Usa e getta (prima parte)

I soloni della carta stampata e dei talk show liquidano qualsiasi critica agli USA, secondo loro la migliore democrazia del mondo, come un atteggiamento snobistico e di maniera; ma una superficiale occhiata alla storia e alle continue malefatte dell’autoproclamata Repubblica degli Stati Uniti d’America li smentisce clamorosamente, per cui o sono idioti o sono in malafede: forse l’uno e l’altro insieme.

Un pessimo inizio

La storia del “paese più democratico del mondo” ha fin dal suo inizio come segno distintivo l’intolleranza [1]. La base dei primi coloni, infatti, era costituita da emigrati appartenenti a sette religiose perseguitate in patria, che si portavano dietro la chiusura mentale e la rigidità di principi morali propri di società ristrette; le donne non avevano diritti, dovevano servire il “capo famiglia”, fare figli numerosi e condurre l’economia domestica. Allorché i figli maschi si sposavano a loro volta, ottenevano terra e bestiame, le ricchezze di una società basata sull’agricoltura: la diaspora familiare rese insaziabile la ricerca di nuove terre da coltivare e mettere al pascolo e ne fecero le spese i nativi, i cosiddetti indiani. Essi avevano accolto pacificamente e generosamente i nuovi venuti, tanto da consigliarli su quali fossero le specie endemiche da coltivare ed allevare [2]. Ma non furono ripagati con la stessa moneta. Già l’arrivo dei coloni europei portò malattie sconosciute nel nuovo continente, che furono devastanti per la popolazione autoctona [3]. La sete di sempre nuove terre spinse gli invasori a fare guerre cruente contro le inermi tribù di cacciatori che abitavano quelle plaghe, tanto che da 5 milioni di individui, tre secoli dopo si erano ridotti a poco più di 600.000 [4]. I resti furono abbrutiti con l’alcool e rinchiusi in riserve. Ci furono anche casi in cui i bianchi dettero a coloro che essi consideravo un ostacolo alla conquista della terra che ritenevano a loro destinata, come una specie di terra “promessa” [5], delle coperte appositamente infettate con il vaiolo [6]. Di tali prodezze i colonizzatori hanno fatto una specie di epopea, celebrata nei film di Hollywood, dove, come sempre i cattivi sono gli altri, è lo spirito della frontiera, quello che segna negativamente il famoso “american way of life”, che loro amano tanto e che vorrebbero imporre a tutti gli altri.
Ma la storia non finisce qui. Tra il 1846 ed il 1848 la nuova nazione mosse guerra al Messico, impadronendosi di un territorio pari ad un terzo di quello già in loro possesso (California, Nevada, Utah, la maggior parte dell’Arizona, la parte ovest del Nuovo Messico, il quarto ovest del Colorado e l’angolo a sudovest del Wyoming). Questa rappresenta la terza più vasta acquisizione territoriale della storia nordamericana, ma mentre le due principali acquisizioni (Luoisiana e Alaska) avvennero per acquisto, la porzione messicana fu frutto di una guerra molto feroce, costellata di atrocità contro la popolazione inerme, perpetrata dalle truppe del generale Winfield Scott [7]. Le truppe statunitensi cantavano la loro canzone “Green Grow the Rushes”, da cui il soprannome dato loro dai messicani di “gringos”.

Una guerra civile per il potere

Tra il 1861 ed il 1865 la nuova nazione fu squassata da una sanguinosa guerra civile. La rappresentazione che ne viene fatta ci racconta di un gruppo di Stati del nord che si battono per l’abolizione della schiavitù imperante in quelli del sud. Come sempre, le motivazioni ideali lasciano il tempo che trovano. La struttura produttiva degli Stati si era col tempo differenziata: il sud basava la propria economia sulla produzione del cotone (e quindi sulla schiavitù) e sulla sua esportazione; quindi, propendeva per il libero commercio con l’estero; il nord conosceva un inizio di produzione industriale e, temendo per la sua iniziale fragilità la concorrenza delle merci di importazione, propendeva per il protezionismo. I Confederati del Sud chiesero di scindere il patto sottoscritto per la costituzione degli USA e si proponevano di fondare una comunità autonoma, ma il Governo centrale vi si oppose. Nonostante Abraham Lincoln avesse basato la sua campagna elettorale sull’abolizione della schiavitù, non appena divenuto Presidente si affrettò a dichiarare che non era sua intenzione imporre alcuna legislazione in tal senso agli Stati. Ma le ragioni della scissione, come visto, erano di altra natura e quindi i sudisti mossero guerra, sperando che i paesi europei favorevoli al libero scambio sarebbero intervenuti in loro aiuto; le forze in campo erano decisamente impari [8] e l’esito della guerra senza aiuti esterni era scontato. V’è un ulteriore considerazione da fare: la nascente industria nordista necessitava di una massiccia introduzione di manodopera e la liberazione degli schiavi era l’arma adatta per procurarsela.[9]

