Il sultano Erdogan ha deciso di annientare la presenza Kurda nel nord del territorio siriano attraverso un operazione di pulizia etnica. Con la scusa di creare una” zona cuscinetto” tra il confine siriano e quello turco ha intrapreso un’azione militare per scacciare le popolazioni da quell’area e sostituirle con gli sfollati siriani in Turchia. In questo modo il despota turco, con l’accordo degli americani e il consenso russo, iraniano e siriano raggiungerebbe numerosi obiettivi: · si libererebbe della popolazione kurda in un’area che prende il nome di Rojava; · libererebbe i suoi amici jiadisti che sono ancora presenti in parte di quel territorio da coloro che li hanno sconfitti: i Kurdi;
· si liberebbe almeno in parte dei 3 milioni di profughi siriani;
· porrebbe un’ipoteca su parte del territorio siriano, importante per la vicinanza alle
sorgenti d’acqua e della regione;
· potrebbe avanzare opzioni sullo sfruttamento delle risorse petrolifere nella zona.
Gli Stati Uniti assistono, compiaciuti, dopo aver utilizzato i Kurdi contro Daesh; i russi aspettano che si ricorra a loro; gli iraniani protestano, senza convinzione e si propongono come mediatori, Assad è contento di liberarsi di una rogna.
La Federazione Democratica del Rojava – Siria del Nord
Ma perché tanto accanimento per poche città e villaggi. Innanzi tutto va detto che i Kurdi sono una nazione e un’etnia, anche se non hanno uno Stato. Avrebbero dovuto averlo dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano, quando le grandi potenze si spartirono le sue spoglie, ma poi queste vennero meno alle loro promesse, tanto che nella diplomazia internazionale si suole dire che “Tutti nella loro vita hanno tradito i kurdi almeno una volta”!
A ripercorrere tradimenti e cambiamenti di alleanze a proposito dei kurdi non basterebbe un’enciclopedia; basti qui dire che attualmente i Kurdi sono circa 50 milioni, distribuiti tra l’Anatolia (20 milioni che costituiscono il 15-20 % della popolazione turca), la Siria, l’Irak e l’Iran. Il Kurdistan iracheno si è conquistato una relativa autonomia politica, come regione federale dell’Iraq, in seguito alla fine del regime di Saddam Hussein che li represse con i gas asfissianti, uccidendone in un solo giorno 5.000. Anche il Kurdistan siriano ha acquisito l’autonomia politica, di fatto dall’inizio della guerra civile siriana, ma è questa che dee finire.
Nelle loro aree di residenza i Kurdi sono la maggioranza della popolazione, ma coabitano con arabi, assiri, armeni, azeri, ebrei, osseti, persiani, turchi e turcomanni. Ne consegue che anche se la maggioranza degli abitanti di queste aree è di religione islamica, sia sunnita sia sciita, un forte gruppo è rappresentato da cristiani appartenenti a varie confessioni e sono presenti appartenenti a minoranze di yasidi, zoroastriani, yarsani, aleviti, ebrei, shanaki e mandei, considerati pagani (ebrei esclusi) e quindi ridotti in schiavitù da Daesh. Proprio questa composizione multietnica e multi religiosa di questo territorio posto a Nord della Siria ha dato vita all’esperienza di Royava. Invece che combattersi tra etnie e tra appartenenti alle diverse religioni gli abitanti della regione, sotto la spinta dei Kurdi, hanno dato vita ad un esperimento originale di convivenza che sconvolge e capovolge le logiche politiche che guidano la composizione a base fortemente religiosa delle entità politiche della regione, un’area dove prevale il fondamentalismo islamico, costituendo il Rojava, che ha scelto come tratto caratteristico della propria esistenza la laicità.
La Repubblica Rojava
Quando nel 2012 le forze governative siriane , in seguito allo scoppio della guerra civile, si trovarono costrette a ritirarsi da tre aree abitate in prevalenza dalla minoranza kurda lasciando indifese le popolazioni, subentrarono nella difesa del territorio le milizie curde dell’Unità di Protezione Popolare (YPG) e vennero costituiti il Partito dell’Unione democratica (PYD), il Comitato Supremo curdo (Dbk) ed il Consiglio Nazionale Curdo (CNC), quale organo di governo del Kurdistan siriano. Il Consiglio era composto da un numero pari di militanti del PYD e del YPG.
I miliziani, uomini e donne. si opposero allo sterminio etnico e alla riduzione in schiavitù, messe in atto da Daesh che in applicazione dei principi coranici considerava schiavi i non musulmani e oggetto di riduzione in schiavitù gli appartenenti alle altre religioni che non fossero ebrei e cristiani sottoposti prevalentemente alla tassa di religione e alla conversione forzata, quando non uccisi immediatamente. La forte repressione messa in atto da Daesh riunì tutta la popolazione non fondamentalista musulmana intorno alle milizie Kurde , in prima fila contro i jiadisti.
Il Contratto Sociale del Rojava
Il 30 gennaio 2014 venne promulgato il Contratto Sociale del Royava che sanciva la nascita di una federazione cantonalistica di regioni autonome, all’interno della porzione settentrionale della Siria. La nuova entità statale si definisce come una Repubblica parlamentare fondata sul pluralismo etnico e culturale e sul decentramento politico-economico.
