Vladimir Vladimirovich Putin è nato il 7 ottobre 1952 a Pietroburgo e fino al crollo dell’URSS ha fatto parte del servizio segreto dell’URSS. Dopo il crollo dell’URSS, Putin si è riciclato: sgomitando, intrallazzando, rubando, facendo favori, ha intessuto una serie di proficue alleanze basate sui crimini che via via commetteva. Ad appena
otto anni dall’inizio della sua carriera di imprenditore-burocrate, nel 1999, è divenuto Primo Ministro della Russia e, successivamente, si è alternato tra questa carica e quella di Presidente della Russia, carica che egli ricopre ininterrottamente dal 2012.
Per raggiungere questo risultato – sarebbe necessario almeno uno scaffale di biblioteca e una cineteca, tante sono le prove a riguardo – sono state commesse da lui o da suoi incaricati un impressionante numero di azioni criminali, (assassini, avvelenamenti, attentati dinamitardi e ogni altra nefandezza possibile). Putin ha progressivamente eliminato complici e avversari, si è enormemente arricchito, ha dato vita a un sistema oligarchico, ha trasferito il 35% delle ricchezze della Russia nelle mani di poco più di 100 persone, trasformando gli altri in percettori di un reddito medio inferiore a quello di un abitante dell’India. Tutto vero, ma in tutto ciò è simile a molti campioni dell’occidente come Erdogan, per citarne uno!
Fra i suoi delitti più efferati l’assassinio della giornalista Anna Stepanovna Politkovskaja, fatta assassinare a Mosca il 7 ottobre 2006, per aver osato indagare sui crimini commessi per suo ordine in Cecenia, e l’assassinio di tanti altri noti e meno noti che hanno osato opporsi all’attuale Presidente della Russia.
Tuttavia, non sempre gli assassinii commissionati da Putin sono giunti a buon fine: è il caso di Aleksej Anatol’evič Naval’nyj, politico e blogger russo di origini ucraine, il quale è sopravvissuto all’avvelenamento per il tramite delle sue mutande e ora giace in un carcere.
Putin ha agito da solo? No, è il capo di un sistema criminale, ispiratore e finanziatore spregiudicato di formazioni politiche nazionaliste e sovraniste, che egli ha sostenuto e finanziato in tanti paesi del mondo: ha massacrato i ceceni, come i georgiani, come i siriani; ha represso e reprime ogni opposizione interna al suo paese.
Putin e l’Occidente
Con l’Occidente Putin ha intrattenuto un rapporto ambiguo e fruttuoso: per un certo periodo il caro Vladimir è stato ospite gradito in Occidente del Jet set, (gruppo sociale di persone appartenenti a classi sociali influenti e agiate, che organizzavano e partecipavano ad attività sociali di vario tipo in tutto il mondo – rapporti mondani, incontri d’affari, e simili).
Dell’occidente ha apprezzato il lusso, ha fatto affari, è stato legittimato, ma come ogni despota, peraltro erede del sogno imperiale russo, quando si è sentito insoddisfatto nei suoi obiettivi, ha fatto ricorso alla guerra. Ma Putin non è un satrapo d’oriente, bensì il prodotto di una classe di espropriatori della ricchezza sociale – una volta si sarebbe detto capitalisti, ma per lui si usa il termine di oligarca – il quale sostiene di essere l’emblema di una modalità di esercizio del potere nel quale il capo dello Stato, legittimato dalla sua Chiesa, viene investito della responsabilità di governare il popolo
con sistemi assolutamente privi di controlli e verifiche, che garantiscono efficienza e rapidità nelle decisioni, capaci di mrglio assicurare il profitto ai detentori della ricchezza – pochi –, utilizzando senza ritegno un intero popolo, fino a decidere di mandarlo in guerra, in nome di interessi che egli individua come collettivi.
Esperti di criminalità organizzata collocano Putin tra i capi di quelle associazioni delinquenziali tipiche del mondo del crimine organizzato senza considerare che soggetti come questi non avrebbero modo di esistere se ad essi non si contrapponessero soggetti più fini e meno rozzi che sono selezionati a divenire capi di Stato attraverso procedure più elaborate e meno brutali come le elezioni i quali, con soggetti come Putin, condividono conti in paradisi fiscali, fanno affari, si dividono sfere d’influenze e di sfruttamento, al punto che una volta si sarebbe detto che il più pulito ha la rogna!
Ecco perché alla chiamata alle armi in nome della libertà, alla mobilitazione, è lecito rispondere “non in mio nome” e rifiutare la guerra; ecco perché è lecito denunciare la truffa del nazionalismo, la guerra patriottica, le discriminazioni tra razze e generi, tra appartenenze religiose diverse: ecco perchè è lecito rifiutarsi di uccidere, disertare,
opporre alla guerra l’antimilitarismo più deciso e radicale, schierandosi contro la guerra e l’uso delle armi, facendo tutto il possibile per bloccare i carichi di morte, ma anche, a monte, rifiutandosi di costruire ordigni bellici, di lavorare in industrie belliche, magari sostenendo che si tratta di un lavoro come un altro.
È quanto meno singolare produrre e vendere armi e poi far parte volontariamente dei corpi di soccorso, di quelle organizzazioni che vanno ad estrarre i cadaveri dalle rovine, a spegnare gli incendi appiccati con le armi che hanno prodotto, decidere di armare uno dei belligeranti con la scusa che è il più debole o l’aggredito, ma stando a guardare.
Se l’esistenza stessa dei tanti Putin va contrastata, se simili soggetti vanno portati all’estinzione o almeno alla privazione del potere, all’incapacità di nuocere, va fatto anche ordine nei nostri comportamenti, nei nostri valori, riscoprendo l’umanità necessaria, motivando le nostre azioni nella direzione della solidarietà, perché l’unica guerra lecita è quella contro i padroni, è la lotta di classe.