Prima della guerra l’Ucraina era già terra di migranti, di tante donne che si recavano all’estero ad assistere gli anziani a fare un lavoro che i figli degli anziani d’occidente non possono o non vogliono fare. Queste persone hanno fatto da terminale per accogliere familiari e amici in fuga. Altrettanto hanno fatto i migranti stagionali in Germania e ovunque che possiedono canali di comunicazione con i loro datori di lavoro e la solidarietà è scattata come mai prima.
Per quanto riguarda l’opinione pubblica questa volta la guerra è vicina. Se ne ode il rumore, si vede la sorte degli ucraini sotto le bombe e in fuga, fa più impressione di quella toccata ai siriani o ai yemeniti: anche li, stragi di donne, di bambini, di vecchi, case distrutte, bombe inesplose, disseminate ovunque, impossibilità di vivere, di ricostruire: persone che perdono mani e piedi, offesa nella psiche e nell’anima, gente smarrita e disperata. Già tre milioni e mezzo di persone – destinate a diventare non meno di cinque – hanno lasciato il territorio dell’Ucraina per sfuggire alla morte e gli sfollati interni superano i 10 milioni. Il paese si spopola e soprattutto bambini e donne lo abbandonano. Un paese che viveva già una situazione demografica drammatica perde, almeno per il momento, parte delle sue braccia migliori, perde il futuro.
Toneranno, torneranno quando ritornerà la pace? Torneranno per ricostruire?
Non è detto, o almeno non tutti, a causa del trauma della guerra, ma anche perché vengono ospitati in paesi a loro volta in crisi demografica e molti di loro sono o saranno in possesso di forze e di competenze utili agli ospitanti e perciò resteranno, impoverendo villaggi e città dai quali sono venuti. Riflettano su questo aspetto del problema i cacciatori di anime, quei tanti preti che si contendevano fedeli e proprietà ecclesiastiche nell’Ucraina di prima della guerra: nella fuga della disperazione si perdono usi, costumi, abitudini e si sente anche meno sul collo il fiato puzzolente del clero esoso e rapace. Intanto la solidarietà ha cambiato le regole dell’accoglienza e paesi, di solito contrari ad accogliere, come la Polonia, hanno aperto le porte di fronte all’orrore della guerra, alla crudeltà inutile. Una Europa, fortezza egoista e impenetrabile, si sta mostrando accogliente e fa la gara della solidarietà. C’è da chiedersi se e quanto durerà e come reggerà al progressivo ridursi del benessere di tutti; c’è da chiedersi se i nuovi cittadini, restando, riusciranno a creare opportunità, verranno riassorbiti dal riarmo, da questo nuovo bisogno di uomini e di donne.
In patria, a pace ripristinata, seguirà certamente una fase d’instabilità e bisognerà non solo ricostruire, ma curare molte ferite. Il contrsto sociale, le appartenenze, i ruoli sociali saranno tutti da ricostruire e forse qualcuno si domanderà quanto alto è stato il prezzo pagato per aver imboccato una via impervia e incerta verso occidente. Molto dipenderà dalle condizioni alle quali sarà ripristinata la pace.