L’impero in liquidazione

Il Regno Unito, che si erge ad alfiere della difesa dei diritti umani, ha deciso di deportare i migranti che giungono illegalmente nel paese secondo logiche coloniali. Dopo aver cercato di deportare i migranti irregolari nei territori d’Oltremanica, e poi in Albania, ormai privo dell’Impero, il paese si compra i favori della classe dirigente del Ruanda, non disdegnando di applicarne i metodi e le logiche coloniali.
Il 14 aprile la Segretaria di Stato per gli Affari Interni inglese Priti Patel, feroce avversaria dell’emigrazione benché essa stessa figlia di migranti, e il Ministro Ruandese per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale Vincent Biruta hanno firmato un accordo di cooperazione in materia di sviluppo economico e migrazioni che prende il nome di “Memorandum of Understanding (MoU) between the UK and Rwanda, Gov.uk (14 aprile 2022)”, ma per r approvarlo la ministra ha dovuto ricorrere a una rara procedura, l’emanazione di una “direttiva ministeriale”, assumendosi la responsabilità personale del progetto, dopo che i funzionari del dicastero avevano espresso dubbi sulla legittimità del piano. È la seconda volta in 30 anni che un ministro dell’Interno inglese fa ricorso a questa procedura.
Lo scopo dell’accordo dichiarato è il contrasto all’immigrazione illegale, il controllo delle frontiere e la repressione delle organizzazioni di trafficanti di migranti nel Regno Unito. Più modestamente quello reale e di mostrare il pugno di ferro per recuperare consensi tra l’elettorato conservatore isolazionista e esterofobo. Nell’accordo il Regno unito ha investito 120 milioni di sterline che verranno utilizzate per finanziare il sistema di asilo, alloggio ed integrazione dei rifugiati in Ruanda e ungere la classe dirigente del paese africano. Il fine pratico è quello di trasferire in Ruanda coloro che hanno raggiunto dopo il primo gennaio 2022 e da ora in poi il Regno Unito con mezzi considerati illegali dal governo britannico. Una volta raggiunto il paese, situato in Africa Orientale, dovranno richiedere lì lo status di rifugiato.
Presentando l’accordo, il Regno Unito ha annunciato anche un investimento di 50 milioni di sterline per rafforzare il pattugliamento dei propri confini, in modo da poter intercettare più facilmente i migranti irregolari in arrivo, e la prossima apertura di un centro di accoglienza temporaneo allestito nella stazione militare di RAF Linton, nel North Yorkshire, vicino a York (nel nord dell’Inghilterra). In questo centro, scrive il Financial Times, verranno probabilmente sistemati alcuni dei richiedenti asilo che non verranno mandati in Ruanda.
Nel corso dell’ultimo anno, l’immigrazione irregolare verso il Regno Unito è cresciuta molto: nel 2021 hanno raggiunto la costa inglese su imbarcazioni di fortuna oltre 28mila persone, un numero senza precedenti.

Una “soluzione” particolarmente perversa

Lasciando da parte la legittimità del provvedimento dal punto di vista del diritto internazionale e dello stesso diritto inglese, sempre più lontano dal tutelare i diritti umani – tanto che l’Alta Corte britannica ha autorizzato i voli per trasferire in Ruanda gli immigrati entrati illegalmente nel Regno Unito – si fa notare la perversione insita nel provvedimento che contiene elementi di tortura psicologica. Riportare infatti a migliaia di chilometri dalla meta persone che hanno percorso altrettanti tra pericoli di annegamento, fame, sete, repressione spesso procedendo a piedi significa uccidere la speranza, fiaccare la combattività, che è esattamente il crudele obiettivo del festaiolo Johnson.
Il sistema è stato copiato – e non a caso – dalla precedente esperienza di Israele che nel 2014 aveva firmato un accordo analogo con lo stesso Stato per liberarsi dei migranti non ebrei che entrano nel paese. Per convincere i migranti a aderire alla proposta essi venivano rinchiusi nel campo di concentramento di Holot, costretti a vivere in condizioni
terribili a meno di non richiedere essi stessi di essere esportati in Ruanda. Operando in tal modo lo Stato di Israele poteva sostenere che l’adesione alla procedura era volontaria!
Spacciare la delocalizzazione dei migranti come un atto volontario delle persone richiedenti asilo, rispettando così il diritto internazionale è quanto vuole fare anche Boris Johnson, nella speranza che serva da deterrente all’emigrazione, limitando il numero dei migranti clandestini che sbarcano sulle coste inglesi attraversando su gommoni o imbarcazioni di fortuna il canale della Manica.
Tanta insistenza dei migranti a scegliere come meta la Gran Bretagna dipende dal fatto che molti di loro hanno parenti nel paese, altri sono attratti dalle possibilità di lavoro, anche se privo di ogni garanzia e saltuario. La conoscenza della lingua inglese e l’esistenza di folte comunità di migranti costituisce un altro incentivo che fornisce una ulteriore motivazione alle scelte di persone per lo più provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa, che cercano di varcare la Manica anziché restare sul continente europeo.
L’accordo che prende il nome di “Migration and Economic Development Partnership” non è stato ancora pubblicato, e ci sono diversi dettagli da chiarire. L’accordo è applicabile a tutti i migranti irregolari arrivati nel Regno Unito dal 1° gennaio in poi, oltre che per quelli che arriveranno in futuro, ma diversi giornali britannici scrivono che
riguarderebbe solo i migranti maschi, adulti e senza familiari con sé, che arrivino nel Regno Unito su mezzi di fortuna, come ad esempio in piccole imbarcazioni o nascosti in camion.
Il governo britannico ha reso noto che chi vedrà la propria domanda accolta riceverà un permesso per stabilirsi in Ruanda, paese definito come «una delle economie in più rapida crescita, riconosciuta a livello mondiale per la sua accoglienza e integrazione dei migranti» anche se non è chiaro dove alloggeranno nel frattempo i richiedenti asilo, né se l’accordo abbia o meno una durata precisa. Per ora si sa che l’investimento di 120 milioni di sterline, è un «investimento iniziale» per finanziare «opportunità sia per i ruandesi che per i migranti».
Contro il provvedimento è stato presentato ricorso alla magistratura inglese che lo ha respinto solo una sentenza della Corte di Giustizia europea ha bloccato per ora l’efficacia del provvedimento governativo ma Johnson pensa di cogliere l’occasione per recidere il rapporto del Paese con la Corte, portando alle estreme conseguenze la Brexit che aveva come uno degli obiettivi qualificanti il recupero della piena giurisdizione dei tribunali britannici e il rifiuto di ogni altra giurisdizione.

