Le elezioni Generali in Spagna si sono concluse con una vittoria del Partito Popolare che tuttavia non ottiene né da solo, né in coalizione con i franchisti di Vox i voti necessari a formare un governo. Il Partito Socialista Spagnolo, invertendo le previsioni dei sondaggisti, non solo ha tenuto ma ha guadagnato due seggi, mentre Sumar, la coalizione dei partiti di sinistra, ha ottenuto tenuto 31 seggi. Ma mentre il PPE, facendo uno sforzo negoziale, potrebbe riuscire ad aggiungere altri due deputati al suo raggruppamento con il seggio conquistato dall’Unión del Pueblo Navarro e, con molto più impegno, quello conquistato dalla Coalición Canaria. La quale tuttavia ha sempre dichiarato che non avrebbe sostenuto un governo che includesse Vox, PPE e Sumar potrebbero contare sul sostegno dell’intero ventaglio dei partiti del cosiddetto «blocco delle investiture Sánchez», (i due partiti indipendentisti catalani ERC di sinistra, con 7 seggi e JuntsxCat di destra, 7 seggi, assieme ai due partiti nazionalisti baschi Bildu, di sinistra, 6 seggi, e PNV di destra, 5 seggi) arriverebbe a 172 seggi, uno in più rispetto al blocco di destra.
Anche se toccherà al Partito Popolare, in quanto partito di maggioranza, dar vita al primo tentativo di formazione del governo, non c’è dubbio che ben presto l’incarico toccherà ancora una volta a Pablo Sanchez, il quale non accetterà certamente di dar vita ad un governo di coalizione tra popolari e socialisti: la contrapposizione nel paese rende questa ipotesi impensabile per ambedue i partiti. Da parte sua Sánchez non potrà che riproporre la stessa formula di governo che ha caratterizzato quello precedente, ovvero un governo sostenuto sia pure dall’esterno dai partiti indipendentisti è regionalisti.
Comunque vada la situazione politica spagnola è destinata a vivere un periodo di incertezza e di governi certamente deboli perché i popolari e la destra di vox hanno la maggioranza nel Senato e quindi la seconda Camera potrà emendare le leggi, rallentando l’iter, immobilizzando l’azione del governo. È, quindi, probabile che alla fine di una trattativa, che sarà comunque complessa, si decida di andare ancora una volta ad elezioni in autunno, e non sarebbe la prima volta che questo accade in Spagna a così poca distanza dalle elezioni politiche dal risultato incerto.
Le cause del successo spagnolo
Se non è possibile, al momento, prevedere quali saranno gli sbocchi della situazione politica che si è creata alcune considerazioni tuttavia si impongono. La prima la prima riguarda certamente il ruolo dei media e dei sondaggi che avevano presentato quella spagnola come una situazione già decisa, nella quale certamente la destra, raccogliendo la spinta che viene dal clima generale politico che si vive in Europa e nel mondo, avrebbe trionfato. Così non è stato perché a crollare è stata Vox, formazione politica franchista, accreditata come la vera novità del panorama politico spagnolo, la
quale aveva conseguito un lusinghiero successo nelle elezioni provinciali appena tenutesi in Spagna. Sulla scorta di quel risultato si accreditava a questo partito un successo che non vi è stato, anzi il partito ha perso ben 19 seggi rispetto alla legislatura precedente, rappresentando di fatto l’anello debole dell’alleanza di governo futuro. Dal canto suo il Partito Socialista è riuscito a rimontare le posizioni attraverso una campagna elettorale che ha saputo porre l’accento sui successi ottenuti dal governo in materia economica, con un’inflazione vicino al 2%, fra le più basse d’Europa, con una situazione economica buona, con l’approvazione di leggi di apertura della società alle esigenze delle minoranze – a volte è anche eccessive – e tuttavia si è caratterizzato per una politica migratoria miope e feroce che ha tenuto lontane le masse di immigrati dal paese, al prezzo di sacrificare principi e ideali. Altro elemento debole della politica governativa è stato quello relativo alla guerra ucraina, rispetto alla quale il governo Sánchez si è allineato alle posizioni filo – occidentali in modo pedissequo, guadagnandosi in questo modo la neutralità a livello internazionale e al tempo stesso la benevolenza in ambienti comunitari.
Queste furbizie e ambiguità del governo non sarebbero tuttavia bastate senza una politica interna decisamente progressista che ha saputo coniugare diritti e sviluppo economico e soprattutto ha saputo incidere in modo rilevante, con una legislazione illuminata e all’avanguardia, in relazione all’occupazione e alla lotta al precariato, preparando attraverso la stabilità maggiore dei posti di lavoro un futuro migliore per le generazioni future del paese. Questo afflato di lunga durata della politica governativa è forse uno degli elementi che ha consentito la rimonta politica del partito, inducendo gli
elettori a domandarsi che cosa avrebbero perduto con un possibile cambio della direzione politica del paese.