Le guerre mondiali

Le due grandi guerre che hanno segnato la prima metà del ventesimo secolo hanno visto entrambe l’intervento successivo allo scoppio degli USA. In entrambi i casi sono state tirate in ballo le più nobili intenzioni (difesa della democrazia, libertà della vecchia Europa, etc., un bagaglio ben noto); ma la realtà è più prosaica. Nel primo conflitto del 1914-1918, gli Stati Uniti sono entrati molto tardi, il 6 aprile del 1917, quando la Russia, a causa della Rivoluzione di febbraio, iniziò a diminuire il proprio impegno. L’intervento Usa apportò materiali bellici e truppe fresche in sostituzione di quelle esauste dopo una lunga e logorante guerra di trincea. Il Presidente Thomas Woodrow Wilson abbandono la dottrina Monroe [10] per due buoni motivi. Il primo è che la guerra sottomarina senza limiti dei tedeschi nell’Atlantico minava le esportazioni statunitensi verso i belligeranti dell’Intesa, commercio che aveva consentito agli USA di uscire da una grave crisi economica. Il secondo motivo è che così gli Stati Uniti entravano a pieno titolo nell’arengo delle potenze mondiali, sedendosi da vincitori al tavolo di Versailles; il costo di vite umane fu elevato (116.000 militari e ovviamente nessun civile, visto dove si svolgevano le operazioni), ma irrisorio rispetto a quello pagato dagli altri belligeranti [11], non tutti con peso analogo a quello statunitense nelle trattative di pace.
Il caso del successivo conflitto mondiale è ancora più emblematico. Ancora una volta gli USA entrarono in guerra due anni dopo lo scoppio della guerra, l’8 dicembre 1941, dopo l’attacco giapponese alla base navale statunitense di Pearl Harbour senza preventiva dichiarazione di guerra da parte dei nipponici il giorno precedente. La mitica narrazione
statunitense racconta di un imponete sbarco degli alleati in Normandia e di una avanzata vertiginosa in Europa; dimentica però che le truppe del Führer erano quasi tutte impegnate nel fronte orientale [12], dove quelle sovietiche le avevano fermate e respinte, pagando un prezzo di vite elevatissimo (si calcola dai 20 ai 30 milioni), l’avanzata sovietica fu altrettanto rapida, tanto che essi arrivarono a Berlino prima degli anglo-americani, determinando la caduta del Terzo Reich. Ancora una volta gli statunitensi riscossero un bel premio economico dalla vittoria, finanziando la ricostruzione dell’Europa con il cosiddetto “piano Marshall”[13]. Ottennero anche un grosso vantaggio geopolitico: nella spartizione avvenuta alla conferenza di Yalta si riservarono il controllo strategico dell’Europa occidentale.

