IL TOPOLINO HA PARTORITO UN TOPOLINO

La vicenda delle elezioni regionali in Toscana e della lista di sinistra/ecologista in appoggio a Giani è veramente un caso di scuola.
Ovvero, come sia impossibile uscire dalla bottiglia. Dai riflessi pavloviani, dalle stesse medesime ricette, sempre peggiori e insipide a dire il vero, ma sempre, costantemente le stesse.
Eugenio Giani è il candidato, scelto da mesi, quando ancora una parte dei renziani era ancora nel PD e, quindi, considerati i rapporti di forza (non variati neppure oggi se non per puro trasformismo) un candidato renziano, blindato, a tutti gli effetti.
Lascio perdere il curriculum di Giani. Il fatto che navighi e galleggi da decenni nella politica non è detto che sia un male o un bene. Non è quello il punto.
La questione è ben altra. La Toscana “Rossa” potrebbe candidare anche Pluto, Pippo o Paolino Paperino senza che ciò comportasse alcun rischio per la tenuta del potere.
In Toscana il PD vince non perché la Regione è di qualche colore, ma perché quella galassia (di cui fa parte a pieno titolo Italia Viva, una specie di spin-off) detiene i rapporti privilegiati con il potere economico. Non i fantomatici “poteri forti”, ma le classi dominanti.
Sono rapporti pluridecennali che risalgono ai tempi della nascita della Regione, in cui il PCI governava proclamando il comunismo al centro e governando il capitalismo in periferia (insomma, periferia per modo di dire).
Chiariamoci. Nessuna questione morale, nessun mistero, nessuna spectre, nessun caso eclatante. Si tratta di rapporti caratterizzati da una classe dirigente formatasi negli anni e che ha stabilito modus operandi e modalità che vanno avanti da soli, o quasi.
Criteri che danno certezze all’economia, tranquillità e, attraverso il sindacato, sempre egemonizzato (anche se anno dopo anno questa egemonia mostra la corda) dalla galassia suddetta (l’errore di Renzi è stato quello di poter pensare che potesse essere giunta l’ora di uno strappo giacobino. Un brutto tiro che gli ha giocato il proprio superficiale approccio al potere), riesce a calmierare anche le varie situazioni di tensione (magari appoggiando maggiormente quelle vertenze in cui non si tratta di scontrarsi con le classi dominanti locali).
C’è da dire che il sistema ha funzionato, la Toscana è stata abbastanza bene amministrata, anche per la presenza di solide istituzioni civiche, di un’attitudine al confronto ecc..ecc..
Bene. Questo il dato da aggiornare alla nascita del PD, ovvero un decennio e più fa.
La nascita di quel partito non è stata l’ennesimo cambio di nome del PCI-PDS-DS, ma è stato un salto di qualità definito dal discorso del Lingotto.
Ovvero il conflitto sociale è il male.
Bene. Chiudo la parentesi PD.
A fronte della situazione sopra descritta, quale è l’arma scelta dagli strateghi renziani in Italia Viva e i rimanenti nel PD?
1) La blindatura di Giani, candidato non di basso profilo, come si dice, ma anzi, candidato nel segno della rassicurazione delle classi dominanti e degli interessi reali della Toscana.
2) La riproposizione (della quale, davvero ci chiediamo come possa ancora funzionare. Eppure funziona…) delle più trite retoriche dell’antifascismo (ovviamente depennato di ogni connotazione conflittuale…..un paradosso che può riuscire solo agli eredi del PCI) e del “voto utile”.
3) La diffusione di sondaggi farlocchi nei quali il (in questo caso la) candidato avversario appare “in crescita” con la chiamata a raccolta di tutti per la “democrazia in pericolo”. Invitando magari a votare usando quell’obbrobrio che è il voto disgiunto a corollario di una delle peggiori leggi elettorali di tutti i tempi. Quella, appunto della Regione Toscana.
4) Evitare di parlare in qualunque modo di programmi e di scelte.
5) Allargare le fasulle “alleanze” con improvvisate liste a sostegno, espressione di realtà del tutto minoritarie o inesistenti.