Da un punto di vista più squisitamente politico nel successo del Partito Socialista ha giocato un ruolo determinante l’audacia politica di Pedro Sànchez, il quale, intelligentemente e coraggiosamente, ha sciolto il Parlamento all’indomani della sconfitta elettorale nelle elezioni provinciali ed è andato senza timore al confronto elettorale, fiducioso di riuscire a riguadagnare le posizioni perdute a causa dei tanti compromessi nella gestione locale del potere che hanno causato la sconfitta alle elezioni provinciali. Un altro elemento del successo relativo della sinistra, o comunque del contenimento della vittoria della destra, è stato il risultato elettorale della coalizione di Sumar che è certamente riuscita a superare in qualche modo, sia pure sotto la spinta delle necessità elettorali, le tante contrapposizioni fra i diversi partiti che la compongono, e a superare quindi la crisi nella quale i partiti di sinistra della coalizione avevano gettato il precedente esecutivo.
La lezione delle elezioni spagnole
Quando è avvenuto in Spagna dimostra alla sinistra europea in crisi alcune cose che dovrebbero servire, o potrebbero servire, come base di partenza per il suo rilancio. Innanzitutto è necessario che un partito di sinistra abbia una politica identitaria in materia di lavoro, di legislazione sul lavoro e di dignità dei lavoratori e delle lavoratrici: in questo senso l’intervento attraverso leggi contro la precarietà, che costituisce il vero dramma delle nuove generazioni, è stato essenziale per dimostrare la tenuta sociale della politica governativa proposta dal Partito Socialista Spagnolo. Vi è poi il tema dei diritti, anch’esso necessario da sostenere, perché le tante minoranze che oggi caratterizzano la società, la frammentazione in gruppi di interesse che la costituiscono, e che ne inquina una lettura secondo gli schemi esclusivi della lotta di classe – queste componenti – sono essenziali a costituire un’alleanza nella società di tipo trasversale che, tuttavia, deve ruotare intorno ad un nucleo portante e fondamentale che è costituito e rimane per un partito di sinistra quello degli interessi di classe, quello dell’economia, del lavoro, del benessere materiale della popolazione.
In altre parole il PPE è riuscito a costruire un fronte di alleanza di classe che è il risultato capace di contrastare il ritorno delle destre le quali, da parte loro propongono un diverso schema di alleanza sociale che usa come perno le tante corporazioni che costituiscono la società capitalistica, per proporre un corporativismo rivisitato, un’alleanza di ceti, cementati dalla tradizione, dalla religione, da valori residuali che costituiscono il bagaglio tradizionale della destra, e che fanno perno sulla paura del nuovo, del diverso, dell’incertezza del vivere di quello che cambia, di ciò che non si
comprende e non si vorrebbe.
È il caso di dire che nelle elezioni spagnole si sono scontrati i due mondi, due mondi ambedue presenti nella società oggi, dei quali la sinistra deve tenere conto, avendo una doppia preoccupazione: quella di guardare ai propri valori, renderli riconoscibili, lottare per essi, cercare di imporli; al tempo stesso, però, capire qual è l’avversario che ha di
fronte, quali sono le sue richieste, quali sono le sue esigenze. quali sono i suoi bisogni, cercando in questo modo di prevenirne le paure e i timori, evitando che l’incertezza del domani suggerisca di affidarsi ad una gestione della società regressiva. Questo perché fare politica significa farsi carico della globalità e della complessità della società nella quale si vive, avere una visione chiara e lucida del tempo e della fase dello scontro di classe che comunque si vede.
I riflessi in Europa
L’esito elettorale spagnolo suggerisce alcune considerazioni anche relative alla politica europea, caratterizzata in questo periodo dall’agitarsi scomposto e frenetico della “guapa” della Garbatella,come ama auto definirsi la Meloni, che cerca di rimborsi con il suo gruppo dei conservatori europei, come l’ago della bilancia dei futuri equilibri della
Commissione Ue. Il suo comizio aggressivo, arrogante, assertivo nei toni, rivestito di orgoglio nazionalistico e matriarcale ha arrecato tanto danno al partito che desiderava sostenere, rendendo palese la pericolosità del suo essere regressiva e della pericolosità delle sue proposte e dei suoi programmi. Il suo progetto politico complessivo, stante i risultati, sembra cominciare a mostrare la corda e andrà comunque sottoposto ad ulteriori verifiche, costituite dai risultati delle elezioni polacche ed olandesi che diranno una parola significativa sugli equilibri politici futuri nei diversi paesi d’Europa.
E per questo motivo che la sinistra deve guardare con attenzione all’esperienza spagnola e prendere da essa la lezione profonda che ne deriva, cercando di capire la complessità dei rapporti sociali e di classe in questo momento, analizzando con attenzione e prendendo atto dell’esistenza di una questione città – periferie in Europa, della questione contadina, analizzando l’impatto delle politiche contro il cambiamento climatico con quelle di contenimento dei costi sociali che comporta, rapporto che va comunque trovato nell’interesse di lavoratrici e lavoratori di tutta Europa.
Gianni Cimbalo