L’ossessione sovietica

Gli alleati che avevano combattuto contemporaneamente il nazismo e che si erano divise le influenze sugli scacchieri internazionali alla Conferenza di Yalta, si trovarono ben presto in competizione. Gli USA fecero sapere subito all’ex alleato che possedevano già la terribile “arma di fine di mondo”, la bomba atomica sganciandola su di un Giappone stremato e prossimo alla resa; le vittime furono immediatamente superiori alle 200.000 e si succedettero a lungo nel tempo, tutte tra la popolazione civile. Il crimine di guerra più devastante di tutti i tempi [14]. Ma le cause della “guerra fredda”, durata dal 1947 al 1989 sono da ricercare, come sempre nell’economia: una commissione, guidata dal banchiere
Paul H. Nitze, fu chiamata per trovare una soluzione al problema della disoccupazione in crescita nel paese a causa della fine delle commesse belliche; la risposta fu trovata nella prospettiva di creare un clima di guerra permanente[15] ed il nemico fu individuato in Stalin. Il Presidente Harry S. Truman accusò l’URSS di fomentare la rivolta comunista in Grecia, quando invece essa era aiutata dal maresciallo Tito e Stalin si era reso disponibile a sostenere il governo greco voluto dai britannici. Le sfere di influenza decise andavano rispettate e la Grecia doveva rimanere nell’ambito “occidentale” per cui i britannici intervennero pesantemente mentre Stalin non appoggiò la guerriglia comunista nata dalla resistenza all’occupante tedesco e italiano e la Iugoslavia tolse il suo appoggio: i comunisti furono sconfitti e perseguitati [16] ed in Grecia ricomparve la monarchia. Nessuno mosse un dito o proferì verbo; ma quando l’URSS attuò un colpo di Stato in Cecoslovacchia, abolendo l’ultima parvenza di democrazia, il mondo si scandalizzò pur rientrando il paese nella sfera di influenza che gli era stata riconosciuta nei trattati. Intanto la sindrome antisovietica dilagò negli Stati Uniti: nella “patria della democrazia” fu reso impossibile dichiararsi comunisti o semplicemente simpatizzare per il socialismo, era il periodo del maccartismo, [17] Iniziò, così, una lunga fase di contrapposizione armata, ma non belligerante, basata sulla reciproca deterrenza nucleare [18]. I conflitti si spostarono nelle periferie, lasciandone fuori l’Europa (Corea, Vietnam, Africa, etc. ma tanto loro non contano). La crisi più grave tra le due superpotenze nucleari si verificò nell’ottobre del 1962; gli USA avevano dispiegato missili a testata nucleare in Europa e per tutta risposta l’URSS aderì all’invito dei cubani di istallarne nel loro paese per evitare futuri tentativi di invasione degli statunitensi, che già ne avevano tentata una, fallita, alla Baia dei Porci.
La reciprocità non era ammessa dagli statunitensi ed il Presidente John Fitzgerald Kennedy schierò le navi da guerra a largo di Cuba, operando un blocco navale; la crisi sfiorata fu evitata per il ritiro delle navi sovietiche che rinunciarono all’impresa.

Dalla fine della “guerra fredda” un solo padrone

Il crollo del Patto di Varsavia e lo smembramento dell’ex-URSS fornisce agli Sati Uniti l’occasione per diventare l’unica potenza globale e quindi per imporre il proprio dominio a tutti gli altri, partner ed avversari; o almeno è quello che le varie amministrazioni succedutesi negli ultimi quarant’anni si immaginano. Sfugge loro che se la Federazione russa non è paragonabile all’Unione Sovietica, anzi attraversa un periodo di declino tanto da subire un Presidente, Boris Nikolaevič El’cin ubriaco e ben disposto ai voleri di Washington (tanto da prendere il 4 ottobre 1993 a cannonate un parlamento liberamente eletto, ma che ha il torto di essere in disaccordo con lui), un altro attore si sta affacciando nel panorama internazionale, con ben altre potenzialità: la Cina. Nonostante che nell’arco di trenta anni il nuovo protagonista cresca a vista d’occhio sia come produzione, che come finanza, ed infine come regista della globalizzazione, gli Stati Uniti continuano a fissare la propria spasmodica attenzione alla Russia, che sotto la guida di Putin ha una reviviscenza che la fa divenire di nuovo un attore di primo piano. Solo molto tardi essi capiscono che la vera minaccia al loro strapotere nel mondo viene dall’estremo oriente, ma anche con questa consapevolezza la Federazione russa rimane pur sempre nel mirino delle proprie attenzioni.

La polizia internazionale

Il diritto internazionale è di per sé un’utopia: non esiste alcuna autorità in grado di garantirne l’osservanza. A meno che qualcuno non abbia una forza tale da potere svolgere questo compito. Gli USA del dopo guerra fredda si convinsero di potere svolgere queste mansioni e si autoproclamarono “polizia del globo”; ovviamente lo fecero rivendicando il diritto di stabilire chi fosse in torto e chi avesse ragione. I problemi che sorsero furono sostanzialmente due: per prima cosa la ragione veniva sempre data a chi stava dalla loro parte; e secondariamente l’amara medicina veniva somministrata ai paesi più deboli, quelli che dovevano subire senza poter reagire. Resta inteso che le motivazioni delle violazioni dei diritti violati erano di pura facciata; quello che contava erano gli interessi materiali della nazione egemone. Fu pure, per la verità affermato, che gli Stati Uniti si riservavano di intervenire laddove essi ravvisavano un interesse specifico del proprio paese, ed in quel caso non valeva nessuna sovranità territoriale, nessun accordo sottoscritto, nessun rispetto delle regole che i paesi si fossero dati. Le truppe statunitensi battevano ogni continente senza distinzione di sorta, contro quelli che le amministrazioni mettevano nella lista degli “Stati canaglia”. Nei vari scacchieri, quello dell’America Latina in particolare, si fece ricorso anche ai finanziamenti ed agli aiuti di intelligence per rovesciare governi che non fossero in linea con le aspettative del governo della casa madre.

