La guerra tra Russia e Ucraina produce danni collaterali, in Africa. L’invasione russa dell’Ucraina ha evidenziato una stretta alleanza tra la Chiesa Ortodossa Russa e lo Stato. I loro rapporti sono regolati dalla sinfonia che distribuisce i ruoli delle due entità nella gestione della società negli Stati a maggioranza ortodossa. Ma la Chiesa Ortodossa Russa ha fatto di più e fin dall’ascesa al potere di Putin ne ha tracciato il programma politico, ha disegnato i destini della nazione, assegnando alla Russia la custodia e la difesa dei valori tradizionali della Russia profonda dei quali la Chiesa russa è depositaria e gelosa custode. La Chiesa è divenuta strumento della politica di potenza dello Stato e lo
Stato supporta la Chiesa nel realizzare, anche nell’ambito delle Chiese ortodosse, il primato, che identifica nella Chiesa Ortodossa Russa la terza Roma.
Il potere oligarchico di Putin, vuoto di valori e fini sociali, nemico dell’ideologia e proteso al profitto più sfrenato, ha accettato di buon grado l’innesto, ben consapevole che si trattava soltanto di utilizzare quest’insieme di valori e tradizioni per alimentare gli strumenti di dominio degli oligarchi sulle classi meno abbienti, mentre l’élite poteva tranquillamente vivere e praticare i valori occidentali. I sostenitori di questi valori “tradizionali” sono convinti che questo universo valoriale è quello più adatto per gestire le classi subalterne, in Russia come ovunque nel mondo, in quando li induce ad accettare l’obbedienza e la subordinazione verso una gestione del potere autocratica, legittimata nell’esercizio del comando per designazione tra una ristretta cerchia di candidati che si impongono nella società attraverso una selezione “naturale” tra le persone più solerti e capaci, nell’intessere alleanze di potere sufficientemente solide da acquisire il controllo della società (altrimenti dette autocrazie o democrature).
Per il Governo russo come per la Chiesa Ortodossa Russa questo modello di selezione delle élite e delle classi dirigenti appare particolarmente adatto al contesto sociale dei paesi africani, nei quali i processi di elaborazione della selezione delle classi dirigenti risentirebbero fortemente delle appartenenze etniche e sovente non possono contare sulla
sedimentazione di una classe borghese che ambisce di ottenere attraverso un percorso competitivo la gestione del potere, dando vita a strutture democratiche di tipo occidentale. In questi contesti diviene importante il supporto che chi incarna il potere di gestione delle istituzioni può ricevere dalla confessione religiosa che riesce ad imporsi nella società.
Di questo è fermamente convinta la Chiesa Ortodossa Russa che, analizzando le attività di conversione è proselitismo, ha rilevato che quell’area del modo, che può essere definita come l’Africa nera, va considerata come un’area con popolazione giovane e tendenzialmente sensibile alla religione, al punto da essere quella nella quale si registra il più alto numero di conversioni al cristianesimo.
L’Africa è, già oggi, il continente più cristiano del mondo, con 650 milioni proseliti. Nei paesi che fanno parte di quest’area il 60% della popolazione ha meno di 25 anni, e costituisce un serbatoio di potenziali nuovi fedeli, ma a trarne maggior vantaggio sono le Chiese evangelicali, su impulso del proselitismo senza sosta messo in atto dai missionari
statunitensi e sponsorizzato dal Governo USA. In molti paesi africani questa presenza religiosa si è trasformata in presenza politica, portando al potere personaggi che ostentano la loro appartenenza confessionale, lasciandosi condizionare nelle scelte di governo. Emblematico in tal senso il caso dell’Etiopia, dove è stato rotto il plurisecolare
monopolio ortodosso, i pentecostali evangelici compongono il 19 % della popolazione e il Presidente, Abyi Ahmed, che appartiene a questa confessione, ha imposto a livello sociale la “teologia della Prosperità”, che dei pentecostali costituisce il programma politico ed etico.
Il nucleo di questa «teologia» è la convinzione che Dio vuole che i suoi fedeli abbiano una vita prospera, e cioè che siano ricchi dal punto di vista economico, sani da quello fisico e individualmente felici. Per raggiungere questo scopo basta il potere della fede che può modificare le concrete realtà materiali. La diretta conclusione di questa convinzione è
che la fede può condurre alla ricchezza, alla salute e al benessere, mentre la mancanza di fede porta alla povertà, alla malattia e all’infelicità . Questo progetto politico sta infettando Nigeria, Kenya, Uganda e Sudafrica.
