In morte di uno schiavo

L’assassinio di Satnam Singh, bracciante agricolo nell’agro pontino, assunto “a piazza” (ovvero a nero) e pagato a 4 € l’ora era un immigrato regolare. Giunto in Italia con passaporto regolare, fa parte di quella tratta di lavoratori reclutati in India e nel Bangladesh dedita nell’area di Latina all’agricoltura che supplisce alla carenza di manodopera locale non disponibile a lasciarsi cuocere nelle serre che pullulano nel territorio, con un salario da fame, senza garanzie sanitarie e assistenziali, ma alimentata a anfetamine per sopportare ritmi e condizioni di lavoro inumane.
Non è un caso che il Comune di Latina sia gestito da una giunta di centrodestra, con un sindaco di Fratelli d’Italia e assessori della Lega che hanno cura di amministrare una comunità migrante numerosa e super sfruttata, costretta a vivere in abitazioni fatiscenti, privata di ogni diritto. Eppure il ministero degli interni conosce bene questo territorio, lo monitora sotto il profilo della sicurezza, perfino dell’appartenenza religiosa, dei rapporti che chi vi abita mantiene con il paese d’origine, controllando i continui flussi di lavoratori e lavoratrici che alimentano il mercato del lavoro attraverso i “decreti flussi”. al fine di assicurare alle imprese agricole della zona gli schiavi essenziali per l’approvvigionamento della necessaria manodopera a basso costo, funzionale a servire il mercato agricolo romano.
Ciò che colpisce di quando è avvenuto è la particolare crudeltà, è il disprezzo per il dolore e la vita di un essere umano anche se purtroppo questo omicidio è uno dei tanti che caratterizza le frequentissime morti sul lavoro sempre crudeli, sempre disumane, certamente inaccettabili, che ogni giorno costellano la vita dei lavoratori, ultimi nel paese.