Stretto nelle maglie di una legge finanziaria iniqua e inconsistente, pressato dalle incursioni dei comici russi, dalle tante incapacità e inefficienze, il governo Meloni ricorre alla creatività futurista, per trarsi fuori dall’impasse e prepararsi alle elezioni europee, giocando la “carta albanese”. A sentire dell’accordo di delocalizzazione dei migranti in Albania si pensa di primo acchito ad una boutade, ma noi diffidiamo delle semplificazioni e riteniamo che la questione sia molto più complessa: ma andiamo con ordine.
È un fatto che la legge finanziaria predisposta dal governo Meloni, diminuisce le risorse per la sanità (se si guarda lo stanziamento al netto dell’inflazione), penalizza la scuola, abbassa le pensioni e al tempo stesso peggiora la Fornero, non soccorre le famiglie gravate dai mutui, non ha una politica della casa e favorisce gli evasori, tanto che il 14% dei contribuenti copre i 2/3 delle tasse e più del 50 % dei contribuenti evade.
Mentre tutto questo avviene il silenzio più completo è sceso sull’attuazione del PNRR: si sono perse le tracce dei progetti, non si ha nessuna verifica sui tempi di esecuzione, nessuna idea sulle riforme e le condizioni necessarie acconsentire l’effettuazione del piano; progetti importanti come quello del risanamento delle periferie e dell’aiuto agli enti locali scompaiono, anche se previsti, coperti dall’affermazione che saranno finanziati con altre risorse che non si sa quali siano e quando saranno disponibili. Tutto questo avviene mentre il paese cade a pezzi, le alluvioni e il dissesto idrogeologico devastano il paese, senza che alcun ristoro pervenga a coloro che hanno subito i danni.
Intanto l’ingresso in recessione della Germania e l’aumento del PIL per il prossimo anno tendente a zero dell’Italia fanno pensare, visti i rapporti di dipendenza dall’economia italiana da quella tedesca, che la recessione si avvicini a grandi passi, anche per l’Italia, malgrado che le politiche energetiche messe in atto abbiano fatto pensare ha una tenuta sostanziale del sistema. Il problema è che gli scambi internazionali sono in crisi, frenati dalle guerre, e quella italiana che è un’economia manifatturiera e di trasformazione, entrerà inevitabilmente in crisi per mancanza di ordinativi e per la
comprensione dei mercati.
Sarebbe necessario avere l’onestà di dire, in modo chiaro, che senza la fine delle guerre non solo l’Italia, ma tutta l’economia d’Europea è destinata ad impoverirsi, perché la guerra in corso, soprattutto quella in Ucraina, è una guerra contro l’Unione europea, condotta dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti, prima che dalla Russia. Se non altro che per questi motivi l’Italia dovrebbe interrompere ogni aiuto a Kiev e chiedere la pace. Sarebbe poi necessario aggiungere che questo conflitto economico interno all’occidente lasciasse spazio ed aprisse la strada al progredire di un’economia
circolare, alternativa intorno ai Brics, che aspira a sostituirsi alla centralità delle economie occidentali e soprattutto a contrastarle sul piano delle politiche monetarie, dei cambi e quindi sul piano finanziario.
Un’arma di distrazione di massa
Per distogliere l’attenzione da tutto questo il governo inventa una soluzione “creativa” per l’immigrazione e annuncia di aver concluso un accordo, finora tenuto segreto, con il leader albanese Rama per la delocalizzazione in Albania in due centri di identificazione e detenzione per procedere poi all’espulsione. Si tratta di un protocollo di accordo sottoscritto dai due premier, in 14 punti, da articolare a livello operativo. A quel che sembra di capire le navi della Marina italiana che soccorrono in mare i migranti dovrebbero trasportarli nel porto albanese di Shengjin, dal quale verrebbero trasferiti nella località di Gjadër per un periodo massimo di tre mesi, trascorso il quale, o vengono espulsi, oppure rientrano in Italia. Dalla misura sembra che siano esclusi donne incinta, bambini e malati. Nel centro di detenzione di Gjadër verrebbero espletate tutte le procedure relative all’identificazione e all’eventuale concessione dell’asilo.
