Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un fenomeno crescente in ambito politico: individui che si identificano come appartenenti alla destra ma che, in realtà, sembrano caratterizzati principalmente da un forte sentimento anticomunista compaiono sulla scena politica e sociale con sempre maggiore frequenza. Questa categoria di persone, più che sviluppare una visione complessa e articolata delle dinamiche socio-economiche e politiche, tende a reagire con istinto e visceralità, spesso in modo poco informato a tutto ciò che accade.
Costoro hanno costruito la loro identità politica basandola sull’anticomunismo, totalmente
ignorando che il comunismo vorrebbe che ogni uomo e ogni donna ricevesse in cambio del proprio lavoro quanto necessario a soddisfare i propri bisogni.
Molti di questi individui utilizzano l’anticomunismo come pilastro fondamentale della
loro identità politica. Questa posizione, tuttavia, rischia di essere riduttiva e di non cogliere le sfumature della destra moderna. Se è vero che la destra storicamente si è opposta al comunismo, ridurre il suo intero spettro ideologico a un mero rifiuto di quest’ultimo impedisce una comprensione profonda delle loro pulsioni e delle loro frustrazioni.
La mancanza di compiere analisi socio-economiche è una delle caratteristiche salienti di
questo gruppo di persone; la loro incapacità o mancanza di volontà di impegnarsi nell’esaminare e capire problemi anche minimamente complessi, costituisce una loro caratteristica strutturale.
Invece di esaminare le cause dei problemi economici o le dinamiche di potere che influenzano le società moderne, preferiscono una narrativa semplice e binaria: “noi contro loro”. Questo approccio riduttivo non solo semplifica eccessivamente la realtà, ne rende meno faticosa la comprensione ma alimenta anche il populismo e il sensazionalismo.
Ragionare con la pancia è più facile e comodo, meno faticoso Molti di questi anticomunisti sembrano guidati più dalle emozioni che dalla ragione. Le loro posizioni sono spesso dettate dalla paura, dal risentimento o dall’odio verso il “nemico” comunista, piuttosto che
da un’analisi critica e razionale delle politiche e delle loro conseguenze; questa emotività porta a un’adesione acritica a slogan e idee semplicistiche, senza un esame approfondito delle implicazioni.
La pigrizia mentale è un’altra delle caratteristiche peculiari di queste persone, le quali
sono, rimangono e vogliono rimanere ignoranti, nel senso letterale del termine: si rifiutano di apprendere, di conoscere, di capire di studiare, perché è faticoso, è stressante, perché
sostanzialmente inutile; a loro basta l’istinto per capire.
La conseguenza per il dibattito pubblico è che l’approccio viscerale e anticomunista di
questi individui si ripercuote sul dibattito pubblico, polarizzando la discussione politica,
riducendo lo spazio per il dialogo e il compromesso. In secondo luogo, distoglie l’attenzione dalle vere sfide che le nostre società devono affrontare, come le disuguaglianze economiche, il cambiamento climatico, la sanità pubblica e più in generale la crisi della democrazia. Infine, alimentano un clima di intolleranza e conflitto, che ha effetti negativi sulla coesione sociale.
Affinché la destra possa svolgere un ruolo costruttivo nel contesto politico odierno, è
essenziale che si evolva oltre un semplice rifiuto del comunismo. È necessario un impegno serio verso un’analisi socio-economica informata e una partecipazione al dibattito politico basata su fatti e ragionamenti, piuttosto che su emozioni e pregiudizi. Solo cosi sarà possibile costruire un futuro politico più inclusivo e razionale.
Rocco Petrone