Un tasso di astensione così elevato in elezioni locali certifica che, per una amplissima platea di persone, la politica non serve più a nulla. Tutto viene deciso altrove, il pilota automatico procede senza preoccuparsi del consenso, e chi è eletto si occupa, più o meno, di questioni d’arredo o, tutt’al più meramente amministrative dove, al di là dei discorsi, si faticano a trovare le differenze. Può darsi che questa percezione non corrisponda del tutto alla realtà e può darsi che questa sia la strada verso cui vanno tutte le democrazie “mature” (ovvero una totale spoliticizzazione della vita associativa. Processo iniziato decenni fa). Pur evitando di recitare la parte del menagramo palloso mi permetto di pensare che i Costituenti e i loro successori (le cui foto ornano ancora adesso i residui luoghi della politica che fu) avrebbero stentato a trovare in questo
fenomeno alcunché di positivo. E, forse, eviterebbero anche di cantare vittorie conquistate con neppure ampie minoranze.
Ma si sa, la Repubblica Italiana (quella nata dalla Resistenza) non era stata fatta per “vincere” o “perdere” ma per rappresentare e mediare la società italiana. Storia vecchia. È certo, i rappresentanti attuali non si sentono neppure in dovere di studiare le dinamiche di un così drastico abbandono anche dell’ultimo gesto “politico” (deporre la
scheda in un’urna) dopo che si sono liberati della partecipazione tout-court.
Ma come diceva Costanzo. se va bene a (voi) Buona camicia a tutti.
A. B.