Yellow cab

Benvenuti nel Mondo dopo Cristo.
Dopo la bestemmia di Berlusconi (ma “orcoddio” non equivale, dunque, a “porcoddio”?) nessuno ha colto l’enorme blasfemia e assoluta incoerenza dell’affermazione di Marchionne.
Infatti, per fare i filologi e a dar retta al nuovo testamento, il “dopo Cristo” avrebbe dovuto essere un’era nuova e migliore, non certo caratterizzata da sofferenza e sacrifici, a meno che Marchionne non rimpianga l’Impero Romano.
In ogni caso le gerarchie ecclesiastiche, ma anche il comune cattolico di strada, sono diventati assai disattenti verso queste gravi infrazioni (peccati mortali) al 2° dei dieci comandamenti.
E’ da notare che nella versione dell’esodo questo comandamento è al 7° posto ma assume caratteri assai più seri “ Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano”[1]
Ma lasciamo lo studio delle sacre scritture (che è affar serio) per tornare a questa nuova era. Dove sono finiti i teorici della nuova era del lavoro “liberato”[2]? Ma anche quelli che per un decennio hanno gridato o hanno salutato l’era “nuova” della globalizzazione?
La novità del capitalismo sarebbe dunque questa cosa qua: aumento dell’orario di lavoro; diminuzione delle pause, limitazione del diritto di sciopero?[3].
Eppure sembrano cose già sentite, vecchie, stantie e “superate”. Chissà che delusione per chi aveva sperato in un capitalismo “normale” in un paese “normale”. Peccato che né l’uno né l’altro siamo mai esistiti, nel mondo “reale”[4]. Viene a mente Gaber: “ a guardarlo di dentro è rimasto all’Ottocento”[5].
Ma se anche il Ministro Tremonti afferma che è necessario rinunciare ai diritti [6] qualcosa deve pur voler dire. I diritti sono stati, per secoli, la contropartita liberale all’uguaglianza. Diversi nella società (le classi) ma uguali di fronte alla legge. Non si deve sottovalutare questa “finzione” perché attraverso di essa sono passate molte
dure conquiste (strappate proprio partendo dal godimento personale dei diritti).
Il fatto che adesso si torni indietro anche su questo punto è un segnale (un segnale?) che si cerca di battere il ferro finché è caldo.
Fuori di metafora, si tratta di una prova generale di quello che ci aspetta. In fondo, se il capitalismo finanziario può fare a meno anche dei consumatori perché produce soldi attraverso soldi, chissà che il capitalismo della crisi non pensi di poter fare a meno anche delle persone.
Attenzione: queste sono le intenzioni e non è detto che riescano. A meno che, non si pensi come a chi citava Lenin a ogni passo e oggi si adegua al mondo così com’è. Avesse letto anche un po’ di Marx si sarebbe ricordato (questo nostro sprovveduto amico: sono certo che ognuno di noi ne ha più d’uno) della trasformazione del
mondo etc.. etc…[7]
Ma, attenzione, cosa succede, mentre in questo nostro ormai vecchio e decrepito occidente che comincia anche a fare a meno delle sue fondamenta (ragione, diritti, uguaglianza)? Succede che, dall’altra parte del mondo una potenza composta da quasi 2 miliardi di persone propone una novità. Che poi novità non è: una crescita economica spaventosa.
La Cina che viene rappresentata nella nostra informazione, ormai davvero del tutto inattendibile, non ha nulla a che vedere con la complessa e articolata realtà di un grandissimo e complicato paese. Questa è la tesi che sostiene Loretta Napoleoni nel suo ultimo lavoro [8] che presenta, a dire il vero, un bruttissimo titolo (sembra imposto dalla casa editrice). In effetti quello che si sostiene nella prima metà del nostro articolo rappresenta esattamente ciò che l’autrice descrive. Mentre si svendono e distruggono le conquiste di qualche secolo di lotte in occidente, in Cina, una complicata ma davvero esuberante crescita economica sta portando la popolazione di quel paese a rivendicare e lottare per aumentare i propri diritti, in un’ottica del tutto diversa e lontana dalle
“democrazie liberali” le quali, secondo la Napoleoni, non passano neppure per l’anticamera del cervello ai cinesi.
La nostra parola “democrazia” , infatti, appare del tutto svuotata di ogni significato positivo (un guscio vuoto forse anche senza neppure il guscio). In occidente anche le vecchie garanzie liberali si sono trasformate in qualcosa di assai diverso: caste di politici inamovibili, leggi elettorali che di fatto eliminano qualunque, seppur piccola possibilità di scelta. L’economia non è da meno: conflitti di interessi giganteschi che appaiono come la favola della rana e dello scorpione (cioè vanno a bloccare e impedire la crescita di quello stesso sistema che rappresentano).
Le recensioni che hanno tacciato questo lavoro come di un’acritica esaltazione della Cina senza diritti e di Tienanmen probabilmente sono state scritte da chi il libro non l’ha letto.[9] Il punto centrale dell’opera è invece caratterizzato dal fallimento totale delle politiche neo liberiste e reaganiane fin dal loro apparire; aver continuato su quella strada del tutto ideologica (negando, in una particolare ma non inconsueta forma di
stalinismo, la realtà “effettuale”) ha portato ai disastri odierni.
Intendiamoci, non si tratta qui di affrontare la lettura del libro (e della Cina) partendo dalle “presunte” nostre libertà civili, ma si tratta invece di considerare questo lavoro (e quindi il suo tema) come un “work in progress” (cosa che è la Cina ).
Intanto al momento in cui è stato scritto nessuno ancora aveva chiesto, in Italia, la riduzione dei diritti. Ma l’autrice, senza avere doti divinatorie, ha presagito che questo sarebbe accaduto. Evidentemente, la realtà, a saperla leggere, ha ancora molto da dire (altro che il rifugio del pensiero debole di qualche decennio fa!).
Insomma, il taxi cinese è partito mentre la 500 di Marchionne è visibilmente al palo.

[1] Vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Dieci_comandamenti. Ovviamente come base di partenza.
[2] Che poi l’unica maniera per liberare il lavoro sarebbe liberarsi dal lavoro.
[3] Per l’accordo di Pomigliano vedi http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-06-16/testo-accordo-fiat-pomigliano-130900.shtml?uuid=AYhDg4yB.
[4] Forse rileggersi Stefano Merli, Proletariato di fabbrica e capitalismo industriale : il caso italiano, 1880-1900, Firenze, La Nuova Italia, 1972, sarebbe chiedere troppo (fin dal titolo!).
[5] Giorgio Gaber, “Il tutto è falso”, 2001.
[6] Parole pronunciate (non a caso) al meeting di CL. Vedi il video http://www.youtube.com/watch?v=y7EvpfWdLW8.
[7] Non riporto la frase “ i filosofi hanno interpretato il mondo, e si tratta ora di trasformarlo” perché su di essa di sono versati fiumi d’inchiostro e non intendo certo riaprire la discussione in questa sede.                                                                              [8] Loretta Napoleoni, Maonomics. L’amara medicina cinese contro gli scandali della nostra economia, Milano, Rizzoli, 2010.                                                                            [9] Vedi la recensione su “Il Manifesto” del 9/5/2010.

Andrea Bellucci