La battaglia di Francia

Nello spazio economico e politico europeo è in corso una formattazione delle politiche economiche e istituzionali le cui caratteristiche sono state disegnate nella  “Lettera” di Draghi all’Italia governata da Berlusconi, (vedi riquadro) che contiene i parametri di riferimento, e l’indicazione degli obiettivi finalizzati a disegnare un tessuto uniforme di relazioni in materia di politica economica e salariale e di struttura politica della UE. In particolare, afferma la lettera: “C’é anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione.”( http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-09-29/testo-lettera-governo-italiano-091227.shtml?uuid=Aad8ZT8)

E’ esattamente quello che l’art. 2 del disegno di  legge ” Refonder le droit du travail et donner plus de poids a la negociation collective”,  meglio sconosciuto come Loi El Khomri,  dal nome della ministra del lavoro che l’ha proposta, o ancora Loi de travail, dichiarando pudicamente di “ instituer de nouvelles libertés et de nouvelles protections pour les entreprises et les actifs”.

La proposta di legge, pur dichiarando di avere come obiettivo una riforma del mercato del lavoro che consenta l’espansione dell’occupazione e il rilancio dell’economia ha come obiettivo la riforma del codice del lavoro, non serve per rilanciare l’occupazione, ma per ridurre i diritti dei lavoratori  e diffondere precarizzazione: esattamente come il Jobs Act italiano !

Con l’attacco al movimento operaio e ai lavoratori di Francia, con la loro sconfitta, cadrebbe l’ultimo baluardo alla politica di omologazione del mercato del lavoro continentale che porrebbe in grado l’Unione a guida tedesca di utilizzare la leva della precarizzazione e dell’abbassamento del costo del lavoro quale strumento di concorrenza sui mercati atto a permettere la competitività delle merci, soprattutto tedesche, sul mercato internazionale.

Consentire che i contratti aziendali prevalgano sul contratto nazionale permetterebbe quelle condizioni di flessibilità su salari, occupazione e diritti che costituiscono l’obiettivo da sempre agognato dal padronato e dalla finanza internazionale per piegare definitivamente i lavoratori, restringere i loro diritti, abolire ogni garanzia, riportare sotto il dominio assoluto del padronato il mercato del lavoro, piegare definitivamente il sindacato, sia esso moderato e istituzionale sia alternativo e antagonista, che diverrebbe estremamente debole e ricattabile nel ristretto ambito dell’azienda. In Italia questo obiettivo è stato raggiunto con il blocco del rinnovo dei contratti nazionali e l’approvazione del Jobs Act;  in Francia, dopo 10 anni di lotte,  siamo ancora alla fase dell’approvazione della legge di destrutturazione del mercato del lavoro.

Il prossimo passo è già pronto e ci sta lavorando Cameron, il quale ha presentato ai Comuni una nuova legge anti sciopero che vieta ogni protesta e azione sindacale dopo la sottoscrizione del contratto, in modo da spegnere definitivamente la conflittualità o almeno porla fuori da ogni tutela giuridica. Come si vede l’attacco ai lavoratori è globale e non conosce frontiere !  

 Le misure specifiche della legge che modificano profondamente il rapporto di lavoro

orari di lavoro flessibili: La durata massima del lavoro per un giorno rimane fissata a dieci, ma il contratto collettivo può portare questa soglia anche oltre “in caso di aumento dell’attività o per motivi legati all’organizzazione della società”.

La durata massima del lavoro settimanale è di quarantotto ore, ma i servizi del Dipartimento del Lavoro possono di tanto in tanto, alzare il tetto fino a sessanta ore quando ricorrano “circostanze eccezionali e per la sua durata “. Inoltre, i dipendenti possono, se un contratto collettivo lo preveda, essere chiamati a lavorare quarantasei ore alla settimana al massimo, per sedici settimane. In questo caso il loro tempo minimo di riposo giornaliero è temporaneamente ridotto.  Infine, le aziende con meno di cinquanta persone possono, anche in assenza di un contratto collettivo, offrire ai loro dipendenti di distribuire il pass giornaliero (calcolando le trentacinque ore in base al numero di giorni di lavoro effettuati nell’anno e non sul numero di ore). Queste misure hanno il fine di introdurre la massima flessibilità dell’orario di lavoro annullando la conquista delle 35 ore settimanali di lavoro attualmente vigente in Francia.

