26 aprile 1945

Avete letto bene, 26 aprile. Non è un refuso. Quest’anno siamo al 79° anniversario dalla liberazione dal fascismo e dal nazismo e dal tentativo di costruire un paese diverso. Se le cose non cambieranno (ma forse lo faranno e in peggio) l’80° dalla liberazione sarà celebrato dagli stessi eredi di quelli che furono sconfitti. Un paradosso spazio-temporale. I figli diretti dei fascisti dovranno presenziare (ma lo faranno?) alle manifestazioni per ricordare quando l’Italia si liberò dei loro padri. Una trama degna di un libro di Philip Dick. Ma perché stupirsi?
In questo paese la resistenza è diventata un peso per tutti. Tolte le celebrazioni, i fiori e le corone, quel periodo rimane scomodissimo. Per la destra, certo (contro di loro combattevano) ma anche dall’altra parte non si scherza, in quanto a fraintendimenti. Si ricordano partigiani ultranovantenni (a cui si dà tutti il dovuto omaggio) ma si evita di far mente locale su quello straordinario percorso di disubbidienza, di rifiuto non solo del fascismo e del nazismo, ma anche e soprattutto, dello sfruttamento che quei regimi portarono avanti. Ma quello che pesa di più è la scelta individuale e collettiva di ribellarsi senza aspettare comandi, oltre e al di là degli eserciti.
È ben comprensibile la paura, il timore, di questa forza popolare armata che ci si incaricò al più presto di disarmare.
Il 26 aprile è quello che c’è stato dopo. Una lotta pluridecennale per affermare quei valori che erano stati alla base della resistenza. Ma dopo la fiammata degli anni ‘70 del secolo scorso, il revisionismo antipartigiano è diventato moneta comune, a destra ma anche a manca (scrivere “sinistra” mi pare inopportuno). Il successo dei libri di Pansa, un condensato ben orchestrato di falsificazioni, mezze verità e vere e proprie bufale, ha consegnato a molti benpensanti l’arma che attendevano. Libri che molti non hanno neppure letto ma che sono stati branditi come un’ascia contro i partigiani.
Buon ultimo il Ministro Sangiuliano che non ha mancato di celebrare un “martire dei partigiani” additando l’ANPI chissà per cosa (senza che nessuno lo abbia additato ricordando che militava con il fascista Almirante, repubblichino e “giornalista” Sulla
Difesa della Razza) per poi passare alla eterna lamentatio per l’uccisione di Giovanni Gentile a cui si è dedicato un francobollo.
Ma anche basta con questa storia. Gentile non fu ucciso perché filosofo in tempo di pace, ma in quanto sostenitore della RSI, dei nazisti e di tutto quanto ne consegue all’interno di un conflitto mondiale che portò via 60 milioni di vite umane.
Quindi come scrive giustamente lo storico Santomassimo, un collaborazionista, del quale nessuno discute la sua importanza come filosofo. Ma, nel corso delle vicende umane, può capitare che si venga giudicati per quello che si fa in quel momento.
Filosofi, operai, contadini, poveri o ricchi.
Nel mondo capovolto i fascisti al governo danno di antisemita a chi condanna il genocidio che Israele (lo Stato di Israele, il governo di Israele) sta commettendo contro i palestinesi. Ricordare che ebrei e Palestinesi sono entrambi semiti non serve a nulla, ma vedere i rappresentanti delle comunità ebraiche difesi dai nipoti di quelli che nelle camere a gas mandarono i loro avi, continua a colpire per una spregiudicatezza senza alcun limite.
L’intera stampa italiana e tutto l’”archetto” costituzionale, compresi i fascisti, hanno poi usato il termine “resistenza” per indicare la difesa dell’esercito ucraino contro la Russia. Una evidente, e non innocua, falsificazione che ha portato nuovamente accuse all’ANPI (che ormai è di moda prendere di mira. Cominciò Renzi nel 2016).
Sono curiosi questi amici dei partigiani. Gli vanno bene tutti ma non quelli veri e storicamente determinati, che combatterono non solo per cacciare fascisti e nazisti ma per un futuro mondo progressista ed egualitario.
Ma il governo in carica, è il caso di dirlo, della carica ha fatto il proprio segno. Chiunque osi protestare o criticare è preso a manganellate, oppure, come nel caso del Prof. Canfora querelato direttamente dalla Presidente del Consiglio.
Un’attitudine intimidatoria non da poco. Ma che sta nel silenzio generale perché il patto, l’abbiamo scritto altre volte, è chiaro: “sovranismo (all’acqua di rose)” interno in cambio di adesione totale al diktat neoliberista esterno e totale sdraiamento sulle
politiche belliche della NATO.
Del resto, a scanso di equivoci è la stessa strada che seguì Benito Mussolini, che già prima di salire aveva le idee abbastanza chiare, tanto che ad Udine il 20 settembre del 1922 le esplicitò:
« Noi siamo per la collaborazione di classe, specie in un periodo come l’attuale di crisi economica acutissima. Vogliamo spogliare lo Stato da tutti i suoi attributi economici. Basta con lo Stato ferroviere, con lo Stato postino, con lo Stato assicuratore, Basta con lo Stato esercente a spese di tutti i contribuenti italiani ed aggravante le esauste finanze dello Stato. »
Avvicinandosi il 25 aprile poi ci hanno avvertito che non è opportuno chiedere il “cessate il fuoco”. Come sempre, i poteri politici e mediatici amano la guerra….ma la fanno fare agli altri.
E il buon Mentana dice che è una vergogna l’equidistanza dell’ANPI (ancora!) e non solo fra Ucraini e Russi ma a Gaza, dove in risposta ad un attentato che nasce dalla situazione specifica, Israele ha eliminato decine di migliaia di civili.
Chissà che lezione di equidistanza può venire da chi in questi anni ha sdoganato i fascisti dichiarati di CasaPound invitandoli nelle trasmissioni o andando direttamente nelle loro sedi.

Allora? Che 25 aprile dobbiamo ricordare? Quello che aveva come obiettivo l’eliminazione dei fascismi in quanto ideologie nate dentro l’occidente capitalista e ad esso intimamente e strettamente legate, oppure una specie di “liberazione” sotto l’egemonia USA, la Nato, e di nuovo i fascisti, a braccetto con il neoatlantismo oggi dichiaratamente guerrafondaio?

Andrea Bellucci