Il 13 luglio è stato sottoscritto il rinnovo del contratto 2019-2021 delle lavoratrici e lavoratori di scuola, università, enti di ricerca e Afam. Intesa prevede un incremento economico pari a 100-200 euro al mese diversamente distribuiti. Il personale Ata riceverà 97 euro lordi in più, per i docenti 124 euro lordi al mese e per i dirigenti amministrativi l’aumento è pari a 190 euro al mese. Per quanto riguarda la scuola, considerati gli aumenti già percepiti con l’accordo economico del dicembre 2022 e le ulteriori risorse distribuite dal contratto l’incremento stipendiale medio tra i diversi settori oscilla tra il 5% e il 7%”. I lavoratori precari della scuola hanno ottenuto la possibilità di usufruire di 3 giorni di permesso retribuito come già avviene per il personale di ruolo. In tutti i settori vengono estesi i c congedi per le donne vittime di violenza. Del contratto per università e ricerca si dirà in seguito.
Il contratto giunge, come mai è prassi – come dire – a consuntivo, quando è ormai scaduto. Questo intervento salariale non migliora di molto la retribuzione degli insegnanti italiani il cui stipendio lordo medio (30.784 euro) supera il Pil pro-capite dell’Italia (30.040 euro) solo del 2,5 per cento, mentre nell’Eurozona lo stipendio medio (44.408 euro) supera il Pil pro-capite (35.850 euro) del 23,9 per cento. Ciò colloca gli stipendi degli insegnanti italiani tra quelli più bassi del continente e ne fa quelli peggio pagati.
Nel corso delle trattative la controparte ministeriale è riuscita a far passare la sua linea di lungo periodo tendente a una diversificazione delle carriere all’interno del corpo docente e del personale Ata, tendenza condivisa da molte delle organizzazioni sindacali al tavolo delle trattative e vista come la unica soluzione per ottenere, almeno per una parte della categoria, incrementi salariali più robusti. In questa stessa logica va visto il recepimento a livello contrattuale delle funzioni del docente tutor e del docente orientatore – figure volute dal Ministro – il che consentirà di affermare il principio della personalizzazione dell’istruzione, nella direzione di una crescente differenziazione del ruolo docente e della gerarchizzazione della categoria. Mascherata dietro la ricerca dell’eccellenza la nuova politica del ministero dell’istruzione e del cosiddetto merito si avvia faticosamente a trovare degli strumenti attraverso i quali modificare la struttura della scuola pubblica rendendola sempre più di classe e distinguendo tra istituti pilota, istituti di eccellenza e istituti ordinari che raccolgono la massa degli studenti. In questa prospettiva che va collocato il potenziamento degli istituti tecnici, apparentemente per rispondere alle esigenze emergenti dal mercato del lavoro, e dall’altro l’istituzione del
cosiddetto liceo del made in Italy, del quale si coglie l’intento pubblicitario rispetto alle politiche del governo.
Questo contratto, che interviene dopo l’esperienza decisamente sconvolgente della pandemia e il massiccio ricorso alla didattica a distanza non poteva non tenere conto di questo aspetto, ma lo ha fatto nel modo più riduttivo possibile, regolamentandone il ricorso senza incidere minimamente sui contenuti culturali, la sostanza no le caratteristiche metodologiche e pedagogiche del ricorso a questo strumento di insegnamento. Premessa l’utilità dell’uso emergenziale della didattica a distanza in situazioni di pandemia, si sarebbe dovuto tenere conto dell’esperienza maturata in questi due anni e compiere finalmente un salto di qualità, tenendo conto del fatto che loro malgrado i docenti hanno dovuto in questi anni accrescere le loro conoscenze informatiche, approcciarsi all’uso di strumenti telematici, ma lo hanno fatto con buona
volontà e senza il supporto di un adeguato discorso metodologico in materia didattica che spiegasse loro le potenzialità del mezzo adoperato e l’importanza di un metodo di insegnamento interdisciplinare e comparativo che certamente è possibile attraverso l’utilizzo dello strumento informatico e telematico, solo che si abbia idea e piena cognizione della potenzialità dello strumento utilizzato.
