7. Innovazione

La seconda metà del secolo XX° è stata percorsa da un vertiginoso cambiamento dei sistemi produttivi, sia dal punto di vista delle modalità di lavorazione, sia da quello della tipologia delle merci. Tant’è che il periodo è noto come “terza rivoluzione industriale”: dopo la prima avvenuta nel settecento in Inghilterra e la seconda della metà dell’ottocento con epicentro la vecchia Europa, Germania in particolare, questa ha avuto origine e si è sviluppata negli Stati Uniti d’America. La prima era centrata sull’industria tessile, la seconda sull’elettromeccanica e la chimica e questa ultima sull’elettronica e la sua derivata informatica.

7.1. Mito e realtà
Giornalmente siamo frastornati da una pioggia di novità: cellulari di nuova generazione, iPad, navigatori, etc. sembra che l’innovazione tecnologica trasformi attimo per attimo la vita quotidiana. Quello che interessa esaminare, però, è l’impatto che le nuove tecnologie rivestono nei processi produttivi. Come detto sopra, l’origine di questa ondata di nuovi strumenti sta nella rivoluzione degli anni settanta del XX° secolo, quando la progressiva miniaturizzazione dei circuiti elettronici al silicio ha soppiantato i vecchi, ingombranti, energeticamente dispendiosi circuiti a valvole. Il transistor nasce nel 1947 per opera del premio Nobel Shokley, ma solo dopo che fu sciolto il segreto militare iniziò a farsi strada nell’industria. Con la nascita dei circuiti integrati, nel 1958, l’elettronica inizia a dare l’addio alle valvole. Negli anni ottanta la sostituzione ha
praticamente termine. Con essa cambia profondamente il modo di produrre in tutti i settori industriali, la vita degli individui, la gestione dell’informazione. Tutto quello che succede da qual momento in poi, però, è un’evoluzione, seppur rapida e persino tumultuosa, ma non vera è propria innovazione.
Un aspetto da considerare, per comprendere lo stato della ricerca e quindi dei futuri profondi cambiamenti possibili, è quello dei finanziamenti con cui essa può operare. L’apporto dei privati ai finanziamenti ha sempre avuto (o meglio dai tempi della “big science” americana degli anni trenta, grazie alla Fondazione Rockfeller) un ruolo rilevante; occorre anche ricordare che un ruolo ancora più determinante hanno avuto i finanziamenti pubblici. La storia, brevemente riportata poco sopra, dei componenti elettronici al silicio vede gran parte delle ricerche svilupparsi in ambito militare. Internet nasce in ambiente militare. La Nokia è divenuta azienda leader nel settore della telefonia cellulare, grazie ad una riconversione alimentata dalla ricerca universitaria dei centri statali di Oulu in Finlandia.
Tutto ciò non toglie che il contributo privato in quasi tutti i paesi (l’Italia fa eccezione) è stato rilevante.
L’esempio della Pfizer fa ora riflettere. Se la ricerca è stata fino a qualche tempo fa un settore strategico in cui molte multinazionali hanno investito (si pensi agli OGM della Monsanto), ricavandone in seguito profitto, negli ultimi decenni ciò è andato deperendo. Alle carenze di prospettive strategiche del capitale finanziario ha ancora una volta sopperito la finanza pubblica: le guerre degli anni novanta e del primo decennio del duemila sono state, oltre che il modo per ribadire una volontà di dominio e specialmente di controllo sui gangli strategici della geopolitica, anche fucina di nuovi brevetti. Soprattutto, all’affacciarsi della crisi, tutti i paesi hanno rafforzato i finanziamenti al settore della cultura (tranne l’Italia). Sta, comunque, di fatto, che la grossa spinta all’innovazione tecnologica si è nel frattempo esaurita, proseguendo sull’inerzia conquistata oltre tre decenni or sono.

7.2. Informatica: comunicazione, controllo e amministrazione
La penetrazione sempre più nel profondo dell’informatica in tutti gli aspetti della vita odierna, il continuo emergere sempre più rapido di novità, non deve far perdere di vista l’oggetto di ciò che si sta ora analizzando. I processi produttivi, i settori tecnologici di produzione hanno conosciuto tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni ottanta sconvolgimenti vastissimi. Da allora il processo di immissione di novità non ha cambiato la sostanza, ha solo migliorato e reso più efficienti i sistemi.
Un esempio. La conflittualità operaia di quel periodo aveva prodotto forme di lotta nuove e più incisive: veniva colpita la rigidità della catena di montaggio, così come era uscita dalla taylorizzazione. Gli scioperi a scacchiera producevano il massimo danno con il minimo dispendio: bloccando un reparto, anche gli altri erano costretti a fermarsi per carenza dei pezzi provenienti da quello fermo e necessari per continuare le lavorazioni.
In un primo tempo il padronato rispose con un ritrovato “meccanico”: il polmone, laddove venivano accumulati i pezzi provenienti dai vari settori della fabbrica, pezzi che potevano essere poi utilizzati al momento opportuno. Il controllo elettronico dei tempi di produzione linea per linea, reparto per reparto, isola di montaggio per isola di montaggio ha solo reso più agevole, più efficiente, più affidabile, meno ingombrante
questo tipo di controllo della produzione.
L’enorme sviluppo dell’informatica, legato anche al costante progresso nella miniaturizzazione dei circuiti elettronici, migliora giornalmente le possibilità delle comunicazioni, anche se l’informazione continua a viaggiare alla stessa velocità con cui viaggiava all’inizio dello scorso secolo quando è stato inventato il telefono: quello che è cambiato è il volume di informazione veicolata. È aumentata la capacità di controllo,
anche a distanza, dei processi produttivi e sociali[21]. Si è facilitata la gestione di ingenti quantità di dati e resa incredibilmente veloce il loro reperimento e la loro consultazione. Tutto ciò e vero, ma una rivoluzione industriale è un’altra cosa.

