La nostra newsletter si avvia a raggiungere il numero 100. Si tratta ovviamente
di un traguardo simbolico, ma i fatti ci dicono che nei suoi anni di vita la rivista ha
prodotto e veicolato circa 1000 pagine di analisi e commenti alla situazione politica,
economica e sociale: non si tratta di un risultato da sottovalutare, anche se bisogna
riconoscere che il contributo dato alla crescita complessiva della lotta di classe e delle
organizzazioni che ne sono espressione è stato decisamente marginale. In particolare
non si è realizzato il nostro obiettivo finalizzato alla rinascita di una organizzazione
comunista anarchica capace di svolgere un ruolo significativo e visibile nella lotta di
classe. Quando la rivista nacque chi vi scriveva associava l’attività di analisi, formazione e informazione ad un intervento attivo nelle organizzazioni di massa. Con il
passare del tempo il mutare delle prestazioni lavorative di ognuno, l’età dei militanti, la
crisi generale della sinistra hanno inciso su questi aspetti della militanza di classe
facendo prevalere l’attività di informazione e analisi sulla militanza attiva e le azioni di
lotta.
Perciò ci siamo fermati a riflettere per chiederci se abbiamo ancora una funzione e abbiamo concluso che si, vale la pena di continuare, ma che bisogna prendere atto delle mutate condizioni soggettive e oggettive e ridefinire il nostro ruolo e la nostra possibile funzione.
Oggi la lotta di classe attraversa una fase di arretramento e di sconfitta, piegata
dall’internazionalizzazione del mercato del lavoro, dalla globalizzazione, dal mutare delle condizioni e dei luoghi di lavoro, dagli effetti di una incombente rivoluzione informatica e dell’automazione. E’ l’intera organizzazione della vita sociale che è cambiata in occidente, molte produzioni sono state de-localizzate e nuclei potenti e significativi di classe operaia sono nati ovunque. Il peso specifico della classe operaia, dei contadini, su scala mondiale non è mai stato così ampio e diffuso ma deve tornare a crescere la coscienza di classe. Questo non significa che la trasformazione della società e la liberazione dallo sfruttamento debba avvenire altrove: non siamo terzomondisti, ma pensiamo che uno dei nostri compiti è quello di trasferire la
memoria delle lotte passate, i suoi metodi, le sue strategie, per poterne inventare di nuove. Inoltre a noi tocca il compito di lottare qui e subito per questo obiettivo che è di tutta l’umanità.
Nessuna posizione attendista dunque, rispetto a una battaglia che si concluderà altrove. Tuttavia guardando all’Europa, che è l’area nella quale si concentra ancora la maggiore attività economica ed estendendo lo sguardo all’area occidentale del pianeta dobbiamo prendere atto di una crisi generalizzata della sinistra riformista e di classe e ancor più della sinistra rivoluzionaria nella sua capacità promuovere un’alternativa al sistema capitalista. Mancano le proposte, manca un programma, manca una strategia e questo anche perché l’analisi della situazione è estremamente carente e non sono disponibili gli strumenti di una corretta analisi economica e sociale e quindi c’è una scarsa comprensione dei fenomeni, un’assenza preoccupante di proposte strategiche e tattiche. Né la sinistra riformista né quella rivoluzionaria hanno una proposta politica credibile e realizzabile da proporre, in Europa come in occidente, soprattutto, come nel terzo e quarto mondo.
In questo vuoto si inserisce il fondamentalismo religioso e soprattutto quello islamico, che ricorre al terrorismo ma ciò che più preoccupa è il risorgere del ruolo pubblico delle religioni, al punto che si rischia di riportare indietro l’orologio della storia, di far riemergere forze, fenomeni, modelli economici e sociali che pensavamo potessero essere considerati superati, se non altro che per effetto di una secolarizzazione ormai
diffusa e globalizzata.
Occorre quindi che riparta l’elaborazione di un’analisi e una strategia di classe che sia in grado di formulare proposte percorribili qui dove siamo e dove viviamo, per lottare a partire da ora e da subito per costruire una società, dei rapporti sociali, un sistema di produzione, dei rapporti di relazione, caratterizzati dall’uguaglianza, dalla libertà, dalla liberazione dallo sfruttamento e dal bisogno.