Siamo di fronte a una forma di governo basata sul confederalismo democratico teorizzato dal socialista libertario Murray Bookchin che può essere definito come una forma di amministrazione politica non statale, ovvero come una democrazia enza Stato, che affida la gestione delle attività pubbliche alla partecipazione popolare e diretta di tutti, soluzione formulata e sostenuta da Abdullh Öcalan, capo del partito PKK, Partito Comunista Kurdo, da anni prigioniero dei turchi.
Questa forma di entità statale e di governo è flessibile, multi-culturale, anti-monopolistica, ed orientata dal consenso popolare; si caratterizza per la secolarizzazione del culto e dei valori e perciò fa propria la parità tra uomini e donne nella società, nell’amministrazione delle strutture pubbliche, nell’esercito e in tutti gli aspetti della vita sociale; condivide i valori dell’ecologismo, rispetta le tradizioni, ma rinnova il costume, rifiutando la copertura della donna e la sua emarginazione dalla vita sociale, prova ne sia che a dirigere le amministrazioni pubbliche sono preposte un uomo e una donna, e così avviene per molti incarichi pubblici. Il Rojava ha fatto della laicità il tratto distintivo di comportamento verso l’appartenenza religiosa, garantendo pari trattamento a credenti e non credenti e tutelando l’ateismo, riuscendo così a sconfiggere alla radice il fondamentalismo religioso, comunque connotato.
Le istituzioni più significative sono l’Assemblea legislativa, il Consiglio Esecutivo, l’Alta Commissione per le elezioni, la Suprema Corte Costituzionale, ed i Consigli municipali e provinciali nei quali è garantita la parità uomo-donna.
Il Rojava è diviso in quattro regioni (precedentemente note come cantoni), fondate, secondo l’articolo 8 del Contratto Sociale, che hanno fatto proprio il principio dell’autogoverno; ogni regione, infatti, oltre ad essere divisa in più province, ha un proprio consiglio, eletto a suffragio universale. Attualmente sono riconosciute 3 regioni e 7 province.
La distruzione di un’anomalia
Per questo motivo l’esistenza stessa del Rojava, la sua capacità di garantire la partecipazione e la pari libertà di tutte le componenti della società, costituisce una sfida mortale per tutti gli Stati dell’area, fortemente caratterizzati a base etnica e religiosa. Da questo punto di vista Rojava costituisce un pericolo mortale che va abbattuto ed è perciò che viene aggredito non solo dall’autocrate fondamentalista turco, ma anche dalle milizie lealiste di Ashar al Assad. dalle forze dell’opposizione cosiddetta democratica, dai jiadisti e non difeso dagli Stati Uniti.
Si tratta di un’esperienza di lotta proletaria e sociale che i comunisti anarchici non esitano a definire libertaria, pur trattandola con il massimo rispetto e quindi non desiderando in alcun modo mettervi il cappello,ma proprio per questo hanno il dovere di dare a questo popolo la massima solidarietà.
Come è noto c’è chi lo ha fatto come Lorenzo Orsetti nome di battaglia “Tekoser”, morto a Baghuz,combattendo, il quale dichiarava “Vogliono costruire una società più giusta più equa. L’emancipazione della donna, la cooperazione sociale, l’ecologia sociale e, naturalmente, la democrazia. Per questi ideali sarei stato pronto a combattere anche altrove, in altri contesti. Poi è scoppiato il caos a Afrin e ho deciso di venire qui per aiutare la popolazione civile a difendersi”.
Ma per aiutare la popolazione della Rojava, kurda e non solo, ci sono tanti modi. Ognuno è moralmente impegnato a dare come può e quello che può, e in ogni caso a costruire la mobilitazione internazionale e la solidarietà in difesa di valori che sono universali, ben consapevole che i Governi legati dai lacci e lacciuoli e dagli interessi economici, si guarderanno bene dal sostenere un’esperienza che dimostra che un mondo migliore è possibile, ma non si rendono conto che restando inerti lasciano spazio al fondamentalismo e alimentano la guerra, la disperazione dei popoli, la paura, la fuga, alimentano una massa di profughi sempre più incontrollata e incontrollabile.
Colpisce particolarmente la posizione dei cosiddetti esponenti della sinistra riformista, pronti a nascondersi dietro le convenienze, pronti a sostenere che non si può contrastare Erdogan, perché se no fa partire i rifugiati per i quali riceve sei miliardi di euro dalla UE per fare il carceriere a pagamento, salvo poi a lamentarsi dei migranti e i rifugiati per non avere i quali, però, occorrerebbe rimuovere le cause della loro fuga.
La verità è che la guerra fa comodo a tutti perché permette di vendere le armi (sono italiane le bombe e le mine con le quali i sauditi massacrano i yemeniti), consente di tenere a freno i popoli, permette di continuare a razziare le loro risorse, salvo poi lamentarsi quando questi, spinti dalla fame e dalla povertà, fuggono in cerca d’asilo.
Ebbene, per una volta che un popolo ha trovato una soluzione ed anzi si è sacrificato per difendere i diritti umani di tutti, per affermare la libertà di culto e di coscienza, consentire ed aiutare l’emancipazione delle donne, difendendo questi valori contro il fondamentalismo cinicamente si assiste inerti al suo massacro. Vigliacchi!
La Redazione