Cosa c’è di nuovo…

Nuovo incidente di percorso
In Italia vige il divieto di operare fecondazioni eterologhe; conseguentemente, le uniche
pratiche lecite devono prevedere l’utilizzo di materiale genetico proveniente esclusivamente dalla coppia che accede a queste cure. Inoltre l’accesso alle tecniche di riproduzione assistita è subordinato alla presenza di una patologia nei soggetti che dovrebbero beneficiarne relativa al momento riproduttivo, e non altre malattie di cui i richiedenti potrebbero essere portatori. Pertanto è vietata la diagnosi preimpianto, anche a fronte della presenza di genitori portatori di gravissime malattie genetiche ereditarie.
Questa questione è stata recentemente oggetto di pronuncia da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha bocciato il ricorso promosso dall’Italia avverso la precedente sentenza che aveva riconosciuto legittimo il ricorso alla diagnosi preimpianto nelle ipotesi di coniugi affetti da gravi malattie genetiche.
A fronte del divieto contenuto nella legge 40, la coppia ricorrente aveva proposto ricorso innanzi alla Corte di Giustizia di Strasburgo, che lo scorso mese di agosto si era pronunciata in senso a loro favorevole, dichiarando l’illegittimità del divieto di diagnosi La motivazione della Corte verteva sulla incoerenza del sistema legislativo italiano, che in un’altra legge, la n. 194 del 1978, consente un aborto terapeutico nell’ipotesi di un feto affetto da fibrosi cistica, la patologia dichiarata dai ricorrenti.
Il Governo Monti su richiesta della Chiesa cattolica si è opposto a tale pronuncia, davanti alla Grande Chambre, ricorso che è stato rigettato lo scorso 11 febbraio.
La nuova sentenza della Corte Europea conferma la precedente e condanna l’Italia a rifondere ai coniugi la somma di € 15.000 quali danni morali, oltre al pagamento di € 2.500 per le spese di giustizia.
Grazie a questa pronuncia anche le coppie fertili affette da patologie genetiche avranno il diritto di accedere alle tecniche di fecondazione assistita e alla diagnosi preimpianto; per rendere effettivo tale diritto sarà, però, necessaria una modifica della disciplina legislativa vigente.