È del tutto evidente che nel periodo pandemico è mancato il tempo per procedere ad un adeguamento professionale del personale, ma certamente, superato il momento emergenziale, sarebbe stata questa la fase nella quale procedere ad un adeguamento professionale del personale che avrebbe potuto portare a inserire lo strumento telematico all’interno dell’insegnamento ordinario, come uno degli strumenti possibili e non certo sostitutivi dell’insegnamento di presenza, in modo tale da potenziare le capacità didattiche sia dei docenti che degli studenti: Questa avrebbe potuto essere
anche l’occasione per procedere a una generale riqualificazione che avrebbe potuto tradursi in consistenti aumenti salariali, utilizzati come incentivi all’aggiornamento professionale.
Ma tutto questo non è stato e il contratto è stata la rituale ripetizione di una stanca prassi che vede le organizzazioni sindacali rincorrere la parte datoriale nel rinnovo contrattuale, nel disperato tentativo di adeguare un salario sempre insufficiente alle esigenze di vita e di lavoro degli insegnanti, i quali si trovano a vivere una condizione di
povertà con un conseguente depauperamento della funzione docente derivata dall’assenza di stimoli ad impegnarsi e a migliorare. Oggi se la scuola italiana sopravvive lo si deve alla buona volontà e al senso del dovere degli insegnanti che
continuano a svolgere il loro lavoro, consentendo alla scuola italiana di svolgere quella funzione di integrazione culturale e umana le è propria, una funzione di coesione sociale insostituibile e necessaria.
È questo il motivo per il quale il contratto dei lavoratori della scuola appena siglato va visto come del tutto inadeguato, come un’occasione spesa al ribasso per intervenire su una istituzione cardine della società italiana che verde ridursi le opportunità di svolgere il proprio compito in un modo funzionale allo sviluppo della società italiana e agli interessi del paese. C’è da aggiungere che la paventata introduzione dell’autonomia differenziata, con una gestione regionale dell’istruzione, non potranno che aumentare le differenze già evidenti e preoccupanti della qualità e quantità dell’istruzione erogata al Sud del paese rispetto ad aree avvantaggiate del Nord, mentre resterà irrisolto il problema della distribuzione del personale insegnante e delle risorse per svolgere in modo razionale e coerente l’attività di istruzione e di formazione dei giovani, in una situazione in cui l’importanza della riqualificazione professionale e culturale diventa
sempre più pressante e forte e si fa strada l’esigenza di un’istruzione permanente che permetta a tutti di adeguarsi alle innovazioni tecnologiche e produttive che riguardano il mondo del lavoro e le modalità con le quali si effettua la prestazione lavorativa.
In una situazione in cui la scuola dovrebbe essere il punto centrale dell’intervento di adeguamento della società italiana ai nuovi bisogni, essa rimane un settore che – al pari della sanità – vede ridursi gli stanziamenti economici necessari al suo funzionamento, le risorse, mentre i progetti del PNRR non mostrano significativi segnali di investimento
in questo settore ,volti a migliorare il servizio fornito all’utenza, anche attraverso la realizzazione di strutture idonee a permettere i livelli di istruzione adeguati, fornendo le strumentazioni tecniche necessarie ad una moderna ed efficace effettuazione dell’insegnamento. Non ci riferiamo soltanto, ovviamente, all’insegnamento a distanza, ma all’accesso a tutte quelle modalità di insegnamento e strumentazioni necessarie a fornire un’istruzione adeguata e al passo con i tempi.
