Il 3 ottobre la Camera approvato il ddl lavoro predisposto dal governo il 1 maggio 2023, celebrando a suo modo la festa del lavoro. Poiché era obiettivamente difficile peggiorare le condizioni di lavoro stabilite attraverso il job Act il governo ha impiegato più di un anno per mettere definitivamente a punto un provvedimento di ulteriore precarizzazione del lavoro che peggiora ulteriormente le normative vigenti. Come si conviene al modus operandi di un governo corporativo, il provvedimento peggiora prevalentemente le condizioni di lavoro di lavoratrici e lavoratori a bassa professionalità e qualificazione, incidendo sul lavoro occasionale e a termine.
Salute e sicurezza sul lavoro (art. 1 DDL Lavoro)
Apparentemente il provvedimento inizia con norme lungamente attese in materia di tutela della salute e con norme che dovrebbero contrastare gli incidenti sul lavoro. Il comma 1 modifica la disciplina generale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di cui al D. Lgs. 81/2008, in particolare modificando la disciplina in materia di sorveglianza sanitaria dei lavoratori, relativamente alla visita medica preventiva, alla visita medica precedente alla ripresa del lavoro (dopo un’assenza per motivi di salute), all’individuazione in via generale dell’azienda sanitaria locale come l’amministrazione competente per l’esame dei ricorsi contro i giudizi del medico competente, alle condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei.
Di fatto il provvedimento tace in materia di sicurezza sul lavoro e passa subito ad occuparsi della regolamentazione delle differenti tipologie di lavoro.
Dimissioni volontarie, risoluzione consensuale del contratto di lavoro, licenziamenti
Si interviene sulla disciplina delle dimissioni volontarie e della risoluzione consensuale del contratto di lavoro allentando le restrizioni relative ai licenziamenti. Con la scusa di voler contrastare i cosiddetti “furbetti” della NASPI, cioè di coloro che invece di dimettersi spingono il datore di lavoro a licenziarli, in modo da poter beneficiare dell’indennità di disoccupazione che non spetta in caso di dimissioni volontarie, si attribuisce all’Ispettorato del Lavoro la possibilità di verificare la veridicità della comunicazione relativa alle ragioni che hanno indotto il lavoratore ad assentarsi per più di 15 giorni. Se l’assenza non è giustificata il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applicano le tutele previste per legge in caso di licenziamento. Gli intenti apparentemente virtuosi di queste disposizioni in realtà sono volte a vanificare le garanzie dell’articolo 26 del job Act. eliminando una delle poche tutele previste dal provvedimento che è quella relativa alle cosiddette dimissioni in bianco richieste soprattutto alle donne che rischiano di trovarsi in gravidanza. Il provvedimento è composto da una trentina di articoli, prevede meno oneri e vincoli per il ricorso al lavoro stagionale. contiene una serie di semplificazioni.
Lavoro per somministrazione
Premesso che Il lavoro somministrato è un rapporto di lavoro vergognoso, indecente e voluto dal datori di lavoro criminali, tuttavia ammesso dalla legge, in base al quale l’impresa utilizzatrice può richiedere la prestazione di uno più lavoratori ad agenzie autorizzate (somministratori) iscritte in un apposito Albo informatico tenuto presso l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL). Ebbene, nel provvedimento si stabilisce che la somministrazione a tempo determinato di lavoratori non può superare il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza all’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei contratti. Tuttavia, si escludono dal computo dei limiti quantitativi i casi in cui la somministrazione a tempo determinato riguardi lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato o lavoratori con determinate caratteristiche o assunti per determinate esigenze: ad esempio, svolgimento di attività stagionali o di specifici spettacoli, start up, sostituzione di lavoratori assenti, lavoratori con più di 50 anni.
Eliminata, poi, la previsione secondo la quale, se il contratto tra agenzia di somministrazione e lavoratore è a tempo indeterminato, non trovano applicazione i limiti di durata complessiva – attualmente pari a 24 mesi – della missione a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore. Queste modifiche hanno l’obiettivo di incentivare l’uso di contratti flessibili, in un mercato del lavoro che si vorrebbe rendere “dinamico” ma che intende massimizzare lo sfruttamento del lavoratore. . Inoltre, si consente l’utilizzo delle risorse di formazione temporanea, destinate ai contratti a tempo indeterminato anche per la formazione dei dipendenti con contratto a tempo determinato.
Modifica della durata del periodo di prova e lavoro stagionale
La durata del periodo di prova per i rapporti di lavoro a tempo determinato è fissata in un giorno di effettiva prestazione ogni quindici giorni di calendario, a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. Questo periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a 15 per i contratti con durata fino a sei mesi; non può essere inferiore a due giorni e superiore a 30 giorni per quelli con durata tra sei e dodici mesi.
Per quanto riguarda il lavoro stagionale, viene introdotta una norma di “interpretazione autentica”: oltre ai cosiddetti “stagionali” già identificati, rientrano in questa categoria anche “le attività organizzate per fronteggiare intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, oppure le esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa secondo quanto previsto dal Ccnl, inclusi quelli già vigenti, stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative nella categoria“.