E’ a questo progetto ambizioso che vogliamo lavorare, dedicandovi le nostre modestissime forze, consapevoli che solo una rete diffusa di elaborazione, anche da parte di piccoli nuclei di militanti della lotta di classe può contribuire a costruire un’alternativa alla barbarie, come si è già detto in altri tempi, Non si può quindi non partire da un progetto di ricerca che abbia come focus il continente nel quale
viviamo; questo non tanto per la centralità dell’Europa, ma se non altro perché ne conosciamo meglio i problemi e ne viviamo le contraddizioni, avendo come prospettiva l’internazionalismo e il mondo come oggetto di indagine e azione. Ci occuperemo della centralità del lavoro, delle sue regole e della sua funzione di sostegno del reddito, ma anche del ruolo sociale che esso svolge, domandandoci se e in che misura questo è cambiato e cambierà con le innovazioni tecnologiche, con il lavoro a distanza, con l’automazione; ci domanderemo quale debba essere il rapporto tempo-lavoro e in che misura si può e si deve parlare di liberazione dal lavoro.
Ci occuperemo dell’economia, delle sue regole, dei rapporti tra capitale di investimento, di speculazione e di impresa; soffermeremo l’attenzione sul ruolo espansivo del settore terziario, sui profitti che da questo scaturiscono, con riferimento alla gestione dei servizi; ci domanderemo degli effetti dell’automazione e dello sviluppo del profitto attraverso l’utilizzazione delle nuove tecnologie. Guarderemo con attenzione ai problemi connessi all’emigrazione con riferimento alla legge sullo Jus soli e all’urgenza con la quale i problemi ad essi connessi devono essere affrontati, indagheremo sul lavoro nero e sottopagato e su quell’immenso esercito industriale e proletario di riserva costituito dalla popolazione migrante, nella consapevolezza, che speriamo ormai acquisita da tutti, che il sistema capitalistico è capace di far convivere nello stesso territorio forme diverse di organizzazione produttiva, di rapporti sociali differenziati, legati dal comune obiettivo dello sfruttamento. Anche per questo motivo il nostro sforzo dovrà tendere al superamento della tradizionale analisi marxiana che ipotizza – o sarebbe il caso di dire ipotizzava – il trionfo della grande industria e della grande fabbrica, senza cogliere le potenzialità delle strutture produttive diffuse e di rete. Guarderemo con attenzione al
problema e al ruolo delle comunità etnico-linguistiche di vecchio e nuovo insediamento in Europa, al loro rapporto con la laicità dell’ordinamento. Indagheremo sul risorgere e riproporsi del ruolo pubblico delle religioni. Particolare attenzione verrà dedicata alla tutela della libertà individuale dentro e fuori i gruppi nei quali si sviluppa la personalità dell’individuo.
La nostra attenzione sarà rivolta al ruolo delle istituzioni e all’eterna relazione tra struttura e sovrastruttura per capire come e in che modo le istituzioni possono aiutare il cambiamento; ci spingeremo ad indagare sui valori di una società laica che ha attenzione alle struttura delle relazioni interpersonali e dell’istituto familiare; ci domanderemo del ruolo dell’appartenenza di genere e dei bisogni legati alla gestione
dei differenti approcci ai problemi connessi alla nascita e al fine vita.
Attenzione verrà dedicata ai problemi dell’ambiente e della salute, alle strategie connesse alla loro tutela, prestando attenzione alla conservazione delle identità, delle tradizioni culturali e linguistiche, filtrate attraverso la lente della secolarizzazione, in modo che l’approcciò dell’analisi sia scevro da preconcetti e settarismi.
La formazione e la scuola assorbirà gran parte della nostra attenzione, avendo cura di ribadire e rilanciare il ruolo della scuola pubblica, della formazione critica e dialogante, dell’autonomia dell’insegnamento, della gestione collegiale di ciò che ruota intorno ad essa, nella consapevolezza che proprio la scuola è il primo luogo deputato a produrre coesione sociale, sapere critico, contribuendo a rimuovere quegli ostacoli di carattere economico e sociale che alimentano le disuguaglianza.
Questo catalogo di problemi è ambizioso e non certamente completo; tuttavia siamo pronti a integrarlo con le proposte di chiunque voglia contribuire: quello che possiamo garantire è che l’approccio culturale all’analisi sarà privo di settarismi e perciò il lavoro redazionale sarà aperto all’apporto dei lettori e di chiunque voglia interloquire con noi. A guidarci il materialismo storico come metodo di analisi e l’obiettivo di contribuire
alla costruzione di una società di liberi e uguali.
La Redazione