Proviamo a sviscerare questo “elenco”:
1) Il primo punto è quello fondamentale. La candidatura blindata di Giani, prima e dopo la creazione dello spin-off “Italia Viva” tale è rimasta. Questo è il dato di fatto al di là delle reali divergenze del debolissimo Zingaretti e confermata dalla truppa dei Renziani (il renzismo non era una frazione del PD ma l’interpretazione perfetta e conseguente – anche se non automatica – della linea di quel partito) rimasta a presidio dentro il
partito. Su questa candidatura non si è né discusso né la si è mai messa in discussione. Non è una “pessima candidatura”. Che Giani sia più o meno bravo o antipatico sono questioni insignificanti. L’importante è che cosa rappresenta veramente e di quali rapporti reali di forza sia espressione
2) Parafrasando Samuel Johnson, l’antifascismo pare essere diventato l’ultimo rifugio delle canaglie. Sopratutto se proviene da un partito che, sempre per motivi contingenti e strumentali, ha creato la devastante immagine (che si è affermata poi nel discorsi comuni, con un danno enorme alla verità storica) dei “Ragazzi di Salò” e ha
dedicato piazze e vie ai fascisti morti negli anni 60/70 (Veltroni), ha contribuito a creare la gigantesca operazione “foibe” accasandosi con la peggiore propaganda fascista, e che ha votato per equiparare comunismo e nazismo, addebitando all’URSS l’avvio della seconda guerra mondiale. Ma l’importante è riprendere in mano la retorica dell’antifascismo depurato da ogni connotazione di classe e rinnovamento sociale e radice della “libertà” contro la dittatura. Il problema è che questa ricetta funziona, anche perché, dall’altra parte, davvero, la destra italiana non ha mai messo nei cassetti il busto di Mussolini (del quale ormai ignora la parabola storica, sia chiaro).
3) I sondaggi che sono diffusi non sono falsi, ma sono evidenziati in maniera drammatica. Si espongono solo le forbici estreme. Si incute timore. La caduta è vicina. Stringiamoci a coorte. Questo senza neppure parlare minimamente di programmi, di visioni politiche. Del fatto che il PD ha distrutto il mondo del lavoro, ha votato
la Fornero, ha abolito l’art. 18 e, in Toscana come da altre parti, ha privatizzato la Sanità, vantandosi del taglio dei letti, dei fondi spesi per le strutture private, per i devastanti accorpamenti delle ASL (già il nome….).
Insomma i responsabili della crescita della destra e dall’aver messo in campo politiche di destra, chiamano a raccolta contro la destra. Un bel corto circuito, non c’è che dire. Ma, il combinato disposto dei punti 2 e 3 predispongono ad un risultato ottimale. Dopo, ovviamente seguirà la consueta lamentela rispetto a cosa si sia effettivamente votato. Ma, a quel punto, poco importerà. Perlomeno per i prossimi 5 anni e per ricominciare poi daccapo.
4) Questo è un punto essenziale. Il programma è già predisposto. Ed è quello di sempre, nel contesto dato del capitalismo e del liberismo come “stato di natura”: privatizzazioni, aeroporto di Firenze, “termovalorizzatori”, ecc…. Essendo il programma già pronto è assolutamente controproducente parlarne. Meglio essere d’accordo
in qualunque piazza si vada, anche a costo di sbandierare la bandiera del PCI come ha fatto Giani pochi giorni fa.
5) Quello delle alleanze è davvero un punto interessante. La candidatura di Giani si presenta sostenuta da 6 liste: Sinistra civica Ecologista, Orgoglio Toscana, Europa Verde, Svolta!, Italia Viva, PD . Di queste solo il PD e Italia Viva esistono realmente. Le altre sono o fasulli specchietti per le allodole per allargare la platea dei votanti in alcune aree o, nel caso della Sinistra Civica Ecologista, siamo di fronte ad un patetico raggiro (la provenienza è Sinistra Italiana, che, però, ha scelto a maggioranza di non sostenere Giani) di alcuni “navigati” politici che dopo aver vagato fuori dal PDS-DS-PD per una ventina di anni, sostenendo qualunque progetto da loro definito “a sinistra del….” (anche il più improbabile) pensano che adesso si debba rientrare nella “stanza
dei bottoni”. A parte che i bottoni non li trovò neppure il buon vecchio Nenni, buonanima, ma ragionare oggi con questi parametri vuol dire davvero non avere compreso pressoché nulla. Ma siccome tutte le volte che qualcuno si prova a richiamare un minimo di leggibilità e agibilità politica gli viene detto a mò di offesa (?) di
essere un “purista” (citando per miliardesima volta una battuta di Nenni – sempre lui!- imparata a memoria e fuori da ogni contesto), vorrei far presente che il “purismo” non c’entra proprio nulla. C’entrano i rapporti reali di forza, ovvero la realtà effettuale.
Se hai un soggetto politico che supera il 10% (oppure il 2% ma sei presente nei “punti” che contano) puoi essere sicuramente meno purista perché comune cominci a pesare e, volente o nolente, ti devono prendere in considerazione. O per i voti che puoi raccogliere o per gli interessi che puoi rappresentare. Quindi anche la tua
base ideologica può venire a patti e ad accordi con altri soggetti (quanti assessori mi date? quali assessorati?
quanti consiglieri possiamo far passare? come decidiamo il candidato, scriviamo insieme il programma, quali le linee fondamentali, quali le altre alleanze, ecc…ecc…., questi sono accordi politici).
