Mentre la legislatura si avvia alla fine alla scadenza naturale; deputati e senatori, maturano a settembre il diritto alla pensione e dopo l’esperienza fallimentare del ddl Zan, il PD di Letta ci riprova, portando alla discussione in aula due disegni di legge, quello sullo Jus Scholae e quello contenente “Disposizioni in materia di impiego farmaceutico e medico della cannabis e legalizzazione della coltivazione, detenzione e consumo personale della stessa e dei suoi derivati”, impegnandosi nella tutela dei diritti civili della persona [1] anche se sa bene che sarà difficile che vengano approvati prima della fine della legislatura.
L’iniziativa, da un lato, risponde oggettivamente ad esigenze della società civile, prova ne sia che queste tematiche erano oggetto di proposte referendarie respinte dalla Consulta, perché ritenute materia di competenza specifica del legislatore, dall’altro costituisce un’utile foglia di fico dietro la quale nascondere l’incapacità della sinistra di affrontare in Parlamento le tematiche relative alla tutela delle classi più deboli del paese e dei lavoratori e riempire di un barlume di vita le aule deserte della Camere, espropriate di ogni potere, dal commissariamento della Repubblica e delle istituzioni ad opera del demiurgo tutto fare, di fiducia del Presidente, così democratico da aver portato il paese a entrare in guerra senza alcun voto parlamentare esplicito.
Lo jus scholae
Il primo ddl, di appena due articoli, contiene modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, nelle parti in cui regolamenta le procedure per l’acquisizione della cittadinanza e stabilisce che “Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, che risieda legalmente in Italia e che, ai sensi della, normativa vigente abbia frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale, acquista la cittadinanza italiana. Nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola primaria, è altresì necessaria la conclusione positiva del corso medesimo”.
Un successivo decreto interministeriale definirà quali sono i requisiti essenziali che i percorsi di istruzione e formazione professionale devono possedere ai fini dell’idoneità a costituire titolo per l’acquisto della cittadinanza. È poi necessaria una dichiarazione di volontà, espressa dall’interessato, da un genitore legalmente residente in Italia o da chi esercita la responsabilità genitoriale, all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza del minore, entro il compimento della maggiore età. Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, l’interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza.
Tutto ciò premesso l’interessato acquista la cittadinanza se ne fa richiesta all’ufficiale dello stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età. Per definire il requisito della minore età si fa riferimento alla presentazione dell’istanza o della richiesta da parte di uno dei genitori o di chi esercita la responsabilità genitoriale.
Gli ufficiali dell’anagrafe dovranno comunicare ai residenti di cittadinanza straniera, nei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età del minore il diritto di usufruire di questa facoltà, indicando i relativi presupposti e le modalità di acquisto. L’inadempimento di tale obbligo d’informazione sospende i termini di decadenza
per la dichiarazione di elezione della cittadinanza.
Come si vede si tratta di una procedura estremamente semplice, che consente a bambine e bambini, ragazze e ragazzi, in nulla distinguibili da quelli in possesso della cittadinanza, che fanno gli stessi giochi, parlano lo stesso dialetto, frequentano le stesse scuole, si formano sugli stessi contenuti culturali dei loro coetanei, di godere pienamente nei loro diritti.
La destra xenofoba e parafascista, grida allo scandalo e invita ad insorgere contro il provvedimento, sostenendo che già oggi bambini e ragazzi godono pienamente dei diritti: possono andare a scuola e vengono curati dal servizio sanitario (e ci mancherebbe!), ma, ottusi come sono e in mala fede, trascurano i valori costituzionali di libertà ed uguaglianza violati perché questi ragazzi e ragazze hanno meno diritti. Basti considerare che il minore oggi non può lasciare il territorio nazionale fino al diciottesimo anno di età, quindi, non potrà, ad esempio, visitare i parenti rimasti all’estero o andare in Erasmus in un altro paese o fare una gita scolastica all’estero, con danni per la sua formazione culturale e la sua vita sociale: e così per tante altre cose. Perciò l’approvazione della legge appare come un provvedimento necessario e tardivo.
Opporsi a una misura che lascia irrisolto il problema di persone inserite nella vita sociale, produttori di reddito, perché adulte costituisce un non senso, e da credito a chi ipotizza un diabolico progetto di sostituzione etnica quando poi non sostiene politiche di crescita dei servizi sociali e di aiuto alle famiglie.
Coltivatori diretti per uso personale
Altro provvedimento in discussione è il ddl 231/18 che si compone di 6 articoli. Con il primo di essi apportano modifiche all’articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e s ostanze psicotrope, Repubblica prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossico dipendenza, di cui al decreto del Presidente della 9 ottobre 1990, n. 309. La nuova norma stabilisce che “è consentita a persone maggiorenni la coltivazione e la detenzione personale di piante di cannabis di sesso femminile nel limite di cinque e del prodotto da esse ottenuto in misura non superiore a cinque grammi lordi”, che costituisce la modica quantità tollerata per uso personale.
