La posta in gioco

La Corte Costituzionale, accogliendo alcuni ricorsi presentati dalla FIOM contro la Fiat che l’aveva esclusa dalla contrattazione, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 19, 1° c. lett. b) della legge 20 maggio 1970, n. 300, Statuto dei lavoratori nella parte che esclude dalla rappresentanza sindacale aziendale (Rsa) le associazioni sindacali che, “pur non firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda”.
“La decisione della Consulta – ha dichiarato la CGIL – ripristina le condizioni affinché i sindacati rappresentativi dei lavoratori e delle lavoratrici possano far valere il loro diritto alla contrattazione e alla presenza nei luoghi di lavoro con propri delegati e delegate”.
La decisione è solo una tappa della lunga vertenza che oppone la FIOM a Marchione, sostenitore dello smantellamento dei diritti sindacali e ideatore del sistema Fiat dei sindacati amici, accettato da CISL e UIL. La decisione della Corte dimostra ancora una volta che il solo baluardo in difesa dei diritti dei lavoratori è rimasta la Costituzione che è frutto della lotta di Resistenza Il sindacato di classe, in tempo di crisi, se non riuscirà ad incidere sulla politica degli investimenti e ad ottenere di poter contrattare sulla messa a punto di un piano industriale che promuova l’occupazione non può creare le condizioni della propria azione e si trova a svolgere a pieno la sua azione di promozione delle occasioni di sfruttamento dei lavoratori. In questa contraddizione sono
costretti a muoversi anche i militanti della lotta di classe che operano al suo interno e nell’attesa che il ciclo economico cambi non può che svolgere un ruolo di difesa delle condizioni di lavoro.
Non è un caso che si dichiarano violati gli articoli 2 che è quello che tutela il singolo nelle formazioni sociali, e quindi anche sul luogo di lavoro, nelle quali si sviluppano i suoi diritti e la sua personalità; l’art 3 che tutela l’uguaglianza in tutti i suoi aspetti e l’art 39 che tutela la libertà sindacale, principi che consentono di rendere effettiva la libertà di scelta dei propri rappresentanti sul luogo di lavoro e di tutelare le condizioni normative ed economiche del lavoro in tutti i luoghi di lavoro e in tutti i comparti.
E’anche per questo motivo che uno degli obiettivi principali di questo governo sono le riforme costituzionali che per molti devono riguardare non solo gli assetti istituzionali ma anche il terreno dei diritti.
Da qui la necessità dei lavoratori di vigilare attentamente sulle modifiche proposte.
Andare avanti.
La sentenza stimola altre considerazioni soprattutto se letta in parallelo con il recente accordo sulle rappresentanze, sottoscritto dalla CGIL. Certamente il ricorso del sindacato alla tutela per via giudiziale è la presa d’atto delle difficoltà di rappresentanza e di agibilità in questa fase di crisi profonda del movimento operaio, sottoposto al ricatto dei licenziamenti e della crisi dell’occupazione; tuttavia essa rappresenta una occasione per ripartire e segnala alla controparte che con le attuali regole del gioco il piano di Fabbrica Italia di restrizione dei diritti non funziona. Perché il messaggio venga ascoltato c’è bisogno però del sostegno sul posto di lavoro e occorre scendere in campo in difesa dei diritti, consapevoli che qui sono in gioco per ora e per il
futuro, le possibilità di contrastare il piano padronale.
D’altra parte la sentenza suggerisce a Marchionne la necessità di portare l’attacco sul piano politico e del consenso. Ne sono una prova le manovre per il controllo del “Corriere della Sera” e di tutta l’attività editoriale RCS in modo da orientare l’opinione pubblica: non dimentichiamo che la Fiat possiede e controlla la “Stampa di Torino” e i giornali che ruotano intorno al suo gruppo editoriale. Così attraverso un’operazione a tenaglia che passa attraverso l’alleanza con il gruppo Mondadori Mediaset Marchionne riuscirebbe a condizionare fortemente la politica italiana.
Stando così le cose la FIOM, con tutti i suoi limiti si pone come l’unico ostacolo vero sulla strada della normalizzazione della società italiana e perciò va sostenuta nelle sue azioni sia sul posto di lavoro sia nella strategia politica generale che porta avanti.

Costruire dal basso le condizioni per l’alternativa

Ma ci sono cose che si possono fare partendo dai posti di lavoro e dal territorio, costruendo piattaforme di lotta attraverso la partecipazione di tutti i lavoratori e degli espulsi dal posto di lavoro. Con un’alleanza tra occupati, disoccupati e inoccupati, costringendo le organizzazioni sindacali a confrontarsi e quindi rispedendo al mittente l’accordo sulle rappresentanze in nome della restituzione dei poteri di decisione e di scelta alle assemblee e ai lavoratori in lotta, qualsiasi sia la condizione. Occorre rivendicare il ruolo progettuale e strategico che si sviluppa attraverso il confronto e le alleanze sul territorio affinché si impongano le ragioni dell’interesse collettivo, si sviluppino iniziative capaci di produrre lavoro e reddito.
Per questo motivo va posto il problema di stabilire regole generali comuni a tutti nella gestione contrattuale della forza lavoro, occorre battersi per l’aggiornamento delle capacità produttive, per una nuova etica del consumo, costruendo un progetto di società che tenga conto della gestione pubblica dei beni comuni e che tragga dalla solidarietà sociale tra i diversi percettori di reddito una retribuzione minima per tutti. Ciò
presuppone la costruzione di un’alleanza politica delle diverse componenti di classe alle quali deve concorrere l’organizzazione politica dei militanti della lotta di classe.

Rocco Petrone