Effetto-annuncio ed elezioni europee
Ancorché essere efficace, l’iniziativa è evidentemente finalizzata alla scadenza delle elezioni europee: il governo ha bisogno, a causa della sua politica fallimentare relativa all’immigrazione e al venir meno dell’attuazione delle promesse relative al mitico blocco navale, di dimostrare di fare qualcosa, a fronte del fatto che quest’anno i migranti si aggirano intorno ai 160.000 e che l’iniziativa di sottoscrivere un accordo con la Tunisia non ha sortito alcun effetto di freno al flusso d’immigranti. Delocalizzare gli arrivi in Albania dovrebbe servire come deterrente, convincendo i migranti a non partire o quantomeno a non scegliere l’Italia come percorso di transito verso gli altri paesi europei. Chi pensa questo non considera che da un eventuale campo di detenzione in Albania è possibile fuggire comunque e da lì raggiungete l’Europa né più e né meno di come fanno molti albanesi, che essendo extracomunitari, migrano in gran numero, clandestinamente, nei paesi d’Europa, prova ne sia che sono in gran parte albanesi i migranti che Sunak vorrebbe spedire in Ruanda!
Ma non basta, l’operazione si presenta comunque ricca di problemi, ci limitiamo a citarne alcuni:
- Il numero delle persone ospitate nella struttura non potrà superare contemporaneamente i 3,000 (numero risibile rispetto alla mole complessiva dei migranti). Anche a voler tener conto del turn-over previsto dal governo, tuttavia
condizionato dal rispetto dei tempi delle procedure ipotizzate, la struttura con un turn-over totale di un mese non potrebbe accogliere più di 30.000 migranti all’anno. È da sottolineare il costo dei trasporti da e per l’Italia e la complessità delle procedure. - La struttura ospitante va costruita, vanno organizzati i servizi legali relativi, quelli di custodia e logistici, ecc. Viene da chiedersi quale sia il costo reale, che nessuno è oggi in grado di ipotizzare, di costruzione ma anche di gestione.
- Dal punto di vista giuridico lo spostamento di persone dal territorio italiano (le navi) al territorio di un altro paese, ma sottoposto la giurisdizione italiana, crea problemi di diritto internazionale, di rispetto dei diritti umani, di possibili violazioni di norme internazionali e comunque di carattere giuridico, relativi ai ricorsi dei migranti verso i provvedimenti adottati, ai costi della loro tutela senz’altro alti, al fatto che persone sottoposte a provvedimento amministrativo verrebbero private della libertà. È come se il governo italiano si apprestasse a dare vita ad una nuova prigione a cielo aperto come Gaza!
Sulla fattibilità
Infinite sarebbero le altre considerazioni da fare perciò viene da chiedersi ancora una volta il perché dell’iniziativa e forse analizzarne i motivi è più interessante dell’iniziativa in sé. Innanzitutto, va tenuto conto della località scelta: niente è casuale nella scelta dei fascisti al governo.
Benché essi dichiarino dei voler ricalcare la fantasia dei futuristi, sono in realtà dei nostalgici. L’orizzonte del colonialismo italiano è angusto e di poca fantasia, tanto che i suoi punti di riferimento erano l’Africa, con l’Abissinia, la Libia e l’Etiopia, nonché l’Albania. A imbarcarsi nella conquista dei Balcani, l’Italia ci provo già nel 1919; i bersaglieri che dovevano andare ad occuparla, si ribellarono, mentre erano di stanza da Ancona, in attesa di imbarco: erano stanchi della guerra. Ci ritrovò il fascismo: il buon Ciano proprio in quei luoghi, l’Area di Kune, alle foci del fiume Drin, amava andare a caccia, e a Gjadër aveva fatto costruire un aeroporto, ora dismesso, la cui area dovrebbe ora ospitare il centro migranti. A guardare la localizzazione scelta per il sito viene da pensare che sia stato il generale Vannacci, già direttore dell’Istituto Geografico Militare a suggerire alla premier la località da utilizzare, posto che il custode del catasto fascista nell’Albania è l’Istituto che lui dirigeva!
