Elezioni antelucane

Se le elezioni lucane sono anticipatrici di comportamenti futuri degli elettori esse ci dicono che il processo di combustione della democrazia liberale e della rappresentanza delegata ha sviluppato una fiamma che minaccia di irrobustirsi. Hanno votato meno della metà degli aventi diritto, il 49,8%. Questo ci dice che coloro che governeranno hanno il sostegno di circa il 26% degli elettori: decisamente un bell’esempio di partecipazione e democrazia, che fornisce indicazioni meno affidabili di un sondaggio demoscopico sugli orientamenti politici reali dei cittadini. Il livello di delusione e sconforto degli elettori raggiunge vette sempre più alte, perché è sempre più evidente che pur votando non cambia nulla o ben poco e che per gli elettori “questo o quello per me pari sono.” E non si dica che si tratta di qualunquismo perché gli elettori hanno tutte le ragioni per essere disgustati dopo aver assistito ai “balletti” vari prima del voto e per la scelta delle candidature. Il risultato del voto esprime dunque, plasticamente, ruolo e funzione dei padroni delle tessere.
Una delle chiavi di lettura dei risultati elettorali è costituita dalla transumanza del clan Pittella dal Pd ad Azione e di questa nella coalizione di centrodestra, portando in dote 30.000 voti che sono quelli che hanno fatto la differenza. In effetti il Pd nazionale e locale avevano scaricato i fratelli Pittella; il primo, Gianni, perché coinvolto nello scandalo relativo ai rapporti di parlamentari europei della sinistra con il Qatar, il secondo perché già Presidente della Regione, accusato di reati relativi alla gestione del servizio sanitario, era stato prima indagato e poi assolto, anche in secondo grado, da ogni accusa. Gianni Pittella ha tuttavia mantenuto la carica di sindaco di Lauria e la capacità di orientare il suo ettorato personale, a dimostrazione del peso dei padroni delle tessere. Questi aspetti di cronaca giudiziaria a livello locale e addirittura europeo hanno non pochi riflessi sul territorio perché la cordata della famiglia Pittella, del tutto
legittimamente, era in grado comunque di fare da tramite per ottenere l’accesso ai finanziamenti comunitari e mantenere quindi vivo il consenso del suo elettorato di famiglia e della sua clientela.

Un programma per la Regione

C’è poi la questione relativa alla gestione delle estrazioni petrolifere: al giacimento Eni situato a Viggiano in provincia di Potenza si affianca quello più promettente di Tempera Rossa. quartier generale della TotalEnergies Italia e sede del centro olio della Basilicata. Qui il pozzo denominato «Gorgoglione 2» è entrato in attività nel 2023 con una produzione stimata in circa 7mila barili al giorno. La compagnia petrolifera che gestisce il nuovo pozzo in partnership con Shell e Mitsui, conta di attivarne un altro sulla scia delle maglie allargate dal Governo. Parliamo di un pozzo ancora esplorativo denominato «Gorgoglione 3» per il quale TotalEnergies Italia ha ricevuto un diniego dal Ministero dell’Ambiente del precedente esecutivo, che ha sollevato una serie di criticità del progetto relativamente all’impatto ambientale. La Regione Basilicata ha ritenuto la documentazione insufficiente per quanto riguarda i riferimenti al rischio sismico e allo smaltimento dei rifiuti. In stand by anche il pozzo «Gorgoglione 4», attraverso il quale la multinazionale ha intenzione di valutare il potenziale della parte settentrionale di Tempa Rossa, finora mai perforata. L’intero progetto lucano di TotalEnergies Italia, prevede la messa in produzione di otto pozzi, un Centro olio con capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 metri cubi di gas naturale, 240 tonnellate di Gpl e 80 tonnellate di zolfo, un centro di stoccaggio Gpl dotato di quattro punti di carico stradale. Sul fronte Eni, invece, non sono previsti altri pozzi, in sintonia con quanto disposto dal recente rinnovo della concessione che non contempla altre estrazioni, ma solo lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione.
Scelte politiche sono poi necessarie per quanto riguarda il futuro dello stabilimento di Melfi, appartenente al gruppo Stellantis, del quale non sono chiare le strategie occupazionali, ma che costituisce la principale opportunità di occupazione della Regione. Sul piano poi dell’economia generale della Regione riveste particolare importanza la politica agricola, per la presenza di coltivazioni di primizie e sarebbero essenziali gli investimenti relativi al turismo per una ulteriore valorizzazione della zona di pregio di Maratea e del Metapontino, che dispone del giacimento archeologico di
Paestum, situato fra oliveti millenari.
Di questi problemi vi sono scarse e vaghe tracce nei programmi elettorali nei quali non trovano spazio nemmeno problemi come quelli del servizio sanitario in Regione, oggetto di molti scandali e inchieste giudiziarie, che hanno costituito finora la principale preoccupazione della classe politica interessata a trarne profitto attraverso una gestione clientelare e soprattutto a lucrare sul “turismo della salute” reso necessario dall’insufficienza e dall’inefficienza del servizio sanitario in Regione.
Se le forze di sinistra riformista fossero state in grado di mettere a punto proposte serie e credibili per almeno alcuni di questi dei problemi sollevati all’attenzione di chi legge, invece di dover assistere al teatrino degli scontri tra i segretari nazionali dei partiti del cosiddetto campo largo è forse possibile che i risultati elettorali sarebbero stati diversi.
Ma tant’è, a fronte di un governo fascista che mina le libertà, porta il paese alla povertà e al disastro, lo impegna delle guerre e nel riarmo, la sinistra riformista non trova di meglio che scontrarsi per chi deve essere il principe di un reame inesistente e sempre più improbabile.

La Redazione