Meloni al suq di al Sisi

Alla ricerca di qualche successo la Premier italiana ha fatto acquisti al suq de Il Cairo, ottenendo la grazia per Patrik Zaki. Certamente un buon risultato del Governo italiano e per tutti coloro che hanno a cuore la libertà di pensiero: il reato del quale era accusato lo studente egiziano dell’Università di Bologna era quello di avere scritto negli articoli sugli ostacoli frapposti all’esercizio del culto della Chiesa copta e dei copti d’Egitto.
A margine di quanto avvenuto occorre fare alcune necessarie considerazioni. Certamente una trattativa vi è stata e su di essa hanno pesato i rapporti economici con l’Egitto, gli affari con ENI per petrolio e gas, quelli relativi alla presenza dell’Egitto in Cirenaica e all’interesse che ha l’Italia di agire sul Generale Haftar per contenere le partenze dalla Libia, la prospettiva di un possibile accordo, sul modello di quello appena concluso con la Tunisia, con il quale assicurarsi il contenimento dell’emigrazione, in partenza dai porti egiziani, in cambio di denaro. È noto che dall’Egitto parte una rotta
che convoglia verso l’Europa, e in particolare verso l’Italia, coloro che fuggono dal Corno d’Africa, l’emigrazione che proviene dall’Asia e che passa per l’Africa, non pochi cittadini egiziani che cercano una vita migliore. Ma tant’è, pur di ottenere qualche risultato, bisogna pur pagare e perciò ben venga la trattativa. Tuttavia due considerazioni si impongono: il sospetto che della trattativa abbia fatto parte anche uno scambio relativo al caso Regeni: e questo sospetto, benché smentito dal governo, è supportato dal ringraziamento pubblico della Premier ai servizi segreti italiani ed egiziani, per il loro sostegno alla trattativa, contenuto nel comunicato ufficiale a conclusione della vicenda. Questo sospetto può essere fugato in un solo modo possibile, continuando a chiedere giustizia e verità per Giulio Regeni, il processo e la condanna dei suoi assassini come è noto, ufficiali dei servizi segreti del governo egiziano e sodali di al Sisi. Inoltre non può che essere sottolineato il diverso comportamento dell’Università alla quale i due studenti appartenevano. Quella inglese,
totalmente assente da qualsiasi azione per rivendicare giustizia per Giulio Regeni e, al contrario, quella di Bologna e di un’intera città, presente in ogni modo possibile nella campagna e nella mobilitazione per la liberazione di Patrick Zaki.

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