I FRUTTI DELL’ODIO RAZZIALE

I coltivatori dell’odio razziale cominciano a raccogliere i frutti del loro incitamento alla mobilitazione. A Firenze Roberto Pirrone ha ucciso con 5 colpi di pistola, uno dei quali esploso quando l’uomo era già a terra, Idy Diene, immigrato regolare con permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Pisa, ambulante. Ma Idy era di pelle nera e di origine senegalese.

L’omicida sapeva bene chi fosse la vittima. Sapeva che Idy coabitava con Ndeye Rokhaya Mbendue, [di professione badante] vedova del cittadino senegalese Samb Modou, suo cugino, ucciso insieme al connazionale Diop Mor nel 2011 da Gianluca Casseri, militante di CasaPound. Lei, che viene chiamata Ken, aveva ricevuto la cittadinanza italiana dal sindaco di Firenze dopo aver partecipato ad un’iniziativa delle Rete Antifascista di San Jacopino-Porta al Prato-Puccini, con la proiezione del film Va pensiero. Storie ambulanti e l’apertura di una petizione per intitolare il giardino del quartiere a Samb e Diop uccisi nel 2011.
L’assassino conosceva bene la vittima perché l’ambulante vendeva la sua merce e frequentava abitualmente lo stesso quartiere abitato dall’omicida. L’omicida, moto razzista. Come affermano in molti era dunque consapevole che la sua mano omicida si sarebbe accanita contro un appartenente a una comunità di migranti che ha saputo integrarsi nel tessuto sociale fiorentino. E allora, non volendo “suicidarsi” come il suo predecessore,  si è precostituito una “prova” per supportare la sua pazzia, il suo squilibrio. Ha lasciato  un biglietto nel quale dichiara di volersi suicidare e cerca così di accreditare la pista della follia omicida. Macerata ha fatto scuola: non c’è che dire !
Agli inquirenti basterebbe scavare almeno un po’ nei fatti per trovare le prove e capire.
I mandanti politici di quello che è avvenuto vanno invece cercati tra i sostenitori della tesi che ciò che è avvenuto a Macerata è frutto della follia; costoro sono gli stessi ad aver istigato l’omicida di Firenze.

I senegalesi e i migranti a Firenze

La comunità senegalese sta reagendo in modo responsabile, in quanto almeno una parte di essa – quella di più antica immigrazione – è ben integrata e inserita nel tessuto sociale. In questi anni si è inserita nelle attività delle diverse comunità migranti, ha sviluppato un ruolo costruttivo con la struttura religiosa di riferimento, una moschea gestita cercando di essere luogo di riferimento indifferenziato per tutti. La diversità della situazione fiorentina è costituita dal fatto che la maggior parte delle differenti comunità migranti sono parte di un tessuto sociale composito e vedono la presenza di persone provenienti da diversi paesi del mondo, forse più che in alti luoghi.
In questi ultimi anni la gestione renziano-nardelliana della città ha fatto di tutto per desertificare il centro storico, svuotandolo, e facendone il luogo preferito per insediamenti alberghieri e di resort, favorendo la fioritura di locali prevalentemente dedicati al turismo e alla ristorazione mordi e fuggi. Molti gli insediamenti edilizi a fini speculativi e il respingimento dei fiorentini come dei migranti verso i quartieri periferici dove vi sono tuttavia iniziative per mantenere vivo il tessuto sociale e sviluppare reti di solidarietà.
A Firenze esistono ancora alcuni comitati di quartiere che si coordinano tra di loro che cercano di concretizzare iniziative di solidarietà con doposcuola per i bambini svantaggiati, di sostegno alle donne specialmente migranti che concentrano la loro attività su iniziative inclusive e di comunicazione tra le diverse componenti sociali presenti nei quartieri. Non è un caso se CasaPaund e le altre organizzazioni fasciste tentano di inserirsi per spezzare queste reti di solidarietà anche con azioni di provocazioni e minacce.
Come hanno dimostrato iniziative svoltesi in occasione del cinquantenario dell’inizio del ‘68 a Firenze la città conserva ancora la memoria storica delle lotte passate e non solo i centri sociali ma comitati e strutture territoriali che fanno anche capo a quel poco che resta della struttura territoriale di organizzazione del movimento operaio che il PD renziano fa di tutto per distruggere cercano di far fronte all’avanzata della destra politica e sociale. Esiste ancora una rete antifascista cittadina della quale fanno parte l’AMPI e spezzoni della CGIL, esistono ancora numerose iniziative culturali e politiche sul territorio che in parte spiegano anche i risultati elettorali. Ci riferiamo ai due centri sociali, Mondeggi e Ateneo Libertario e alla Comunità de Le Piagge., frazione di Brozzi, che sorge nella periferia ovest di Firenze verso il comune di Campi bisenzio, guidata da sacerdote Don Santoro. Sul piano istituzionale e sul territorio opera poi un gruppo politico rappresentato in Consiglio Comunale confluito oggi in Potere al popolo: queste forze nel loro insieme operano sul territorio insieme a gruppi di comunità.

Difendersi per crescere

L’intelligenza politica di chi fa parte delle strutture che abbiamo appena menzionato è tale da non necessitare di alcuna indicazione esterna sul da farsi.
Ci limitiamo a constatare che solo una mobilitazione costante e continua, la costruzione di strutture sul territorio che includano insieme migranti e popolazione autoctona, possono offrire gli strumenti non solo per resistere ma per contrastare l’attacco che viene portato alle strutture di classe il cui collante e la ragion d’essere risiede nei comuni interessi di classe da difendere, nella solidarietà, nella lotta comune per i diritti alla vita e al lavoro dignitosi. Di fronte all’attacco reazionario si deve stringere la solidarietà di tutti per evitare, come Bertol Brecht ricordava che succeda che “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei. E stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.”
E’ significativo che proprio nella città, vetrina del turismo di élite, si sviluppi una resistenza all’assedio capitalistico, una resistenza alla guerra di classe che il capitale conduce contro il lavoro e le classi subalterne. Bisogna che la città soffocata dal renzismo recuperi la memoria viva delle esperienze passate che vanno dalle lotte di quartiere, e tra queste quelle dell’Isolotto, certamente noto ai più, alle lotte operaie della Pignone come della Galileo e di altre aziende anche se il tessuto operaio della città è oggi in gran parte distrutto, alle lotte studentesche particolarmente vivaci a Firenze anche a causa delle forti comunità di studenti fuori sede.
Oggi in conflitto sociale si sviluppa tra i fiorentini dei quartieri popolari e le componenti immigrate residenti nella città e contrapposte al rullo compressore renziano e del blocco di potere che lo sostiene composto in larga parte dalla componente volatile della popolazione, quella del turismo di élite che vive di affitti agli stranieri delle case del salotto buono della città.

Gianni Ledi