Un intervento nel cuore della vecchia Europa

Correntemente si sente dire che la guerra in Ucraina ci tocca da vicino perché si svolge nelle prossimità dell’Europa, zona pacificata dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale; ma non è proprio così. Poco più di venti anni orsono una guerra si è svolta proprio ai confini del nostro paese, nei Balcani, una guerra ricchissima di crimini efferati (alcuni puniti dal
Tribunale Penale Internazionale dell’Aia [19]) che è durata a lungo, dal 1991 al 2001, spostandosi in vari settori della penisola. Una guerra che sembra scomparsa dai riflettori dei media, che ha visto l’Italia pesantemente coinvolta nelle operazioni belliche e che, almeno nel caso del conflitto tra Serbia e Kosovo, ha inaspettate analogie con quella in corso in Ucraina, però con le parti rovesciate e con un evidente ribaltamento dei giudizi morali.

Serbia – Kosovo Russia – Ucraina
Muore il Maresciallo Josip Broz Tito (1980) e l’unione della Jugoslavia, che egli aveva saputo tenere insieme, nonostante le molteplici etnie, religioni e appartenenze
linguistiche che vi erano presenti inizia a sfaldarsi. Alcuni dei nuovi Stati trovano ben presto collocazione nell’area economica europea.
Crolla l’impero sovietico (1989) e le spinte centrifughe generano il sorgere di nuove entità statali (14) che per un po’ restano federati e poi prendono la loro strada. Tutti
questi paesi (con l’esclusione delle  Repubbliche baltiche) si caratterizzano per un regime autocratico e per la presenza di oligarchi che si sono impadroniti delle leve
economiche dei rispettivi paesi.
La Nuova Serbia (priva di Slovenia e Croazia) incorpora ancora popolazioni diverse che non mancheranno di rivendicare la propria autonomia, con conseguente scoppio di conflitti. L’Ucraina ha ancora, all’interno dei confini ereditati dalle ridefinizioni territoriali operate da Stalin e Chruščëv, gruppi linguistici diversi e soprattutto interessi economici
e politici diversi.
Particolarmente cruenta è stata la guerra con cui la Bosnia-Erzegovina (1992-1995) si è separata dalla Serbia, per la quale l’ONU aveva costituito una forza di interposizione. Più semplici le separazioni della Croazia del Montenegro e di quella che oggi si chiama Macedonia del Nord. Per circa quindici anni l’Ucraina permane nella sfera di influenza della Federazione Russa. Il forte legame tra l’oriente del paese (Donbass), a maggioranza russofona, e la predominanza economia della regione occidentale condiziona fino al 2004 la politica ucraina. Con la cosiddetta “rivoluzione arancione” gli equilibri del paese cambiano ed emerge la parte occidentale, più legata all’Europa e di lingua e cultura a maggioranza polacca [20].
La indipendenza del Kosovo è quella che ha segnato l’intervento militare della NATO nei conflitti balcanici; l’Alleanza entra apertamente in guerra con la Serbia,
incolpandola di massacri e pulizia  etnica.[21]
Nel 2014 nella capitale Kyīv, scoppia una protesta, fomentata dai nazionalisti, da elementi neonazisti e con la presenza di agenti e politici statunitensi, che con un voto di palazzo estromette il Presidente eletto, Viktor Janukovyč, originario del Donbass e filorusso. A Odessa dei manifestanti contrari alla sommossa
svoltassi nella piazza centrale della capitale, Maidan, vengono trucidati da facinorosi di estrema destra. Il Donbass si ribella e dichiara la propria indipendenza, provocando l’intervento dell’esercito ucraino.
La NATO bombarda la capitale serba, colpendo un ospedale e la sede della televisione. Al conflitto partecipa attivamente anche l’Italia. Ci sono vittime civili[22], ma nessuno si commuove per
i bambini serbi, e le vittime dei treni, degli autobus colpiti dalle bombe sono spiacevoli effetti collaterali. È probabile che furono
adoperati ordigni ad uranio impoverito ed oggi c’è un anomalo numero di tumori tra i bambini nati da genitori che hanno vissuto i giorni del conflitto. Nessuno ha invocato la giustizia internazionale, o ha minacciato ed attuato sanzioni economiche.
La federazione russa, facendo leva su quello che chiama il genocidio nazista della popolazione del Donbass perpetrato dall’esercito ucraino regolare e dalle milizie ad esso incorporate, invade la regione. Da quattro mesi l’opinione pubblica è bombardata da notizie giornaliere sul conflitto in corso in Ucraina, sulle atrocità commesse (ovviamente solo da un lato), sul numero di bambini deceduti.