Se non che, in questo caso la persona improvvida è stato il leader Rama, il quale ha dimostrato di avere poca cura dello sviluppo del suo paese. Infatti, l’area di Kune e ad alto sviluppo turistico, ospita una meravigliosa riserva naturale, si è dotata di recente di un’amministrazione con un sindaco del suo partito, preoccupatissimo dell’iniziativa, quanto è più degli imprenditori locali, i quali vedono in questo insediamento che si vorrebbe sepolto nella campagna di Gjadër una fonte di problemi per la fruibilità dell’area da parte del flusso turistico proveniente soprattutto dal Kosovo: questo perché
il porto della città sarebbe comunque coinvolto per accogliere gli arrivi e comunque la città più vicina al centro rimane Kune.
La Meloni e i Balcani
Ma la scelta dell’Albania come paese nel quale delocalizzare la politica migratoria ha molte altre ragioni: bisogna innanzitutto ricordare che è proprio l’Albania ad essere ipotizzata negli anni ’30 come luogo che avrebbe dovuto accogliere gli ebrei d’Europea, alla ricerca di un luogo dove abitare. La proposta non andò in porto per il rifiuto del re di
allora di farsi carico di problemi altrui.
L’esportazione e il confino dei migranti è una posizione comune ai partiti conservatori: questa scelta adottata dal governo australiano conservatore, è condivisa dal fascistissimo Sunak, con il quale la Meloni ha stabilito un’asse di comunicazione privilegiato e di coordinamento delle politiche sulla migrazione. C’è piuttosto da chiedersi quando il governo italiano si affiancherà alle posizioni di quello conservatore britannico nella richiesta della revisione della legislazione internazionale sul diritto d’asilo.
C’è inoltre da tenere in conto che il rinnovato interesse per l’Albania è la punta dell’iceberg della riprogrammazione della politica estera italiana che ha individuato nei Balcani uno dei luoghi privilegiati di azione, ritenendo quest’area il confine di casa, e rispolverando i fasti di quella che fu la politica estera fascista. Come si vede tutto torna: l’Italia da tempo scomparsa dallo scacchiere balcanico, vorrebbe oggi rientrarvi, è questo è uno dei modi con il quale pensa di farlo.
Il Governo ha dimenticato che la struttura della cooperazione internazionale italiana fa acqua da tutte le parti e particolarmente in Albania; che in questo paese l’Italia è da anni assente, tanto che 10 anni fa il paese ha affidato alla Turchia la riorganizzazione del proprio esercito, la Germania ha una presenza economica e commerciale in Albania molto solida, una cooperazione con 26 addetti e controlla tutti gli aeroporti dei Balcani dei quali possiede le azioni, L’istruzione albanese è in mano al British Council che suggerisce programmi, strutture e scelte in ambito culturale; che l’Italia non è in grado nemmeno di gestire i progetti europei dei quali consegue la titolarità un Albania, non essendo dotata di strutture di supporto delle imprese di alcun genere, che la Camera di Commercio Italo albanese ha un’attività del tutto risibile, praticamente inesistente, e tanto altro si dovrebbe dire.
La premier dovrebbe comprendere che non è con un aperitivo estivo o un bicchiere di raki, comodamente sorbiti in un ritrovo elegante di Valona, in un pomeriggio d’estate, che si possono creare rapporti diplomatici solidi, con un leader spregiudicato come Edi Rama, che non riesce a spiegare al suo paese come mai non è riuscito a concretizzare la sua promessa di portare l’Albania nell’Unione europea e che perciò cerca di aggrapparsi ad una premier zoppicante, forte nella sua statura, dove parlando di statura ci si riferisce, ovviamente, a quella di Rama!
Gianni Cimbalo