Le basi economiche della rinascita dell’antisemitismo

L’11 maggio 2019 si è svolta a Varsavia la più grande manifestazione antisemita dalla fine della seconda guerra mondiale: circa 150 mila i partecipanti. Il successo dell’evento è stato collocato all’interno della rinascita delle destre in Europa e spiegato con i rigurgiti nazisti e fascisti, ma la spiegazione fornita è decisamente semplicistica e non aiuta a capire quello che sta avvenendo e potrà avvenire. Tanto più che sembra in arrivo per la Polonia l’apertura di una procedura di infrazione per aver violato uno dei principi costitutivi dell’Unione: il rifiuto dell’odio per motivi religiosi e di appartenenza etnica.
Per identificare le cause di tanta partecipazione bisogna quanto meno rifarsi alla Dichiarazione di Terezin del 30 giugno 2009, firmata da 48 paesi europei, per la parte che di riferisce all’espropriazione dei beni avvenuta in occasione dell’Olocausto e questioni correlate, con la quale i firmatari si impegnavano a rifondere gli ebrei per le requisizioni e i danni economici subiti a causa della persecuzione nazista e fascista e tenendo conto che solo una minima parte delle proprietà confiscate è stata recuperata o compensata [1].
Inoltre questa norma si interseca e si integra nei cosiddetti Criteri di Copenaghen del 1993 che stabiliscono le condizioni alle quali gli Stati ex socialisti possono aderire al Consiglio d’Europa e all’Unione Europea, stabilendo che restituiscano ai legittimi proprietari le terre e i beni espropriati senza indennizzo durante il regime comunista. Va tenuto conto che i principali beneficiari di tali restituzioni sono le confessioni religiose che videro nazionalizzate le loro proprietà per dare attuazione alla riforma agraria e alla statalizzazione della proprietà, nel quadro del sostegno all’ateismo di Stato. Le due questioni si legano perché i beni collettivi ebraici appartenevano anch’essi a una confessione religiosa.
In ottemperanza a questi impegni, con provvedimenti ripetuti e a volte sofferti, frutto di mediazioni e complesse trattative tra le diverse forze politiche, tutti i paesi dell’Est oggi appartenenti all’Unione Europea hanno provveduto alla
restituzione o compensazione dei beni confiscati, ad eccezione della Polonia. Al di fuori dei paesi aderenti all’Unione Europea solo la Bosnia Erzegovina è totalmente inadempiente, ma la soddisfazione di questa clausola è stata posta tra le condizioni per consentirle l’adesione all’Unione. Ne deriva un obbligo generale alla restituzione dei beni confiscati senza indennizzo in tutto lo spazio europeo.

[1] Questo documento è l’ultimo di una lunga serie. Si vedano a riguardo gli atti della Conferenza dell’oro nazista di Londra del 1997, della Conferenza di Washington del 1998 sulle attività dell’era dell’Olocausto, la Dichiarazione di Stoccolma del 2000, della Conferenza di Vilnius dell’ottobre 2000 sui beni culturali saccheggiati nell’era dell’Olocausto.

La sottrazione dei beni agli ebrei e delle comunità ebraiche

Occorre dire che se sé vero che le attività di confisca si svolsero anche nel periodo pre-bellico la sottrazione dei beni agli ebrei avvenne nei diversi Stati con l’occupazione tedesca. Nel dopoguerra si assistette all’approvazione di alcune leggi di restituzione agli ebrei ma l’espropriazione delle proprietà private di terre e patrimoni ingenti prosegui durante il periodo comunista ed ebbe per oggetto le proprietà delle confessioni religiose. Questo fenomeno nel suo insieme ha prodotto una falla nella certezza del diritto in relazione ai diritti di proprietà quando, con il ripristino della proprietà privata e l’approvazione del principio generale del diritto alla restituzione o compensazione dei beni confiscati
senza indennizzo venne generalmente accettato. Ciò malgrado le incertezze sull’esercizio del diritto di proprietà e il ripristino della legalità venne accentuato dalla dismissione della proprietà statale con la vendita del patrimonio pubblico o
parte di esso seguita alla caduta delle democrazie popolari dell’Est Europa. Cominciarono così le rivendicazioni del diritto di proprietà da parte degli ex proprietari.
Nei paesi dell’Est Europa vi era e ancora c’è una incertezza diffusa sulla titolarità piena della proprietà di terreni e immobili e di ciò risente notevolmente il mercato immobiliare poiché chi acquista un bene è esposto ancora oggi alle
rivendicazioni del vecchio proprietario. D’altra parte le leggi per il ripristino del diritto di proprietà per gli antichi proprietari, anche quando esistono, non sempre possono essere applicate, consentendo la restituzione del bene confiscato
perché nel frattempo le trasformazioni subite dalle proprietà e dai beni ne hanno mutato il valore oppure hanno creato nuove situazioni nelle quali è necessario ricorrere a una compensazione per lo più monetaria, operazione che richiede allo Stato la disponibilità di notevoli capitali, vista l’imponenza del valore dei beni confiscati o espropriati senza indennizzo quando non semplicemente requisiti.
Da quando detto possiamo individuare tre categorie di soggetti interessati alla restituzione:
– i privati nuovi proprietari che dovrebbero restituire la proprietà illegittimamente acquisita perché proveniente da espropri e confische che in parte coinvolgono lo Stato quando questo ha prima acquisito la proprietà e successivamente
l’ha ceduta (non trascurabile è poter dimostrare di aver posseduto la proprietà legittimamente prima degli espropri a causa dell’incertezza delle documentazioni inesistenti o disperse);
– le confessioni religiose e le loro persone giuridiche che rivendicano la restituzione o compensazione dei beni che a queste o alle loro persone giuridiche sono stati sottratti;
– gli ebrei, singoli individui e confessione, che hanno perso le proprietà spesso in seguito a eventi bellici o con modalità tali da essere più difficilmente ricostruibili e i cui eredi sono a volte difficilmente identificabili, anche a causa del
genocidio di intere popolazioni.