Il nuovo regime degli straordinari : Eventuali ore lavorate in eccesso rispetto alle trentacinque ore alla settimana danno ‘diritto ad un aumento di stipendio supplementare di un’ora o, se del caso, a un riposo compensativo “. L’importo dell’incremento salariale  può essere fissato da un accordo in una misura non inferiore al 10%. Il che vuol dire che di fatto sarà pari al 10% del costo orario del lavoro e quindi che verrà pagata di meno.  L’accordo  aziendale non può “bloccare “ l’aumento percentuale applicabile alle società del settore (come è il caso attualmente nelle aziende metallurgiche dove a garanzia dal lavoro usurante si applica un tetto rigido di orario di lavoro).

Corresponsione dell’indennità giudiziale di licenziamento: Il risarcimento concesso dal tribunale ai lavoratori del settore privato, vittime di licenziamento senza giusta causa, sarà quantificato automaticamente in base all’anzianità. Se il lavoratore è occupato da meno di due anni, riceverà un massimo di tre mesi di stipendio in caso di licenziamento “senza  giusta causa “.  La somma erogata salirà a sei mesi di stipendio se l’anzianità di servizio oscilla tra i due e cinque anni; alla retribuzione di nove mesi se è al lavoro da cinque a dieci anni; a dodici mesi di stipendio se la sua anzianità di servizio è compresa tra dieci e venti anni; ai quindici mesi di stipendio se è di oltre venti anni di presenza in azienda. Tuttavia, il giudice può superare questa griglia, corrispondendo importi superiori, nel caso in cui il padrone ha commesso una colpa del tipo: ( “molestie morali e sessuali”,colpe particolarmente gravi” , “licenziamento discriminatorio”, ecc.  Resta il fatto che il licenziamento viene monetizzato come in Italia e che per licenziare basta pagare e poco !

Licenziamenti: la legge estende  i motivi  per procedere a licenziamenti aggiungendo: difficoltà derivate da “un calo degli ordini o vendite per diversi trimestri consecutivi”, “perdite di esercizio per diversi mesi”,”significativo deterioramento dei pagamenti.” Altre cause possono essere il “trasferimento di tecnologia” o “la riorganizzazione aziendale necessaria per salvaguardare la competitività.” Un accordo settoriale può fissare la durata del calo di ordini e del fatturato, che non deve essere inferiore a due trimestri consecutivi, o la durata delle perdite operative (almeno un quarto). In mancanza di accordo, questi tempi sono di quattro trimestri consecutivi e mezzo.

Gli accordi ‘offensivi’ per promuovere l’occupazione:  Fino ad ora, le aziende sono state in grado di sottoscrivere con i rappresentanti dei lavoratori un accordo cosiddetto  “difensivo” per modulare temporaneamente orario di lavoro e reddito da lavoro dipendente in caso di difficoltà economiche dell’azienda. Questo tipo di accordi sono finalizzati apparentemente  allo sviluppo dell’occupazione e all’obiettivo di conquistare nuovi mercati e in questo caso si parlerà di accordo offensivo. L’ interesse aziendale assurge così a valore fondamentale e interesse dell’imprenditore lega i lavoratori ai padroni e prevale sugli obblighi e le garanzie derivanti dal contratto di lavoro!

Se un dipendente rifiuta questi cambiamenti, può essere licenziato, in base alle norme che regolano il licenziamento “per motivi personali” (e non per motivi economici, come è avvenuto fino ad ora con gli accordi “difensivi”). Tuttavia egli ha diritto al risarcimento per violazione del contratto di lavoro e potrà beneficiare delle norme relative dell’assicurazione contro la disoccupazione.

Referendum:  Per essere valido, un contratto di aziendale deve ora essere approvato dai sindacati che hanno ricevuto almeno il 50% (e non il 30%) dei voti espressi nelle elezioni delle rappresentanze sindacali. Quando il testo dell’accordo è stato siglato dalle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori basta il 30% dei voti dei lavoratori non la metà: il personale può essere consultato.  Se sì vota, l’accordo entrerà in vigore e le organizzazioni sindacali di maggioranza non possono  esercitare  il loro diritto di veto.

