Europa e comunque quelli che non sono cresciuti ma diminuiti.
È questa la principale difficoltà di un intervento serio e risolutivo sul problema dell’immigrazione, poiché dovrebbe portare con sé la rinuncia da parte dei datori di lavoro ad una politica di accaparramento di risorse attraverso la sottovalutazione della voce salari, come parte dei fattori produttivi, per dedicarsi invece agli investimenti, alla tecnologia, all’innovazione, alla ricerca di più opportuni mercati, al fine di sostenere e alimentare il profitto di impresa.
Una politica di tal fatta è in netta contraddizione con le scelte economiche e sociali di questo governo che mira al potenziamento dei profitti, che ha assunto l’ineguaglianza fiscale come tratto caratteristico della sua politica, che ambisce a mantenere alti i margini di profitto attraverso lo sfruttamento del lavoro, considerato come il fattore più a basso costo dell’intero processo produttivo.
Fino a quando il governo persevererà in questa scelta le politiche esclusivamente repressive nei confronti del fenomeno migratorio sono inevitabili e costituiscono la logica conseguenza di scelte più profonde che richiedono una radicale revisione delle politiche economiche e sociali dei governi dei diversi paesi in questo momento.
G. C.