Elimina il berlusconismo “sinistro” che è tra noi

Sinistra parlamentare tra scuola pubblica e privata

L’attacco alla scuola pubblica a tutto vantaggio di quella privata ha una data di inizio precisa e risale alla pubblicazione del programma dell’Ulivo il 6 dicembre 1995. Le sue tesi programmatiche segnano infatti il definitivo abbandono della laicità della scuola e la distruzione di quella pubblica da parte del maggior partito della sinistra. Nella tesi 66 si dichiara di voler perseguire il superamento della “contrapposizione tra scuole statali e scuole non-statali, per conseguire l’obiettivo d’innalzare la qualità”. La nuova formazione politica che nasce dall’incontro dei cattolici democratici con gli ex comunisti trova naturale e conveniente l’abbandono della laicità. Per essi la cultura religiosa cattolica può far parte a pieno titolo dell’incontro tra le componenti politiche del nuovo partito perché va a colmare quel vuoto che si registra nel bagaglio valoriale degli ex comunisti sul tema della laicità dell’insegnamento Il cattolicesimo rappresenta l’ideologia vincente di una Chiesa che ha sconfitto i regimi a democrazia socialista e costituisce quanto di nuovo e di meglio si possa offrire a un elettorato e a un bacino culturale disorientato per la perdita dei punti di riferimento rappresentati dai paesi
socialisti.
Gli ex comunisti, alla ricerca di credibilità tra i loro nuovi partners, hanno bisogno di dimostrare di essere capaci e determinati nella realizzazione del programma; di conseguire risultati per convincere tutti che la nuova formazione politica ha i numeri e le capacità per governare; di dimostrare alle autorità ecclesiastiche di saper fare di meglio e di più della DC. Scelgono perciò come banco di prova il finanziamento della scuola
privata, sapendo di toccare una delle corde più sensibili per il mondo cattolico, a sua volta in crisi di egemonia nella società civile a causa della secolarizzazione e della presenza di un numero sempre maggiore di non credenti e di nuovi culti.
Mettono perciò a punto una strategia di erosione dell’art. 33 della Costituzione che poggia sul rafforzamento dei poteri delle regioni e sull’ampliamento delle loro competenze e per farlo scelgono le cosiddette “regioni rosse”, e in particolare l’Emilia Romagna, dove pensano di finanziamento alle scuole private. Perciò impongono, con l’approvazione da parte della Regione Emilia Romagna della Legge Regionale n. 5224 dell’aprile 1995, un sistema integrato pubblico-privato di istruzione.
L’operazione viene gestita con la solita strategia verticistica di sempre, pensando di utilizzare al meglio la struttura del partito, ma il partito non c’è più. Non solo: se è certamente vero che la nomenclatura ex PCI è dotata di un sistema valoriale debole a riguardo della laicità della scuola, non altrettanto è per la base del partito, soprattutto in Emilia Romagna, dove esisteva all’epoca un tessuto di strutture di base, sindacali e
politiche, radicato sul territorio del quale la valorizzazione della scuola pubblica era un elemento importante, dove era ancora viva – soprattutto in Romagna – la tradizione repubblicana e anti papalina.
L’imposizione del finanziamento regionale alla scuola privata dell’infanzia rappresenta dunque un attacco alle esperienze più avanzate della scuola pubblica presenti in Regione in questo settore e riconosciute a livello internazionale; costituisce il disconoscimento dell’operato di centinaia di Comuni governati dalla sinistra per quanto essi hanno fatto per l’ampliamento del servizio scolastico. Siamo di fronte a una di quelle scelte politiche che stanno alla base della crisi profonda e insanabile della sinistra ex PCI, la quale ha distrutto con pervicacia e determinazione il rapporto con la propria base.
A dimostrazione di ciò citiamo il caso del referendum popolare regionale contro la L. R. Emilia Romagna 52 del 1995 che raccolse nella sola Regione più di 60.000 firme, referendum ostacolato e impedito con strumenti burocratici, artifici regolamentari e provvedimenti amministrativi, evento che ha segnato una cesura del rapporto con ben 60.000 elettori in Regione e i cui effetti distruttivi per la sinistra non si sono ancora
esauriti.
Il discredito dei partiti di sinistra estrema in questa vicenda ha finito per coinvolgere non solo la componente riformista, ma anche quella radicale, ritenuta incapace d’assumere la rappresentanza delle istanze laiche ed è tra le ragioni che stanno certamente alla base del distacco e della disaffezione a livello elettorale. La perdita di contatto con le istanze di base e territoriali ha inoltre prodotto quell’allontanamento, che si è
trasformato in molti casi in falsa coscienza, a causa della mancanza di istanze di confronto diretto all’interno delle strutture un tempo presenti sul territorio (case del popolo, sezioni di partito, ecc.) e ha consegnato ai mass media la gestione del rapporto con questa quota rilevante e significativa di elettorato.
