Dalla GKN

Questo è parte del testo che l’assemblea permanente, con la presenza e la condivisione della Fiom nazionale e provinciale, ha approvato all’unanimità ieri, giovedì 16 giugno, a seguito di una lettera inviata dalla proprietà aziendale a tutti i dipendenti. Il
testo della lettera rimane e rimarrà per quanto ci riguarda materia interna. Il suo contenuto, e il meccanismo di ricatto implicito, crediamo invece si possa intuire. Per questo la nostra risposta è pubblica e costituisce una evidente allerta a tutte le reti solidali.
Avrete presto altre notizie. In ogni caso, ci si vede il 9 luglio. #insorgiamo

Ordine del giorno finale assemblea permanente dei lavoratori della GKN del 16 giugno 2022

1. Il presidio dell’assemblea permanente è a guardia della reindustrializzazione e degli accordi fin qua siglati. Chi fa la reindustrializzazione e rispetta gli accordi, non ha nulla da temere dal presidio. La necessità del presidio e la solidità della reindustrializzazione sono inversamente proporzionali.
2. Dal 9 luglio, noi abbiamo rischiato tutto per salvaguardare il patrimonio industriale dello stabilimento di Firenze. Tale patrimonio esce dal sito solo nella chiarezza di ciò che entra. Per il bene dei lavoratori, di tutto il territorio e di migliaia e migliaia di persone che ci sono state solidali.
La mobilitazione del territorio ha permesso di sconfiggere la delocalizzazione. Causa ed effetto vanno quindi completamente invertite: il problema non è ciò che esce dallo stabilimento, ma la mancanza di chiarezza su ciò che entra.
3. Siamo a una impasse nel rapporto tra le parti sociali, perché dal 24 di marzo in poi l’azienda ha mancato nel fornire evidenze chiare e un piano di discussione che permettesse a chiunque di indagare e approfondire la reale solidità della reindustrializzazione. L’azienda ha mandato di fatto a vuoto ben quattro incontri istituzionali: 31 marzo, 20 aprile, 27 aprile, 31 maggio. Ci hanno portato a farfalle.
E ora, invece di prendersi le proprie responsabilità come farebbe qualsiasi persona professionale e seria, gioca la carta del ricatto, tentando di colpevolizzare i lavoratori e la mobilitazione in corso dell’eventuale fallimento della reindustrializzazione.
4. Il 31 marzo l’azienda doveva presentare le proposte vincolanti dei nuovi investitori. Non avendolo fatto, si è determinata una mancanza di chiarezza su quali siano i nomi degli investitori e cosa li vincola ufficialmente al progetto.
Da ogni riunione siamo usciti – noi e anche le istituzioni, in verità – chiedendo la presenza degli investitori al tavolo, cosa che regolarmente è stata disattesa. Oltre a essere una violazione dell’accordo quadro, questo lascia tutte le parti sociali in una situazione che è così facilmente riassumibile: si può raccontare un domani che l’investimento è saltato per qualsiasi motivo plausibile, dalla guerra in Ucraina, al Mise, a Giorgetti, o alla Todde, fino a quei “gufi” del collettivo di fabbrica.
5. Di fatto l’azienda ha imposto a tutte le parti ai tavoli uno stato di attesa del closing. In primo luogo vorremmo capire cosa sia ad oggi questo closing, visto che sono cambiate più e più volte le modalità prospettate. L’azienda, ad esempio, inizi a rispondere seriamente su questo: in che cosa consisterà il closing? In secondo luogo, se non possiamo fare altro che attendere questo closing, attenderemo. E dopo potremo iniziare un confronto reale, basato sulla chiarezza del tipo di coinvolgimento degli investitori.
6. Abbiamo tutto l’interesse ad accelerare i tempi della reindustrializzazione. Da febbraio abbiamo chiesto e suggerito di iniziare a regolamentare bacini di competenza e reclutamento, di non sottovalutare le competenze in uscita, di iniziare a svuotare le culle con i pezzi, di svuotare le macchine rimaste ferme, di ripristinare il servizio pulizie, ecc. A un certo punto abbiamo desistito perché qualsiasi discussione era deviata e sovrastata dall’urgenza da parte aziendale di parlare solo e soltanto di ciò che esce dallo stabilimento.
7. Gli elementi che fanno sorgere il forte sospetto che Qf abbia come prima preoccupazione la gestione della ritirata di Gkn e di eseguire la delocalizzazione in modo dolce si sono andati moltiplicando. Non sappiamo se questo sia il risultato
di accordi precisi tra Qf e Gkn, ma in ogni caso tali accordi sono a noi sconosciuti e comunque fatti sopra le nostre teste.
8. Scrivere che gli operai “sono indotti a pensare” significa presentarci come povere vittime di cattivi maestri e di qualche erbaccia. Di solito l’erbaccia la si estirpa. Queste parole alludono evidentemente a un tentativo di successivo attacco all’attuale rappresentanza sindacale e ai membri più attivi nel collettivo di fabbrica.
9. Il sito non è “ostaggio” di nessuno ma è sotto la verifica di una mobilitazione sociale, legittima e democratica. Tale mobilitazione si esprime attraverso l’assemblea permanente. Chi porta lavoro (lavoro vero e non per passare il tempo) e seri piani industriali, non ha proprio nulla da temere da questo meccanismo.
10. Ricordiamo che due settimane fa un esponente di Gkn Vigo si è “intrufolato” nello stabilimento. I lavoratori in presidio hanno sventato questo raggiro ai danni del dottor Borgomeo che si è dichiarato all’oscuro di quanto stava accadendo. Ancora una volta il collettivo di fabbrica e i volontari in presidio dell’assemblea permanente si meriterebbero una bella medaglia.
11. Stigmatizziamo ogni eventuale possibile tentativo di usare i corsi di formazione, le mappature di competenze e i job posting in chiave “politica” di divisione dei lavoratori e di indagare le loro convinzioni sindacali e la loro adesione al collettivo di fabbrica.
12. Fatto salvo i lavoratori che rinunciano volontariamente alla rotazione, la rotazione dalla cassa integrazione tra tutti i lavoratori deve essere egualitaria, in tutti i reparti
13. L’azienda ha detto in diverse sedi che “i soldi non sono un problema”, salvo poi ventilare possibili fallimenti in seguito a mancate casse integrazioni o a cifre ben più piccole dei milioni di euro di investimenti promessi. Si faccia chiarezza sul reale stato finanziario di Qf e sulla reale solidità finanziaria del progetto.
14. L’azienda, invece di tentare di dividere i lavoratori o organizzare palchi in mezzo all’officina, si metta a un tavolo a spiegare seriamente del closing, a stilare un vero cronoprogramma di messa a terra del piano industriale, di ciò che esce e di ciò che entra e preparare un robusto accordo a latere di una eventuale cassa di transizione. Questo è quello che chiediamo da mesi. Non esiste quindi nessun muro contro muro, ma un’azienda che ci ha portato sistematicamente, a noi e a tutti i tavoli connessi, a spasso in discussioni sterili.

Approvata dall’assemblea dei lavoratori giovedì 16 giugno 2022