In questa situazione l’Africa rischia di essere strangolata dalle religioni e spinta verso uno scontro tra i fedeli delle diverse confessioni che in alcuni paesi è già iniziato: in questa situazione la presenza ortodossa, sostenuta economicamente dallo Stato russo e dagli interessi economici che esso supporta, costituiscono un ulteriore elemento di
complicazione della situazione politica e sociale e danno vita a un nuovo terreno di scontro tra russi e statunitensi.
In nome dell’ortodossia
Queste condizioni fanno si che si realizzasse una convergenza tra gli interessi del Governo russo, la cui politica estera verso questi Stati è sempre passata attraverso la vendita di armi e il sostegno politico e militare delle élite al potere, e le preoccupazioni della Chiesa Ortodossa Russa, che dichiara di veder compromessa la presenza dell’ortodossia nel continente, accusando del fallimento il Patriarcato che ha la giurisdizione su quest’area, quello di Alessandria e di tutta l’Africa, una Chiesa ortodossa autocefala, di liturgia greca, fondata tra il II e il III secolo dopo Cristo, con sede ad Alessandria d’Egitto. Si tratta di una Chiesa che ricopre il secondo posto per importanza tra i Patriarcati ortodossi. Un Patriarcato strettamente legato a quello Ecumenico che ha sostenuto la decisione di questo di concedere l’autocefalia alla Chiesa Ortodossa Ucraina, insidiando così la giurisdizione della Chiesa Russa sull’Ucraina. Quale migliore occasione per punirlo, distruggendone ruolo e funzione e riducendolo ad una struttura senza giurisdizione territoriale come il Patriarcato Ecumenico?
Perciò nella sua riunione del 24 marzo 2022 il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Russa ha deciso di costituire l’Esarcato Patriarcale d’Africa, quale suddivisione canonica della Chiesa Ortodossa Russa, creata per “coordinare le attività religiose ed educative, editoriali, sociali, educative e missionarie delle diocesi e di altri suddivisioni canoniche
della Chiesa Ortodossa Russa situate sul territorio dell’Esarcato e incluse nella sua composizione.” Ne fanno parte tutti gli Stati del continente africano, suddivisi in due diocesi: quella del Nord Africa e quella dell’Africa del sud.
L’operazione farebbe pensare al punto di arrivo di un lungo e faticoso lavoro missionario e di evangelizzazione, ma non è così: pastori e fedeli provengono nella stragrande maggioranza da quello che fu il clero e furono i fedeli del Patriarcato di Alessandria e di tutta l’Africa. Si mormora che l’esodo di massa di pastori e fedeli è stato “agevolato” da
uno stipendio assicurato ai pastori per il tramite della Chiesa madre e al fine di promuovere buone relazioni con i paesi africani ai quali i pastori, opportunamente istruiti, hanno avuto il compito di spiegare i vantaggi di un rapporto sinfonico tra Chiesa e Stato per la stabilità del potere e delle istituzioni.
L’iniziativa, se è certamente efficace per “punire” il Patriarcato di Alessandria e lanciare un messaggio agli altri Patriarcati Ortodossi, ed è quindi funzionale alla politica panortodossa del Patriarcato di Mosca, dubitiamo fortemente che verrà apprezzata dagli Stati africani, i quali o trovano più interessante e concreta la fornitura di armamenti, ed ora, dopo
l’embargo occidentale alla Russia, la vendita di petrolio e di derrate alimentari o, e sono la gran parte, preferiscono la politica di partenariato di Pechino, che con i suoi investimenti nella costruzione di infrastrutture sta legando a se il continente in modo efficace e duraturo.
Non sarà comunque la Chiesa Ortodossa Russa, con le sue attività confessionali, a preoccupare il Dipartimento di Stato e ad arginare la penetrazione neoevangelicale in Africa, ma ad essere importante è ciò che viene fatto per ridurre ruolo e operatività del Patriarcato Ecumenico.
Da parte nostra è bene attrezzarsi per dire con chiarezza ai popoli dell’Africa, che del resto l’hanno da tempo provato sulla propria pelle, che le religioni e loro guerre, come le guerre tra gli Stati uccidono i proletari e muovono guerra alla lotta di classe, alla loro libertà, al loro benessere. Le conversioni, le rinascite promesse dalle religioni e nelle
nuove verità senza l’emancipazione dal bisogno sono solo chiacchiere, o come si diceva efficacemente una volta, oppio dei popoli.
G. C.