Prescrizione

Nell’arena politica italiana si discute in questo momento di una cosa abbastanza misteriosa chiamata prescrizione, ma pochi sanno chiaramente cos’è e ne comprendono la portata. Trattandosi di una questione giuridica molto tecnica, ciò
è del tutto comprensibile. E’ importante allora chiarire di che si parla, anche per capire bene se tutta la polemica politica che si sta sviluppando su questo tema, fino alla minaccia di crisi di governo ha davvero un senso. Bisogna perciò rispondere a due domande: a) cos’è la prescrizione e come opera? b) E’ davvero così rilevante per la collettività da essere determinante per la sopravvivenza o la fine di un governo?

Prescrizione e processo

a) La prescrizione è uno strumento giuridico che stabilisce le conseguenze del trascorrere del tempo nell’ambito del diritto. Agisce sia in campo civile che penale.
La prescrizione in ambito civile fissa il termine ultimo entro il quale un diritto soggettivo può essere esercitato, ad esempio il termine entro cui il lavoratore può pretendere dal datore di lavoro il pagamento della retribuzione non corrisposta alle scadenze ordinarie, oppure il negoziante può pretendere il pagamento di merce venduta ma per la quale
non ha ancora riscosso il prezzo. La prescrizione civile riguarda perciò diritti dei singoli, ed ha rilevanza nei rapporti che possiamo genericamente e un po’ imprecisamente definire contrattuali. La sua ragione di essere sta nell’esigenza di dare certezza ai rapporti giuridici (se non chiedo il pagamento della retribuzione al datore di lavoro per un certo numero di anni, perdo il diritto a riceverla).
Quella che invece ha maggior rilevanza a livello collettivo, e non a caso è anche quella di cui si dibatte nell’agone politico, è la prescrizione in campo penale. La sua ragion d’essere sta in vari fattori: con il passare del tempo diminuisce l’interesse dello Stato a perseguire il reo, per tutti i reati ma in particolare per quelli meno gravi che hanno infatti
prescrizione più breve, poiché vengono meno le esigenze di prevenzione generale; si presume che il reo col tempo si possa essere riabilitato acquisendo coscienza dell’errore commesso; in ogni caso, il decorso del tempo rende più difficile trovare le prove sia a carico che a discolpa.
La prescrizione è un istituto giuridico che non esiste negli ordinamenti di common law (Gran Bretagna e USA), non è presente neppure in tutti gli ordinamenti europei, ed è regolamentato in modi diversi in ciascun Stato.
In Italia la prescrizione comincia a decorrere dal momento della commissione del reato, e anche se il reato non è stato ancora scoperto. La durata della prescrizione è determinata dalla pena massima applicabile prevista dal codice di procedura penale e ne è previsto il raddoppio in caso di reati di particolare gravità. Ad esempio, per il furto la pena massima prevista dal codice è di sei anni, e perciò dovranno passare sei anni dalla commissione del reato per aversi prescrizione. Invece l’omicidio stradale è considerato un reato di particolare gravità per il quale è prevista la pena massima di sette anni. La prescrizione perciò si compie con il decorso di quattordici anni dalla commissione del fatto. La prescrizione inoltre non si applica ai reati che prevedono la pena dell’ergastolo.
La prescrizione può essere sospesa al verificarsi di determinati eventi che possono accadere nello svolgimento del processo, ad esempio un impedimento dell’imputato o del suo difensore (che ovviamente devono essere seri e gravi, come ad esempio una grave malattia del difensore che gli impedisca per un certo periodo di tempo di lavorare attivamente alla difesa). La sospensione comporta che alla cessazione del motivo della sua causa, la prescrizione riprenda a decorrere tenendo conto del tempo già trascorso. L’interruzione della prescrizione, determinata anch’essa da eventi di carattere
processuale quali la sentenza di condanna, l’ordinanza di convalida del fermo o dell’arresto, l’interrogatorio davanti al Pubblico Ministero e altri eventi processuali, comporta che essa inizi a decorrere di nuovo subito dopo l’atto interruttivo,
senza tenere conto del tempo già trascorso.
Nel 2017 la L. 103/2017 ha parzialmente modificato l’istituto della prescrizione prevedendo che l’interruzione abbia effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato ma non sono ancora sottoposti a giudizio, mentre la sospensione ha effetto limitatamente agli imputati nei cui confronti si sta già procedendo. Vi è inoltre una norma cosiddetta di chiusura che stabilisce che in nessun caso l’interruzione della prescrizione non può comportare l’aumento complessivo del tempo necessario a prescrivere per più di un quarto del totale.
Infine è intervenuta la riforma c.d. Bonafede, dal nome dell’attuale Ministro della Giustizia, che prevede lo stop alla prescrizione con la sentenza di primo grado, che sia di assoluzione o di condanna. In pratica questo significa che dopo la sentenza di primo grado l’imputato potrà essere perseguito per tutti i gradi di giudizio necessari, senza che il processo possa essere vanificato dal compimento della prescrizione. La prescrizione, o si è compiuta entro il giudizio di primo grado o non si compie più. La riforma, che non tocca nessun altro aspetto della prescrizione, si applica solo ai reati commessi dal 1 gennaio 2020 in poi e non a quelli commessi precedentemente.