(continua)
Saverio Craparo

[1] Uno dei quattro episodi del film del 1916 Intollerance, di David Wark Griffith si svolge proprio negli Usa del primo Novecento, d’altra parte lo stesso regista è stato sospettato di avere favorito la rinascita del movimento razzista Ku Klux Klan.                                         [2] Il giorno del ringraziamento (Thanksgiving Day in inglese) origina proprio da questo dono che i nativi americani fecero ai primi coloni in difficoltà.
[3] Forse fu questa una delle cause che consentì a Hernán Cortés Monroy Pizarro Altamirano (successivamente a volte anche chiamato Fernando Cortés) di conquistare l’impero Azteco con una forza numerica decisamente scarsa.
[4] http://omero.humnet.unipi.it/matdid/1033/14.%20la%20colonizzazione%20del%20nord-america.pdf.
[5] C’è una singolare assonanza con un’altra vicenda che ha luogo da circa un secolo in Medioriente.
[6] https://www.farwest.it/?p=423.
[7] I guerriglieri catturati venivano giustiziati, inclusi i prigionieri inermi, con la scusa che i messicani facevano lo stesso con gli statunitensi. Lo storico Peter Guardino conferma che il comando statunitense fu complice degli attacchi contro i civili messicani: minacciando le abitazioni, le proprietà e i familiari, incendiando interi villaggi, saccheggiando e violentando, l’Esercito statunitense tolse ai guerriglieri l’appoggio della
popolazione. https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_Messico-Stati_Uniti#L’occupazione,_le_atrocit%C3%A0_e_la_guerriglia.
[8] Il sud contava 9 milioni di abitanti contro i 22 del nord e ben presto l’esercito nordista superò il doppio di effettivi rispetto alle forze confederate.
[9] Nel film Quiemada di Gillo Pontecorvo il protagonista, un agente britannico giunto nell’isola immaginaria per fomentare la rivolta contro il governo centrale portoghese, parlando con la borghesia locale cerca di convince i suoi esponenti ad abolire la schiavitù con la seguente argomentazione: una moglie deve essere mantenuta anche nei momenti di infermità, mentre una prostituta si paga per il servizio effettuato e poi sono affari suoi; così uno schiavo è un capitale che va sostentato anche quando non può lavorare, mentre un operaio lo si paga a prestazione.                                                                                   [10] La cosiddetta “dottrina Monroe” risale ad un discorso sullo stato dell’Unione tenuto nel 1823 dal Presidente James Monroe, in cui veniva sostenuto che gli affari europei dovevano essere interesse esclusivo degli europei, mentre gli Stati Uniti avrebbero curato i loro interessi in America, senza reciproche interferenze.
[11] Alcuni esempi: Regno Unito, 886.939 militari e 109.000 civili; Francia, 1.397.800 militari e 300.00 civili; Belgio, 58.637 militari e 62.000 civili.
https://it.wikipedia.org/wiki/Conteggio_delle_vittime_della_prima_guerra_mondiale.
[12] Il generale Johannes Erwin Eugen Rommel, prima di cadere in disgrazia a causa di una congiura ai danni di Hitler, lo aveva avvertito che il fronte occidentale risultava troppo sguarnito.
[13] Recenti ricerche hanno dimostrato che le truppe statunitensi penetrarono nel territorio controllato dai sovietici per impadronirsi del tesoro nascosto dai nazisti al momento della caduta della capitale; l’ubicazione del nascondiglio era stata loro indicata dai nazisti entrati in contatto con l’armata statunitense e successivamente impiegati da loro come agenti dei servizi segreti. L’ingente ammontare di beni e di denaro accumulato dal regime nazista, spesso a scapito della popolazione ebraica, non fu restituito ai legittimi proprietari, ma fu la base del piano Marshall; quindi, gli Usa prestarono del denaro rubato e se lo fecero ripagare con gli interessi.
[14] È anche il caso di ricordare che se la prima bomba, quella di Hiroshima del 6 agosto 1945, poteva avere ancora una parvenza strategica, quella successiva del 9 agosto appare priva di senso; in realtà mentre la prima era costruita con U235, quella di Nagasaki era al Pu239, e quindi fu usata a scopo sperimentale per costatarne la differenza.
[15] https://osservatorioglobalizzazione.it/osservatorio/le-origini-della-guerra-fredda-e-la-nascita-del-complesso-militar-industriale/.