La detenzione di cannabis e dei prodotti derivati è consentita anche per ragioni terapeutiche in quanto attenua il dolore, in quantità maggiori, previa prescrizione medica e comunque nel limite quantitativo massimo indicato nella prescrizione. In essa il medico deve indicare: il cognome e il nome dell’assistito, la dose prescritta, la posologia e la patologia per cui è prescritta la terapia a base di delta-9-tetraidrocannabinolo (THC). La prescrizione deve recare la data, la firma e il timbro del medico che l’ha rilasciata. Il consumo dovrà avvenire in privato poiché è vietato fumare prodotti derivati dalla cannabis negli spazi pubblici o aperti al pubblico e nei luoghi di lavoro pubblici e privati.
Comunque chiunque – per qualsiasi motivo – intenda coltivare cannabis deve inviare, allegando la copia di un documento di identità valido, una comunicazione all’ufficio dei monopoli territorialmente competente, recante l’indicazione dei propri dati anagrafici e del luogo in cui intende effettuare la coltivazione. La coltivazione e la detenzione possono essere effettuate a decorrere dalla data di invio della medesima comunicazione».
Non è punibile cedere gratuitamente a terzi piccoli quantitativi di cannabis e dei prodotti da questa derivati, destinati al consumo personale nel limite massimo cinque grammi a meno che non si tratti persona minore o manifestamente inferma di mente.
Nei successivi articoli vengono soppresse le norme penali che puniscono le attività ora consentite e stabilite norme e procedure per regolamentare e migliorare le coltivazioni di cannabis per usi terapeutici. L’articolo 5, poi, individua procedure e interventi per promuovere, diffondere e propagandare procedure per combattere la tossicodipendenza, mentre l’articolo 6 della legge destina i proventi delle multe comminate per la violazione delle norme della legge alle attività di contrasto delle tossicodipendenze.
Gli effetti del provvedimento
Il provvedimento chiude la stalla quando i buoi sono scappati. Tutti sanno che ognuno può liberamente acquistare i semi di cannabis e mettere in piedi piccole coltivazioni casalinghe per uso personale acquistando sul libero mercato lampade idonee a stimolare la crescita e quant’altro occorre. Anche per questo motivo il provvedimento è prevalentemente diretto a regolamentare l’impiego farmaceutico della cannabis; non si liberalizza la produzione, ma si consente la produzione e vendita in regime «autorizzatorio», cioè controllato. Il provvedimento prende atto del fenomeno sociale sempre più diffuso tra gli adolescenti dai 13 anni in su, i quali si riforniscono da un mercato di micro-spaccio legato alla criminalità organizzata, che rischia di contaminare questa fascia di giovani con condotte illegali e penalmente rilevanti. Attingere a un mercato clandestino desta particolare preoccupazione poiché spesso alle sostanze vendute vengono aggiunti principi altamente nocivi, con il rischio di danni permanenti gravi. È stato calcolato che tra i giovani dai 15 ai 24 anni vi è un consumo occasionale di cannabis da una a cinque volte all’anno, mentre un 10 per cento ne farebbe un consumo quotidiano o più volte al giorno, spesso legato al policonsumo di sostanze diverse psicoattive o al fumo di sigarette. La procura nazionale antimafia stima che si tratti di 3 milioni di consumatori stabili e che basandosi sui quantitativi di cannabis sequestrata, è possibile dedurre che la reale quantità in circolo nel mercato possa essere di venti volte superiore, ovvero tra 1,5 e 3 milioni di chilogrammi all’anno, corrispondenti a potenziali 200 dosi pro capite. Se si stima un valore di 12 euro a grammo, tale commercio frutta intorno ai 20 miliardi di euro alla criminalità organizzata.
L’emanazione del provvedimento avrebbe l’effetto di eliminare le incongruenze derivanti dalle sentenze della Corte costituzionale in materia e molta parte dei processi che ingolfano i tribunali e riempiono le carceri (18.000 persone sono detenute in Italia per violazione del testo unico sugli stupefacenti e rappresentano il 67 per cento circa del totale dei detenuti, nette a disposizione di malati terminali o sottoposti a gravi sofferenze un farmaco lenitivo efficace e a costi accessibili. I sostenitori della proposta sono convinti che il consumo della cannabis non fa maggiori danni dell’alcolismo o del fumo di tabacco sui quali lo Stato esercita il monopolio lucrando profitti. Il consumo/detenzione/coltivazione
personale per i minori continuerebbe tuttavia a configurare illecito amministrativo secondo quanto previsto dalla normativa vigente ai sensi dell’articolo 75 del testo unico sugli stupefacenti.
Un passo avanti contro il proibizionismo e per affrontare le cause del disaggio sociale che spinge all’uso compulsivo di queste sostanze molti consumatori, non informati sugli effetti del ricorso massicci a queste sostanze che la nuova norma vuole evitare con una corretta informazione.
L’opposizione delle destre al provvedimento fa ipotizzare che saremo di fronte ancora una volta ad un’operazione preelettorale che purtroppo lascerà irrisolto il problema.
[1] Atti Parlamentari — 7 — Camera dei Deputati, XVIII LEGISLATURA A.C. 105-194-221-222-717-920-2269-2981-3511-A, TESTO UNIFICATO
La Redazione