L’intervento degli Stati Uniti

A complicare ancor più la situazione è intervenuta il 9 maggio 2018, il JUST Act 477, ovvero il “Justice for Uncompensated Survivors Today Act”, una legge approvata dal Governo degli Stati Uniti che stabilisce: “Entro e non oltre 18 mesi da questa data, in attuazione della presente legge, il segretario di Stato deve presentare una relazione ai comitati congressuali competenti che valuti e descriva la natura e portata delle leggi nazionali e politiche esecutive dei
diversi paesi per quanto riguarda l’identificazione e il ritorno o la restituzione dei beni sequestrati o trasferiti in modo errato nell’Olocausto e valutato rispetto agli scopi e agli obiettivi del Conferenza sulle attività dell’era dell’Olocausto del
2009 ( Dichiarazione di Terezin), tra cui:
(1) il ritorno al legittimo proprietario di qualsiasi proprietà, compresa la proprietà religiosa o comunitaria, che è stata ingiustamente sequestrata o trasferita;
(2) se la restituzione di qualsiasi proprietà descritta nel paragrafo (1) è non è più possibile la fornitura di “sostituti comparabili”.
Questa legge è stata fortemente voluta dalla lobby ebraica americana e ora il timore di molti polacchi è che il governo di ultradestra retto, dal PiS (Prawo i Sprawiedliwość – Diritto e Giustizia), ceda alla richiesta degli Stati Uniti, così implicitamente ammettendo la veridicità della narrativa storica ebraico-israeliana che ritiene la Polonia parzialmente responsabile per l’Olocausto, nonostante i suoi circa tre milioni di vittime non ebrei della Seconda Guerra Mondiale (tra cui oltre due milioni di morti per mano dei tedeschi e quasi un milione dai sovietici), oltre ai suoi tre milioni di vittime ebree. In totale, circa 6 milioni su 35 milioni di cittadini polacchi morirono nella seconda guerra mondiale, per non parlare dell’enorme distruzione materiale che il paese ha subito soprattutto in alcune città, come la capitale Varsavia, quasi
completamente distrutta. È per questo motivo che la manifestazione di Varsavia aveva come obiettivo l’Ambasciata degli Stati Uniti.

Interessi e coscienza sporca

Sono state dunque due le componenti che hanno alimentato la manifestazione. L’antisemitismo, a riprova della responsabilità dei polacchi nella persecuzione degli ebrei (basti ricordare quanto fosse diffuso e radicato l’antisemitismo in Polonia prima della II guerra mondiale, alimentato dalla Chiesa cattolica polacca sempre retriva) e l’interesse, rappresentato dal veder consolidato il diritto sulle proprietà acquisite e il desiderio di non pagare con i soldi pubblici le operazioni di compensazione delle proprietà illegittimamente acquisite dallo Stato e poi immesse sul mercato. In alcuni paesi dell’Est Europa questa seconda causa di risentimento verso l’ebraismo è stata rimossa mediante l’estinzione della presenza ebraica (basti pensare a quanto avvenuto sui territori della Bielorussia dove questa presenza è stata cancellata da 3 milioni di morti ad opera dei nazisti). Ma se riflettiamo sulle ragioni dell’olocausto, non possiamo trascurare che nell’antisemitismo era incorporato l’obiettivo economico di cancellare una media borghesia e una classe operaia e contadina che era stata la base delle rivendicazioni sociali di quei paesi, il che era obiettivo più importante dell’espropriazione dei beni di qualche capitalista ebreo. Dietro la retorica dell’ebreo rapace si nascondeva infatti l’odio diffuso verso coloro che considerati diversi, sembravano avere e in parte avevano condizioni migliori di vita perché facenti parte della classe borghese perché proprietari di terre, perché appartenenti alla classe operaia specializzata. Per comprendere l’ideologia della destra, la sua capacità di incitazione all’odio, bisogna capire il concetto della creazione del nemico interno al quale essa ricorre per imporsi; per farlo ha bisogno di dare al popolo un’illusione di potenza e un odio sociale da coltivare che è ciò che manca ai diseredati e che fornisce l’illusione, anche materiale, dell’obiettivo raggiungibile: mi predo la casa del mio vicino ! E’ perciò che l’antisemitismo è interconnesso al nazionalismo, alle politiche ideltitarie, alla coltivazione di parole d’ordine come nel nostro caso … prima gli italiani.

Gianni Cimbalo