L’Associazione Scuola della Repubblica tenta finalmente di uscire dalla crisi, ritornando alle origini: un’associazione di comitati locali, voluta e garantita dai soci fondatori che, profondamente convinti della necessità, importanza e centralità di una presenza collettiva e organizzata nella società in difesa dei valori propri della scuola pubblica, della sua laicità hanno scelto l’azione collettiva e per questo hanno escluso che la struttura creata fosse
espressione di adesione individuale.
Non quindi un’associazione di persone, ma di entità politiche che vivono la loro vita collettiva sul territorio e nell’azione coordinata in difesa dei valori della Repubblica. Non è un caso infatti che ogni comitato ha scelto e utilizzato una propria denominazione nel contesto territoriale nel quale opera. L’associazione di associazioni, pluralista per natura,
aperta al confronto dialettico, anche orientamento diverso, alla ricerca attraverso il dialogo di posizioni comuni. Questa scelta aveva un intento e un fine preciso: impedire che l’associazione costituisse un partitino, una delle ennesime formazioni politiche intente a contendersi i favori della scena politica e il consenso elettorale.
Non è un caso che Scuola della Repubblica è stata in grado di dar voce alle iniziative emerse intorno alla scuola pubblica sia a proposito della difesa della sua laicità, impegnandosi sul problema della presenza dell’insegnamento della religione cattolica e degli atti di culto, contrastando l’una e le altre, sia a riguardo della gestione democratica della scuola.
Vivendo nella società i comitati che hanno costituito l’associazione hanno risentito e sono stati il riflesso della capacità di mobilitazione sociale e perciò hanno subito un innegabile crisi di fronte ad iniziative legislative come la “buona scuola” che rappresenta il punto di arrivo della criminale trasformazione della Scuola della Repubblica avviata dall’Ulivo e da
Luigi Berlinguer, che hanno scientemente messo in atto l’aziendalizzazione della scuola per consentire attraverso la gestione pubblico-privato dell’istruzione, l’ingresso dei privati a pieno titolo della gestione della scuola e l’ottenimento di finanziamenti pubblici a tutto detrimento della scuola di tutti.
L’attacco culturale alla scuola pubblica è stato così profondo da incidere e condizionare le stesse forze che cercavano di contrastarlo, diffondendo l’idea della mobilitazione delle risorse personali, accettando e condividendo, la logica dei corsi di formazione, della rincorsa agli accreditamenti, per rientrare nel nuovo sistema della scuola a punti dove
il docente deve affrontare sempre nuovi step per poter “progredire” della carriera, è sempre più oberato dalla crescita del lavoro burocratico, a tutto svantaggio dell’attività di insegnamento, è costretto a un’attività per progetto per rincorrere improbabili e incerti incrementi di salario.
Tenendo conto di tutto questo è stato un errore che nell’ambito dell’Associazione si sviluppassero attività di formazione, con conseguente accreditamento ministeriale che hanno rivolto verso utilizzazioni improprie le risorse dagli associati trasformando un’associazione di volontari, in una associazione del terzo settore, che dietro l’assenza di fini di lucro nasconde un’attività comunque economica.
Il ritorno ai comitati territoriale e alla dimensione collettiva
Questo snaturamento dei fini dell’organizzazione non poteva non ripercuotersi da un lato in un’assenza di iniziativa politica e dall’altro nell’assunzione di posizioni politiche univoche con alla fine l’emersione di elementi di soggettività che facevano perdere all’Associazione Scuola della Repubblica la sua funzione di collettore di iniziative territoriali per farla divenire l’ennesima voce gruppettara del panorama sconsolante di una sinistra frammentata, incapace di iniziativa politica e non radicata sul territorio.
In questa situazione la scelta dei soci fondatori di ritornare allo Statuto originario del 2000, facendo emergere e valorizzando le scelte dei Comitati locali, a tutto detrimento delle individualità che da parte loro continuano a rivendicare che “uno vale uno”, e anche questa e democrazia, senza capire che ognuno, solo se inserito in una dimensione e azione
collettiva, vale più di uno, e perciò cercano il rilancio dell’Associazione come insieme di Comitati territoriali.
E lo fanno invitando a riflettere sull’azione collettiva dei Comitati e sui bisogni sociali di oggi della scuola. Ciò significa sviluppare e rafforzare l’opposizione ai test Invalsi, quale distorsione dei fini e errata misurazione dell’efficacia della scuola e della sua dimensione educativa, pronti a valorizzare l’offerta formativa, a rafforzare la capacità di coesione
sociale della scuola che va perdendosi a causa del prevalere dell’attività per obiettivi burocratici efficientisti accentuata dalla “buona scuola”.
Ecco perché bisogna ritornare ai valori della laicità dell’insegnamento, all’universalità dell’intervento sociale della scuola e perciò mantenere l’unitarietà del sistema della scuola pubblica contro ogni tentativo di frammentazione regionale perseguita attraverso l’autonomia differenziata, ponendo come obiettivo il recupero della capacità formativa.
In una società come quella attuale non basta il sostegno alla scuola dell’obbligo pubblica, ma la scuola deve diventare strumento di formazione permanente, per coinvolgere sia gli analfabeti di ritorno che i migranti in una attività formativa, per ora anche svolta grazie ad iniziative di volontariato che utilizzino le strutture pubbliche per creare luoghi di incontro, di solidarietà e di partecipazione. Nello svolgimento di questi compiti Scuola della Repubblica, attraverso i Comitati che vi afferiscono è associazione di volontariato e non associazione para-economica del terzo settore per lo svolgimento di attività di formazione a tassazione agevolata.
G. C.