7.3. Le macchie di leopardo del progresso
In concomitanza la diffusione delle nuove tecnologie e la loro implementazione nei processi produttivi rende sempre meno ricca di contenuti professionali la prestazione lavorativa. Il primo effetto è quello di rendere più distante di sempre il cervello della produzione delle merci dalla loro esecuzione; poche mansioni molto elevate si accompagnano a molte mansioni che vanno progressivamente degradandosi. È per questo che i sistemi formativi dei paesi industrializzati tendono a perdere di obiettivi qualificanti ed anche di caratura degli approcci più genericamente culturali[22]. Il popolo di produttori, padroni di un mestiere, deve trasformarsi in un popolo di consumatori: una delle competenze tipiche che viene sempre più testata e richiesta nelle indagini internazionali è la capacità di leggere un manuale. E questo con buona pace delle enunciazioni di principio (Lisbona 2000 e la “società della conoscenza”)[23].
Riassumendo, quindi, a livello geopolitico tendono a formarsi aree a forte sviluppo industriale, intervallate da aree depresse; e come si è già detto la loro relativamente facile possibilità di essere interscambiate, per abbassare i livelli salariali e diminuire le capacità organizzative dei lavoratori, non le definisce una volta per tutte. A livello sociale la pezzatura, che si sviluppa orizzontalmente per la produzione materiale delle merci, si riproduce per stratificazione verticale. Da un lato pochi detentori delle ricchezze ed i loro alleati (politici, tecnici della comunicazione, alti gradi militari, intellettuali, progettisti, professionisti) e dall’altra ceti sempre meno abbienti. In alcune città dell’America latina e degli Stati Uniti la separazione sociale è divenuta anche fisica. Non che i quartieri di una città siano sempre stati tutti uguali, ma ora essi sono separati
da mastodontici impianti di sicurezza, sia fisici che umani: la rabbia dei disperati senza futuro, un tempo regolata dalla possibilità dell’elevazione sociale, da un benessere crescente per i ceti medi cuscinetto, dalla promessa tangibile di un inserimento lavorativo stabile, dalla lotta sindacale collettiva, oggi può essere solo contenuta con la repressione militare.
Sono state sviluppate da diversi Stati simulazioni su quale sia la percentuale “fisiologica” della popolazione costretta a vivere in uno Stato in condizioni di indigenza totale senza che si giunga al punto di rottura tale da produrre una frattura di carattere rivoluzionario; mentre il progressivo depauperamento e la perdita dei diritti collettivi viene giustificata come un fattore indotto, non governabile o modificabile attraverso
le politiche degli Stati, in quanto prodotto da un riequilibrio della distribuzione di ricchezza a livello planetario.
In realtà lo squilibrio dei redditi percepiti dalle classi dirigenti e i lavoratori subordinati non è mai stato così alto mentre è pressoché scomparsa la classe media, anche se – ad esempio – i partiti della cosiddetta sinistra italiana non sembrano essersene accorti impegnati nella loro forsennata e insensata ricerca di alleanze al centro dello schieramento politico e sociale.

[21] Per quanto riguarda i processi sociali una riflessione a parte merita il ruolo svolto dalle immagini e in particolare dalla televisione, nonché quello della rete. Ambedue questi strumenti non solo veicolano idee ma anche omogeneizzano e generalizzano i comportamenti dei consumatori in tal mondo incidendo sulla ricerca di merci e sulla struttura stessa dei mercati.
[22] Sul ruolo strategico della scuola, sulla destrutturazione della scuola pubblica e in particolare di quella italiana vedi G. CIMBALO, Le scuole delle organizzazioni di tendenza tra libertà religiosa e istruzione pubblica, in N. Fiorita – A. Viscomi (a
cura di) Istruzione e libertà religiosa. Le scuole delle organizzazioni di tendenza, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 2011, 59-87.
[23] http://www.europarl.europa.eu/summits/lis1_it.htm.