Cingolani
È una vecchia tattica: si preannuncia un disastro a venire, si approntano rimedi e se poi l’immaginario evento rovinoso non si verifica ci se ne attribuisce il merito. Il Ministro della Transizione Ecologia, Ciarlatani, è divenuto un maestro di questa pratica finora appannaggio della peggiore classe politica. Il nostro scienziato-Ministro ha lanciato un grido allarmato: causa l’aumento del prezzo del gas naturale, dall’importazione del quale dipendono gran parte dei consumi energetici dell’Italia, le bollette elettriche rischiano di subire un incremento del 40%! Subito il Governo è intervenuto con un
decreto per scongiurare questa infausta evenienza.
Il testo del decreto non è, al momento di questa nota, ancora stato pubblicato, ma si conoscono le misure in esso contenute, sia chiaro, siccome si tratta di riduzione delle imposte e di sussidi a famiglie in difficoltà, ben venga l’intervento.
Il taglio delle imposte (IVA) riguarderà 6 milioni di piccole imprese e 29 milioni di utenti domestici, mentre i bonus per i meno abbienti assorbirà un settimo delle risorse messe a disposizione; questo non solo per l’energia elettrica, ma anche e soprattutto per il gas. Ma non è questo su cui intendiamo porre, però, l’attenzione. Infatti, mentre il decreto riguarda sia i consumi elettrici e quelli del gas in sé, che rappresentano di gran lunga la parte maggioritaria del suo utilizzo. Ma il fisico Cingolani ha parlato solo di bollette elettriche. Ora i calcoli sono presto fatti: siccome la produzione di energia elettrica nel
paese dipende dal metano solo per meno del 40% del totale, per apportare un aumento del 40% della bolletta elettrica (a prezzi costanti delle altre fonti) il costo di esso dovrebbe più che raddoppiare; ora è vero che il costo del gas naturale sta crescendo, ma al momento è risalito ai livelli precedenti alla pandemia, perché data la minore richiesta del 2020 l’anno scorso il prezzo era sceso drasticamente. Si avvicina l’inverno e, come tutti gli anni, la richiesta di metano aumenta e con esso il suo prezzo, ma nessuno ipotizza che esso possa raddoppiare nel giro di tre mesi. Ne discende che gli onori della cronaca al valente Ministro della Transizione Scatologica sono del tutto immeritati.
Giorgetti
Salvini e Giorgetti, come va di moda dire due leghe diverse; l’una becera ed aggressiva alla rincorsa di Fratelli d’Italia, l’altra attenta alle istituzioni, alle amministrazioni locali, agli interessi dei “settori produttivi” del nord del paese.
L’una nelle piazze, l’altra al Governo. Della seconda (ammesso che due ne esistano) Giorgetti è il principale rappresentante; taciturno, schivo, tessitore di relazioni, balzò agli onori della cronaca quando inopinatamente il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo chiamò a far parte dei dieci “saggi” che avrebbero dovuto proporre le riforme da apportare al sistema istituzionale. Quali fossero i suoi precedenti di saggezza (ex militante del Fronte della Gioventù, sezione giovanile del Movimento Sociale fascista) non è dato sapere. Per altro nessuno notò che non era certo compito di un Presidente della Repubblica che alla Costituzione repubblicana aveva giurato fedeltà, promuoverne la revisione; ma si sa Giorgio I e II amava mettere i piedi nel piatto della politica.
Ma torniamo a Giancarlo, nel marzo di quest’anno è assurto al ruolo di titolare del Ministero dello Sviluppo Economico (per gli amici MISE), un nodo strategico della congiuntura economica. Al suo tavolo pervengono tutti i problemi relativi alle crisi aziendali ed in questo frangente non ve n’è certo carenza. Non risulta che il prode bocconiano ne abbia risolta alcuna. Ora è ben vero che quel ministero mai abbia, anche in passato con altri titolari, brillato per venire a capo dei problemi sollevati da aziende che prendono i soldi e scappano, da imprenditori che mettono mano a settori del sistema produttivo italiano per distruggerli (ArcelorMittal per ILVA di Taranto, Ethiad per Alitalia, ad esempio) o per inseguire maggiori profitti altrove dopo aver incassato prebende statali (Whirlpool, GKN). Quello che meno torna è che il suo inquilino attuale (appunto legato agli interessi imprenditoriali) si opponga a qualsiasi soluzione che legislativamente argini i fenomeni suddetti.
Quanto successo per il caso GKN è emblematico: i lavoratori messi coattivamente in ferie un venerdì si vedono recapitare durante il fine settimana, via mail, la lettera di licenziamento. La procedura è inusitata e va contro tutte le regole contrattuali e il Tribunale riconosce l’anomalia e la violazione dei contratti, annullando i licenziamenti. L’azienda non si da né in là né il qua e comunica che procederà ai licenziamenti seguendo le regole. Il fine giurista cosa trova di meglio da dire?
Che non necessitiamo di regole che impediscano la rapina dei soldi pubblici e la desertificazione immotivata di un intero territorio produttivo, perché la sentenza dimostra che le regole ci sono già. Non si accorge (o fa finta, vista la sua “saggezza”) che il Tribunale parla solo di un errore procedurale e non entra nel merito di alcuna regola (inesistente) che protegga intere popolazioni dal furore insensibile di una finanza irresponsabile. Proprio il Ministro che ci voleva!