Luigi Berlinguer, allora Ministro pro tempore dell’istruzione, rispondendo nel Duomo di Milano il 18 ottobre 1997 alle sollecitazioni del Cardinal Martini che lo interrogava su quali sarebbero stati i tempi per l’approvazione della legge nazionale sulla parità e perciò invitava il Governo a fare di più per la scuola privata, dichiarava che il Governo stava ben operando e, dopo aver illustrato la strategia del suo partito a favore della
scuola privata, concludeva “Faremo della scuola pubblica quanto di più simile alla scuola privata” e aggiungeva “… non vogliamo l’omologazione [della scuola privata a quella pubblica] e l’autonomia è il più grosso aiuto alla parità, perché destatualizza la scuola statale. [il corsivo è nostro}..”
Inoltre attraverso l’autonomia scolastica, intesa come creazione di istituti scolastici autonomi dotati di un proprio progetto culturale (POF), posti in concorrenza tra loro, gestiti da un Preside manager, il Ministro intendeva differenziare l’offerta formativa erogata attraverso un sistema integrato pubblico-privato, all’interno del quale le scuole private, e segnatamente quelle confessionali, sarebbero state finanziate per il loro contributo alla differenziazione del sistema pubblico di istruzione. Attraverso le leggi cosiddette “Bassanini” veniva applicato il principio di sussidiarietà nella scuola, considerando l’erogazione dell’istruzione alla stregua di un qualsiasi servizio pubblico somministrato non più in regime di monopolio amministrativo, ma attraverso
strutture gestite da privati in regime di convenzione, oppure attraverso strutture in grado di rispettare standard fissati dall’amministrazione scolastica, in materia di programmi, didattica, pedagogia, qualificazione degli insegnanti, requisiti delle strutture, ferma restando la libertà d’indirizzo ideologico della scuola.
Alle forti critiche provenienti da sinistra il Ministro Luigi Berlinguer rispondeva sostenendo che l’inserimento della scuola privata (anche di quella confessionale) nel sistema integrato pubblico-privato da lui concepito avrebbe permesso di sottoporre queste scuole a controlli di qualità, impegnandole al rispetto dei principi democratici. Inoltre la presenza di scuole confessionali avrebbe consentito una maggiore laicità della
scuola gestita dai poteri pubblici[!!!] e la presenza del POF avrebbe comunque fatto si che le strutture scolastiche aderissero e rispondessero alle esigenze del territorio e delle famiglie.
Più che al sistema scolastico francese, giudicato troppo laico, il Ministro si ispirava al sistema inglese, non tenendo in alcun modo conto delle diversità strutturali di sistema, del quadro generale normativo, delle tradizioni, della cultura, del contesto sociale profondamente diverso tra i due paesi. Così, in una notte di mezza estate, ai piedi di un cipresso di un dolce poggio senese, nella fantasia del Ministro, l’impianto del sistema
scolastico e la struttura del sistema elettorale migravano dall’Inghilterra in Italia, per costruire il paese nuovo, frutto dell’incontro tra le componenti storiche e popolari del paese – cattolici e comunisti – o sarebbe più corretto dire quadri, dirigenti della DC e del PCI alla ricerca di un’identità.
Dimenticava il Ministro e i suoi accoliti che così operando veniva meno l’applicazione del combinato disposto degli artt. 3 e 33 della Costituzione, intanto perché all’interno della scuola si dividevano e selezionavano gli alunni secondo le appartenenze religiose, contribuendo a esaltare le divisioni su base confessionale e perché con il POF, la cui attuazione era strettamente legata alle risorse del territorio, le scuole avrebbero goduto di risorse differenti. In tal modo veniva meno quella funzione propulsiva ed egualitaria
dell’art. 3 Costituzione, là dove si parla di rimozione degli ostacoli di carattere economico e sociale che generano la diseguaglianza.
La sinistra non coglieva il messaggio proveniente dall’elettorato e il secondo Governo Prodi non solo confermava i finanziamenti alle scuole private, ma rincorreva la destra nell’offrire alla Chiesa cattolica tutti quegli strumenti materiali per affermare la sua presenza e il suo magistero nella vita sociale, approvando la legge nazionale di istituzione del sistema integrato di istruzione pubblico-privato e finanziando le scuole
cattoliche, sancendo con una circolare il valore curriculare dell’insegnamento religioso. Ancora una volta la società civile reagiva, invocando e ottenendo l’intervento della magistratura, ma vedeva levarsi contro questa sentenza di garanzia la voce di parte dei DS, e segnatamente dell’ex Ministro Fioroni, che la circolare aveva emanato.
Non poteva esservi divaricazione maggiore tra una parte rilevante del suo elettorato e questa formazione politica! Come stupirsi perciò oggi dei provvedimenti della Ministra Gelmini che del programma berlingueriano costituiscono l’attuazione; come non comprendere il disorientamento di tutti coloro che si oppongono al berlusconismo, ma che ad esso non vedono un’alternativa?
E’ per questo motivo che occorre prendere in mano l’iniziativa a sostegno della scuola pubblica al di la delle “notti bianche” organizzate dai DS insieme ai comitati di genitori ed insegnati nate sul territorio e a organizzazioni quali “La scuola della Repubblica” e “Scuola e Costituzione” nelle quali, tra le altre, si impegnano i nostri militanti.

Gianni Cimbalo