Gli effetti della prescrizione

Questa lunga e probabilmente noiosa spiegazione, era assolutamente necessaria per consentire ai non addetti ai lavori di formarsi un giudizio e rispondere anche per conto proprio alla seconda domanda che ci siamo posti in precedenza.
b) Gli effetti della prescrizione in ambito penale operano evidentemente in primo luogo sull’imputato, colpevole o innocente che sia, sulle vittime e i danneggiati dal reato, e infine sull’ordinamento giuridico in generale.
L’imputato, se colpevole, ha un grande interesse alla prescrizione, che impedisce una sentenza di condanna nei suoi confronti. Ma anche l’innocente può avere interesse alla prescrizione, se vi sono molte prove circostanziali contro di lui che potrebbero portare ad una condanna. La legge dà all’imputato uno strumento in più per valutare il proprio interesse ed è la possibilità di rinunciare alla prescrizione, che viene (raramente) usato dall’imputato che ha interesse a vedere accertata giudizialmente la propria innocenza. La o le vittime del reato evidentemente hanno un interesse all’accertamento della verità e all’identificazione e condanna del reo, sia per avere giustizia, sia per poter ottenere un risarcimento in sede civile. Il verificarsi della prescrizione pregiudica questo loro fondamentale diritto.
Infine lo Stato, e perciò tutti noi, abbiamo un interesse coincidente con quello delle vittime del reato, sia per motivi dissuasivi e di prevenzione generale, sia perché una giustizia certa ed efficace è un potente strumento di pace e stabilità sociale. Una prescrizione eccessivamente breve, o un processo eccessivamente lungo, pregiudicano questi obiettivi. La soluzione però evidentemente non può essere a spese dell’imputato che, fino a condanna definitiva, deve ritenersi innocente. Questo è non solo un principio fondamentale della nostra Costituzione, ma è una norma di rispetto dei diritti umani, la cui violazione ci metterebbe fuori dalla civiltà. Perciò la prescrizione dovrebbe spingere chi, al servizio dello Stato, esercita la funzione giudiziaria, per arrivare celermente ad una sentenza definitiva, in un senso o nell’altro.
La rapidità che si richiede in tal caso presuppone però che i servitori dello Stato abbiano a loro disposizione tutti gli strumenti necessari allo scopo: in primo luogo un nuovo processo penale, adeguato alle esigenze della società contemporanea e al rispetto dei diritti di tutte le parti coinvolte, ma senza la possibilità di distorcere le tutele a fini non legittimi, e poi attrezzature all’avanguardia per le indagini, numero sufficiente di giudici e di personale delle cancellerie, aule idonee e così via.
Da ciò che si è appena detto, è evidente che l’interesse generale per uno strumento giuridico come la prescrizione non può essere sottovalutato. Tuttavia non si possono riassumere in esso tutti i problemi della giustizia in Italia, che sono molto più complessi e richiedono un intervento globale, sempre possibile purché si sappia che tipo di giustizia si vuole realizzare. Come praticamente in tutto, anche gli strumenti giuridici, anzi forse principalmente proprio gli strumenti giuridici non sono affatto neutri e se manca a monte una visione strategica della società in cui vogliamo vivere e far
vivere le generazioni future, qualsiasi intervento non è altro che una toppa mal messa.
Detto questo ripetiamo la domanda iniziale: è la prescrizione un argomento sul quale, in questo particolare momento storico-economico, un governo sta in piedi o cade? Se la discussione avesse ad oggetto una riforma complessiva della giustizia non esiteremmo a dare una risposta affermativa, ma ciò che vediamo ci sembra non abbia assolutamente nulla a che fare con l’interesse del Paese ad una seria revisione del sistema. Tuttavia, una volta che si sia capito un po’ meglio di cosa si parla, ognuno potrà farsi un suo fondato giudizio.

Il compromesso

Il problema di una discussione poco o nulla costruttiva non è sfuggito al governo, tanto è vero che il Ministro della giustizia ha presentato una proposta di legge per la riforma dell’intero processo penale. L’iniziativa è encomiabile e ci riserviamo di valutarla. Nel frattempo pare che tre partiti della maggioranza, dopo aver raggiunto un compromesso,
abbiano ripreso a litigare, questa volta aggiungendo alla già complessa questione della prescrizione, anche quella delle intercettazioni.
In un primo momento infatti era stato inserito nel decreto <milleproroghe> un emendamento all’ultimo intervento legislativo sulla prescrizione, che contiene alcune modifiche importanti: prima di tutto, la prescrizione si interrompe dopo la sentenza di primo grado, ma solo per gli imputati che con quella sentenza siano stati condannati; nel caso che l’imputato condannato in primo grado venga assolto in appello, il periodo di prescrizione già decorso viene per lui recuperato; l’interruzione della prescrizione rimane se l’imputato viene condannato anche con la sentenza di appello.
L’emendamento, importante perché non interrompe la prescrizione per tutti indistintamente, ma solo per i condannati, è stato poi stralciato e pare che venga riproposto con decreto legge, non si capisce se insieme alle intercettazioni, o con decreti distinti. Comunque sia rimane una toppa mal messa, a meno che non sia parte di una radicale riforma del processo penale, come promesso dal Ministro; staremo a vedere.

Dr. Artam