Ma se se si parla di un soggetto che non esiste, che non ha un minimo di struttura, che non pesa o sta nascendo, a meno che non si tratti di cercare qualche posizione personale, sarebbe meglio farlo crescere (meglio se fuori dalla competizione elettorale) e strutturare un gruppo (di quadri?) che inizi a fare propaganda, militanza, e in
cui l’elaborazione intellettuale sia solubile nell’offerta politica. Questo è un lavoro lungo, ma in questa fase almeno un punto è essenziale: la chiarezza e quindi la cosiddetta “purezza” della propria posizione. Il PCI, che tutti hanno in bocca ogni volta che si parla di “purismo” nacque da una scissione di minoranza, e solo nel dopoguerra divenne un partito di massa.
Altrimenti è ovvio che il pesce piccolo, o spesso, il placton, semplicemente scompare.
Certo questo può accadere anche con forze più ampie, come i 5s, l’abbiamo visto, ma in quel caso è la mancanza di minime basi ideologiche (appunto!) e in cui la “purezza” si riduce a questioni di principio che ha giocato a favore di una quasi dissoluzione Quindi non è tanto la “purezza”, ma la chiarezza delle proprie posizioni ideologiche e la strategia che ad esse è strettamente collegata. La guerriglia può funzionare, quando il
“nemico” è potente ma lo si fa creando scompiglio e confusione nelle file avversarie non certo nella propria compagine.
Altrimenti a me pare che il “purismo” stia nella testa di chi pensa che il mondo esterno debba tener conto di quello che lui pensa senza essere edotto dai rapporti di forza.
Come la penso io? Che Giani stravincerà in Toscana come già è successo a Bonaccini (supportato, al momento giusto, dalle “sardine”) per tutta la serie di motivi che ho sopra esposto, ma, soprattutto per uno: la Toscana “rossa” ha in mano in cordoni della borsa e può garantire profitti e tranquillità nei rapporti con le classi dominanti. La destra leghista (che pure è assai diversa dalla destra della Meloni, e, forse non è neppure destra e non si sa neppure cosa sia) non ha in Toscana, così come in Emilia, nessuna classe dirigente degna di questo nome. Laddove ha vinto le elezioni comunali non ha poi portato avanti nulla (eccetto dove ha vinto la destradestra).
La Ceccardi è una patetica figura mandata di corsa in Europa dopo un paio d’anni di governo a Cascina.
Già la sua candidatura, se non nata sotto il segno di accordi “sottobanco” a cui non credo (ma non si sa mai!) è il segnale di una subalternità e una rinuncia ad un vero confronto (tra l’altro Fratelli d’Italia, se il risultato sarà pessimo comincerà a perdere davvero la pazienza). Molti elettori di destra, come è già successo ampiamente
nelle amministrative del 2019, voteranno Giani. Si vota con la pancia, ma soprattutto con il portafoglio e nessuno vuole fare salti in un orizzonte che sarebbe assai problematico (non dal punto di vista democratico, intendiamoci, ma da quello dell’agibilità e degli affari). La Lega (quella vera, di Giorgetti, non del “capitano”
che si autoevirato, caso più unico che raro nella storia d’Italia) ha interessi ben precisi in un’area del paese. Che non prevede la Toscana.
Certo, tutto può accadere, ma, francamente a me pare altamente improbabile un esito diverso da quello previsto.
Detto questo, le liste a sinistra di Giani sono divise in 3: il PC di Rizzo, che una specie di ditta individuale del cui scopo, francamente ci sfugge il significato. Il rinato PCI che, però, dal 2016 non riesce a decollare in nessun modo, anche perché è assai difficile resuscitare qualcosa che se n’è andato (tra l’altro a maggioranza) e che era
una cosa ben diversa. Tuttavia in quella compagine c’è qualche testa pensante. E, infine, c’è Toscana Sinistra di Fattori. Fattori si è dato assai da fare nella passata legislatura, le sue idee sono ottime e il programma anche. Ma, in 5 anni non è nato nessun soggetto politico e anche in questa occasione, la lista elettorale è stata rimessa
in piedi a pochi mesi dal voto. Anche questo è uno standard pavloviano, seppure con le migliori intenzioni, che rischia, a questo giro, perfino di non avere nemmeno un risultato decente.
Infine, quale è la questione? È quella di uscire dalla narrazione dell’emergenza democratica ogni volta che ci sono le elezioni. Anche perché questa emergenza è fasulla, strumentalizzata e, il che è davvero occasione di riflessione, spesso data dagli stessi comportamenti e scelte della maggioranza che dal dopoguerra governa la
Regione. Non è vero che destra e sinistra siano uguali. Il problema è che qui di sinistra non se ne vede più da qualche decennio

Andrea Bellucci