[16] “Le persone uccise sul fronte delle forze comuniste durante i combattimenti del 1946-1950 sembrano essere state quasi 20.000. Alla fine del 1949 il governo greco ammise che 50.000 persone erano state imprigionate in campi e prigioni, anche se potevano essercene ancora di più in quanto non sempre erano state registrate. L’elenco delle vittime da parte delle forze governative durante i combattimenti del 1946-1950 ammontava a circa 10.600 soldati e gendarmi uccisi, 31.500 feriti e 5.400 dispersi. Inoltre, circa 80.000 civili erano rimasti uccisi in un misto fra esecuzioni e casualità per mine e bombardamenti da entrambe le parti.” https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_civile_greca.    [17] Dal nome del senatore Joseph R. McCarthy, che scatenò per circa un lustro un’autentica caccia alle streghe contro i “rossi”; finirono sotto indagine e furono ostracizzati personalità dello spettacolo, della scienza della cultura e dell’amministrazione.
[18] MAD, Mutual Assured destruction, distruzione mutua assicurata, ma in inglese anche “pazzo”.
[19] Non tutti i paesi riconoscono la Corte Penale Internazionale, che quindi non ha giurisdizione in essi: tra di questi paesi figurano, la Federazione Russa, gli Stati Uniti d’America, Israele, il Sudan e l’Ucraina.                                                                              [20] https://www.lindipendente.online/2022/03/24/24-marzo-1999-quando-la-nato-riporto-la-guerra-in-europa/#:~:text=Il%2024%20marzo%20del%201999,giorni%20provocarono%20morte%20e%20distruzione. La Galizia, terra di confine tra polacchi e russi, da sempre acerrimi nemici, è stata annessa all’Ucraina dopo la Seconda guerra mondiale. Il nazionalismo ucraino ha la sua origine in questa terra; è questa la patria di Stepan Bandera, dove è considerato un eroe. “Gli uomini di Bandera, in nome del nazionalismo ucraino, hanno portato avanti una pianificata pulizia etnica in Galizia e Volinia uccidendo, secondo le stime più prudenti, 60mila polacchi. Durante l’alleanza con i nazisti hanno certamente contribuito, almeno indirettamente, allo sterminio della popolazione ebraica di quelle regioni, anche se non c’è accordo tra gli storici circa una loro attiva partecipazione al massacro degli ebrei. L’Oun non era un’organizzazione antisemita, eppure Bandera non esitò a disporre lo sterminio degli ebrei insieme a polacchi e russi, ma anche ad accoglierli nella propria organizzazione e a proteggerli dai tedeschi quando questo faceva comodo
alla causa nazionale. Bandera e i suoi hanno combattuto una guerra partigiana, cinica e spietata, non preoccupandosi di eliminare chiunque costituisse un ostacolo al predominio degli ucraini a ovest del Dnipro.” https://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Stepan-Bandera-l-eroecriminale-che-divide-l-Ucraina-154127.                                                       [21] Causa scatenante fu il cosiddetto massacro di Račak. Tuttora la versione ufficiale addebita ai serbi la scoperta di una fossa comune di “persone giustiziate” nel villaggio, da cui il nome dell’eccidio. Ma la versione ufficiale fa acqua e non collima con i racconti dei testimoni. La cosa più probabile è che l’Uck (Ushtria Çlirimtare e Kosovës), organizzazione armata kosovara inserita dall’Onu tra le organizzazioni terroristiche, abbia
preparato la scena da presentare ai giornalisti ammucchiando cadaveri di vittime del conflitto; il capo statunitense della missione militare, William Walker, accorso prontamente sul posto gridò subito al massacro, senza attendere alcuna verifica indipendente e con questo spinse l’Alleanza atlantica ad intervenire. https://www.panorama.it/news/dal-mondo/strage-bucha-ucraina-racak-kosovo; https://www.eastjournal.net/archives/102174;
https://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2001/01/18/Esteri/JUGOSLAVIA-DUBBI-SUL-MASSACRO-DI-RACAK_173400.php.                                                            [22] https://www.lindipendente.online/2022/03/24/24-marzo-1999-quando-la-nato-riporto-la-guerra-in-europa/#:~:text=Il%2024%20marzo%20del%201999,giorni%20provocarono%20morte%20e%20distruzione.