Il leopoldino smargiasso

Questo numero avrebbe dovuto essere dedicato principalmente all’esame della legge di stabilità della quale tuttavia ancora oggi non conosciamo il testo e non abbiamo certezza su quali siano le poste di finanziamento di molte voci “strategiche” del provvedimento. Ce ne occuperemo quindi nel prossimo numero.
Il ritiro della candidatura di Luciano Violante da candidato a giudice costituzionale è certamente una buona notizia. L’alfiere del rafforzamento degli esecutivi che ha ispirato
largamente le sue proposte di revisione costituzionale alla visione mussoliniana sui poteri dell’esecutivo nell’architettura costituzionale è naufragata tra i veti incrociati del gran carrozzone PD. Ciò che ci duole è la permanenza alla presidenza della repubblica del “comunista” preferito da Henry Kissinger che continua a fare da manutengolo all’attuale inquilino di Palazzo Chigi.
Come avevamo previsto è in atto la messa in liquidazione della Ditta PD a tutto vantaggio del neonato PR. Si realizza così il progetto veltronian-gellista del partito a vocazione maggioritaria, ribattezzato più propriamente partito della nazione. La messa in liquidazione di quello che in anni lontani fu il PCI lascia dispersi migliaia di ex militanti, troppo stanchi per cercare una casa che non c’è.
La nostra responsabilità è quella di non aver saputo offrire delle alternative, di non aver saputo e cercato di costruire delle strutture di organizzazione capaci di analisi, proposta e organizzazione delle lotte in grado di fra crescere la coscienza di classe e di offrire una alternativa percorribile, di non essere riusciti a mettere a punto un progetto politico capace di aggregare una reale opposizione capace di resistere all’attacco capitalistico
e di contrattaccare.
In effetti se l’attuale presidente del consiglio appare vincente con i suoi annunci continui, i suoi colpi di teatro, le sue battutine, la colpa (o il merito se si vuole) è dei suoi non avversari, totalmente privi della capacità di cogliere la strategia-ideologia elementare che sta alla base del suo agire: privatizzare, applicando al massimo il principio di sussidiarietà a vantaggio dei privati, dalla scuola, agli asili, ai servizi sanitari, copiando da Formigoni e dalla legislazione lombarda il bonus bebè e quello scolastico, da spendere dove si vuole, distruggendo la scuola e gli asili pubblici, privatizzando le strutture sanitarie. Il governo in carica smantella ulteriormente il settore pubblico, si affida in tutto al mercato, confidando nella sua capacità di autoregolamentazione che non esiste e facendosi servo della politica di rapina di capitali internazionali e nazionale di carattere e natura speculativa, ben lontani dall’economia reale e legati alla  finanza.
Quello attuale è un governo “moderno” che ha trovato per le parole d’ordine sui diritti una particolare lettura per attuarli;
– alla richiesta di posti di lavoro risponde cominciando a togliere diritti e intanto premia gli industriali restituendo loro una parte dell’IRPEF in cambio di nulla e dicendo di confidare nel loro buon cuore;
– alla richiesta di una morte dignitosa risponde affamando gli anziani e rendendo più cara l’assistenza e riducendo le pensioni perché muoiano prima e più velocemente possibile; del resto devono essere solidali e limitare il debito pubblico facendo scendere la spesa pensionistica;
– alla richiesta di riconoscimento dei diritti di cittadinanza attraverso il riconoscimento delle coppie di fatto, del diritto di adozione, del diritto alla cittadinanza promette di intervenire prima, poi o forse nel modo più restrittivo possibile (cittadinanza dopo un ciclo scolastico, regolamentazione delle convivenze alla tedesca ecc.);

Intanto continua lo smantellamento dell’apparato industriale e produttivo e si preparano riforme istituzionali che consegnano il paese nelle mani di gruppi più o meno occulti che lo sostengono e che hanno messo a disposizione della sua Fondazione più di 2 miliardi di euro ai quali puntano i transfughi di destra e di sinistra, proti a mettere il muso nella mangiatoia.
A questa strategia arrivano le prime risposte dalla Fiom a Torino, dalla vertenza contrattuale sulla logistica, vero nodo strategico dell’economia italiana in questa fase che può mettere in crisi il controllo capitalistico sul lavoro. Ma non basta, e non basta nemmeno la proclamata manifestazione di Roma della CGIL, la quale dovrebbe abbandonare le pratiche concertative non perché il governo e il padronato, consci della sua debolezza non la vogliono al tavolo delle trattative, ma perché c’è bisogno di un sindacalismo conflittuale e antagonista al padrone, ben consapevole che la collaborazione di classe è tradimento e che non ci sono comuni interessi tra capitale e lavoro.
Se la CGIL deve riscoprire l’antagonismo di calasse, il sindacato antagonista deve riscoprire il valore dell’unità di classe, evitando di volersi contare attraverso iniziative separate. E’ venuto da tempo il bisogno di aprire un tavolo comune per costruire insieme un fronte di lotta unitario.

La redazione