Emigrazione e repressione

Un programma analogo è stato adottato dall’Australia, che trasferiva i migranti clandestini in Papua Nuova Guinea, ma è stato sospeso dopo tre anni per le polemiche che aveva suscitato. Vari esperti legali prevedono che il piano avrà difficoltà ad andare avanti anche nel Regno Unito, dove ha provocato ampie proteste da parte dell’opposizione laburista che lo ha definito un accordo «inattuabile e immorale» e di associazioni umanitarie come Amnesty International UK, secondo la quale l’accordo, oltre a infliggere ulteriori sofferenze ai migranti, costituisce un «enorme spreco di denaro pubblico».
Anche l’UNHCR (organismo delle Nazioni Unite) si è schierata contro le pratiche di esternalizzazione dei richiedenti asilo proposte nel patto. Concretamente alcune associazioni per u diritti umani hanno finanziato è sostenuto una causa davanti alla magistratura, sostenendo che l’accordo violerebbe gli obblighi legali del Regno Unito ai sensi della CEDU e della Convenzione sui rifugiati.
Per tutta risposta Boris Johnson ha più volte sottolineato che il Ruanda è uno dei paesi più sicuri al mondo, globalmente riconosciuto per i successi nell’integrazione delle persone migranti (sic!). Tuttavia, il direttore per l’Africa Centrale di Human Tight Watch, Lewis Mudge ha sottolineato come il Ruanda non è un paese sicuro; prova ne sia che
sono all’ordine del giorno la detenzione arbitraria, i maltrattamenti e la tortura in strutture di detenzione ufficiali e non ufficiali.
Inoltre, appena un anno fa, lo stesso governo britannico aveva richiamato l’attenzione delle Nazioni Unite ai casi di omicidio, sparizioni forzate e tortura in Ruanda e raccomandato al paese di condurre investigazioni più trasparenti e, soprattutto, di avviare più controlli e di fornire supporto alle vittime dei trafficanti, anche se detenute in centri di transito governativi.
Tutto ciò premesso l’esternalizzazione dei richiedenti asilo, come atto politico con funzione deterrente, per funzionare, dovrebbe risultare innanzi tutto credibile e in questo caso così non è perché gli ostacoli alla sua realizzazione sono diversi.
In primo luogo, per evitare di incorrere in controversie giudiziarie ogni caso di espatrio dovrà essere ben analizzato e quindi si creerà un contenzioso infinito. Diverse categorie di persone come i minori o gli individui riconosciuti come fragili sono esentate dal processo di ricollocazione. Ne sono ovviamente esclusi per ragioni politiche i profughi ucraini e tutto questo allungherebbe i tempi e complicherebbe la procedura. Infine, la flessibilità dell’accordo, lasciando la libertà alle autorità inglesi di permettere ad alcuni gruppi di persone di essere esentate, crea una situazione di incertezza che aumenta il disaggio a livellò sociale e politico. Così la soluzione data al problema alimenta le critiche all’azione di governo e rende sempre più palese la sua inadeguatezza come dimostrano i ben 148 voti contrari ricevuti nella consultazione del suo partito contro gli appena 211 favorevoli. D’ora in poi il premier viene a trovarsi nella posizione di “anatra zoppa”, come era già accaduto a Margaret Tacer, che, dopo un voto analogo, riuscì a restare in carica solo ancora per un anno e a Theresa Mey, che resistette solo pochi mesi. A salvarlo la guerra in corso in Ucraina per la quale continua a spendersi a nome del gruppo dirigente conservatore e in continuità con la Brexit.
È toccato ai ferrovieri aprire lo scontro con uno sciopero durissimo in corso. Auguriamo a Johnson il peggio!

La Redazione