Il contratto università
In questo senso e in questa prospettiva assume importanza il contratto stipulato per il personale dell’Università che riguarda il personale tecnico di essa e l’appendice irrisolta della qualificazione professionale dei lettori di madrelingua, problema eterno per l’Università italiana si trascina da decenni. Questo contratto ricarica nelle modalità e
nella logica quello della scuola e non tiene assolutamente conto delle professionalità differenziate che esistono nel settore Università e che richiederebbero un’attenta riflessione, poiché ogni Università con i suoi vari Dipartimenti ,costituisce un mondo complesso, paragonabile dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro a un’organizzazione aziendale per reparti specializzati, dove ognuno di essi svolge una funzione indispensabile alla produzione di un prodotto culturale unico, costituito dalla formazione il più adeguata possibile degli studenti che utilizzano la struttura. Al tempo stesso però l’Università è unità produttiva di ricerca e cioè un motore necessario alla società, perché nei suoi ambiti, nell’ambiente culturale che la circonda, maturano le condizioni dell’innovazione, che non è solamente quella in campo scientifico, ma
che riguarda tutto lo spettro del sapere e l’insieme della ricerca e conferisce al paese quella capacità dinamica essenziale oggi allo sviluppo dell’economia e al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro di tutti.
Ma questo obiettivo è troppo ambizioso per essere condiviso da una Ministra dell’università, succube di un ministro mediocre, miope, accecato dall’ideologia, prigioniero di schemi di ricerca desueti, egli stesso ricercatore mediocre: nello sviluppo della trattativa contrattuale la Ministra dell’Università non ha avuto alcuna voce e alcun peso e non è stata capace di far pesare le esigenze specifiche del comparto e tanto meno della ricerca. È del tutto evidente che fino a quanto ella stessa docente universitario continuerà a concepire la stipula di un contratto di comparto dal quale sono esclusi i docenti, ovvero l’altra “metà del cielo”, cioè di coloro che sono addetti al settore, fino ad allora, non avrà senso contrattare le condizioni di lavoro e di produttività della struttura, trovare un accordo sui fini da raggiungere, conseguire obiettivi utili per il paese e per la società. Che dire infine del contratto del settore ricerca, vera Cenerentola del comparto, che si caratterizza anch’esso per lo sparpagliamento delle carriere dei ricercatori, la loro distribuzione su tre livelli e soprattutto si incentra sulla regolamentazione dell’attività da remoto. estendendo ai ricercatori questa possibilità e
svuotando di fatto i centri di ricerca, potenziando il lavoro individuale a discapito di quello negli ambienti di lavoro dove il confronto necessario fra i ricercatori e fra i settori produttivi e di ricerca si riverbera su una maggiore produttività.
Per gli addetti al settore ricerca, più che per gli altri settori è del tutto evidente che il contratto ha messo in atto un baratto tra l’accesso al lavoro a distanza e gli incrementi salariali. L’estensione del lavoro agile, presentata come una richiesta condivisa da ambedue le parti datoriali di fatto riduce i costi di gestione della presenza dei lavoratori sul posto di lavoro, rende la manodopera meglio gestibile perché parcellizzata e individualizzata, avvantaggiando così la parte datoriale, ma al tempo stesso depaupera la produttività collettiva, umiliata e resa improduttiva, dall’assenza di confronto in un ambiente comune di ricerca che non esiste più ma che dall’altra consente al lavoratore una gestione del proprio tempo lavoro agile e comoda, decentrata sul territorio, apparentemente con una migliore gestione discrezionale del proprio tempo-lavoro, in realtà schiavizzando ed obbligando lavoratrici e lavoratori a ritmi e a controlli che ne riducono l’autonomia e ne mortificano ruolo, autonomia e tempo-vita.
Per una valutazione d’insieme
Queste prime considerazioni “a caldo” sul contratto scuola, università, ricerca richiedono ulteriori approfondite riflessioni che saranno oggetto di nostri futuri interventi relativi agli effetti di quanto stabilito nell’accordo rispetto ai singoli settori. I quali rivestono per lo sviluppo del paese, per la sua organizzazione produttiva e sociale, un’importanza troppo grande perché possano essere liquidati con un’analisi per quanto generale ma sommaria del contenuto degli accordi. Per la loro importanza scuola università e ricerca meritano un approfondimento nel merito di ogni singola disposizione che è suscettibile di produrre effetti rilevanti sulla didattica come sulla ricerca , sulla formazione dei giovani come su quella dei ricercatori, come sulla possibilità del sistema di formazione del paese di fornire risposte nella direzione di promuovere l’innovazione tecnologica, e lo sviluppo del paese della stessa industria e dell’insieme delle attività produttive di rinnovarsi.
G. C.