Lavoro subordinato, cassa integrazione (art. 6) e contratto a causa mista
Al fine di incentivare il lavoro autonomo viene introdotta la possibilità per il lavoratore in cassa integrazione di svolgere attività di lavoro in forma subordinata o autonoma, salvo dover comunicare tempestivamente all’INPS l’inizio della nuova attività. Durante lo svolgimento di tale attività il lavoratore perde il diritto al trattamento di integrazione salariale. Viene introdotta una nuova forma contrattuale il contratto ibrido a causa mista: c’è la possibilità di assumere un lavoratore in parte con un contratto dipendente e in parte con un rapporto autonomo a partita Iva, beneficiando del regime forfettario per il reddito autonomo.
I contratti misti (art. 17 DDL Lavoro)
Con il DDL Lavoro si introducono deroghe al divieto di applicazione del regime forfetario previsto per le persone fisiche la cui attività siano esercitate prevalentemente nei confronti di datori di lavoro: il provvedimento estende l’applicazione del citato regime anche alle persone fisiche iscritte ad albi e/o repertori professionali, nonché alle persone fisiche esercenti attività di lavoro autonomo. Il contratto di lavoro autonomo costituito contestualmente al contratto di lavoro subordinato (c.d. contratto misto), per beneficiare del regime forfettario, deve essere certificato dagli organi di cui all’art. 76 D. Lgs. 276/2003 e non deve configurarsi alcuna forma di sovrapposizione riguardo all’oggetto e alle modalità della prestazione, nonché all’orario e alle giornate di lavoro.
Formazione e alternanza scuola-lavoro
Il provvedimento interviene anche vergognosamente sulla cosiddetta alleanza scuola lavoro, Vengono estese a tutte le tipologie di apprendistato le risorse destinate ogni anno all’apprendistato professionalizzante. Si prevede la possibilità di trasformare l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale in apprendistato professionalizzante e/o di alta formazione e ricerca, dopo il conseguimento della qualifica o del diploma professionale. Questa scelta è motivata dall’intento di rendere di più alta qualità la formazione degli studenti e i loro percorsi formativi “on the job”. Al ministero dell’Istruzione verrà istituito il cosiddetto “Albo delle buone pratiche di alternanza.” A mo’ di ulteriore presa per il culo per giustificare lo svolgimento di periodi di lavoro non retribuiti. Via libera, infine, anche all’osservatorio nazionale per i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, ennesimo carrozzone.
Smart working
Nel provvedimento si parla anche di smart working e viene confermato l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare al ministero del lavoro, in via telematica, i nomi dei lavoratori e la data di inizio e di fine delle prestazioni di lavoro svolte in modalità agile: la comunicazione deve avvenire entro cinque giorni dalla data di avvio del periodo (oppure entro i cinque giorni successivi alla data in cui si verifica un evento che modifica la durata o provoca la cessazione del periodo di lavoro svolto in modalità agile).
Conciliazioni telematiche
A vanificare ogni tutela il provvedimento introduce anche una semplificazione per la conciliazione in materia di lavoro. Questi procedimenti, infatti, potranno svolgersi in modalità telematica con collegamenti audiovisivi. Previste anche modalità telematica e collegamenti audiovisivi per le conciliazioni in sede sindacale delle varie controversie di
lavoro, cancellando quello che fu il processo del lavoro del quale non deve restare traccia nemmeno nel ricordo.
In conclusione
Come si vede, niente salario minimo, si punta al buon vecchio lavoro a cottimo, mascherato da autonomo. Nessuna riduzione delle ore di lavoro a parità di retribuzione, si deve arrivare all’uso facile dei contratti a tempo, con meno vincoli possibili, sfruttando l’immarcescibile lavoro di somministrazione, l’interinale: il contratto precario per eccellenza. Il governo Meloni non solo continua a respingere le proposte presentate dalle opposizioni, ma va in “direzione ostinata e contraria”arrivando a ridurre le tutele per i lavoratori. Una norma, quella dei contratti misti, è politicamente strategica per la destra; applicare la flat tax ai lavoratori che hanno una partita Iva da affiancare ai contratti di lavoro sottoscritti con le società che li hanno assunti. In pratica lo stesso lavoratore lavora per la stessa impresa, in parte come lavoratore dipendente e, in altra parte del tempo, come lavoratore autonomo. Sono i cosiddetti contratti misti, già previsti e usati in specifici settori, in particolare quello bancario e assicurativo. Così i dipendenti, potranno beneficiare del regime agevolato (del 5 o del 15 per cento in base all’anzianità della Partita Iva) per i servizi offerti a provvigione alle loro società: uno stimolo a reinventarsi, a mutare collocazione di classe. Una sostanziale spinta per il ritorno al “cottimo” e potenziamento
dei contratti di somministrazione, in pratica lavoro interinale generalizzato per tutti.
G. L.