La legge è stata presentata a gennaio e di fronte alla crescente opposizione sociale il Governo ha deciso di farla passare all’Assemblea Nazionale ricorrendo all’art. 49 punto 3 della Costituzione il quale stabilisce che: Il Primo Ministro può, su deliberazione del Consiglio dei ministri, impegnare la responsabilità del Governo dinanzi all’Assemblea Nazionale sulla votazione di un testo. In tal caso il testo è considerato adottato, salvo che una mozione di sfiducia, presentata nel termine di 24 ore, sia votata nei modi previsti dal comma precedente. Il Primo Ministro ha facoltà di richiedere al Senato l’approvazione di una dichiarazione di politica generale.”

In tal modo il Parlamento è stato espropriato della facoltà di dibattere sul testo e di decidere  nel merito. Per contrastare la scelta dell’esecutivo è stata presentata entro 24 ore, ma non  approvata, una mozione di sfiducia contro il Governo con la motivazione  da parte della sinistra del partito socialista e dei verdi che la caduta del Governo avrebbe portato a un Governo ben peggiore !

Ora il testo deve essere approvato dal Senato ma si teme che ancora una volta il Governo ricorrerà alle procedure previste dall’art. 49.3.

 

La risposta dei francesi

Questa legge viene presentata 10 anni dopo quella denominata CPE (Contrat Première Embauche– Contratto di primo impiego), proposta dal governo de Villepin nel 2006. Questa legge verrà poi ritirata dallo stesso Presidente della Repubblica di allora, Chirac a causa delle forti proteste di piazza e di resistenze insorte all’interno del suo stesso partito.  Oggi alla legge si oppongono le organizzazioni sindacali Cgt, Fo, Fsu, Solidaires, Unef, Fidl, Unl e gruppi spontanei di studenti operai e cittadini. attraverso una strategia articolata che utilizza di forme di lotta a tempo indeterminato e globali. Si tratta di una sorta di guerriglia sociale fatta di scioperi intensi,  scesa in campo di categorie di lavoratori diverse,  ma accomunate dall’attacco generalizzato all’occupazione e ai diritti che colpisce tutti.

Premesso che il fine della mobilitazione non è quello di dare una “spallata” al Governo o al sistema, nella convinzione che quel che verrebbe dopo sarebbe forse peggio dell’attuale, e che il Governo attuale – d’altra parte – ha fatto proprie le ragioni del capitale e dei padroni e quindi va combattuto e sconfitto, è stata abbandonata l’idea della proclamazione dello sciopero generale che ha il difetto di non essere mai totale e risolutivo. Si è scelto di ricorrere a scioperi a scacchiera di frequenza diffusa e ricorrente, strategicamente finalizzati a danneggiare al massimo il padronato con il minimo costo possibile per i lavoratori..

Strumento strategico di azione è il picchettaggio che riesce a immobilizzare di volta in volta i diversi settori produttivi, permettendo di bloccare gli impianti e i servizi, Si spiega così il blocco delle raffinerie e delle infrastrutture connesse al loro funzionamento, come i trasporti e i porti, quelle del blocco anche se parziale delle centrali nucleari, gli scioperi dei treni e dei servizi di trasporto urbano e poi via via dei diversi settori, conducendo una vera e propria azione di guerriglia contro il Governo e la controparte padronale.

Si tratta di una mobilitazione di lungo periodo che non rinuncia al contributo e al sostegno della spontaneità e della mobilitazione di ognuno, ma è dotata anche di una buona direzione e coordinamento delle lotte svolta dal sindacato e soprattutto, in questo caso, dalla CGT che su questa lotta si gioca la sopravvivenza. In ballo non c’è solo il successo della mobilitazione e della lotta, ma il fatto che l’applicazione della legge snatura definitivamente il ruolo del sindacato, lo annulla, lo trasforma in strumento di cogestione del sistema delle imprese e di controllo e gestione dei lavoratori come è già avvenuto in Germania e come si sta verificando in Italia, anche se in questo caso il processo di infeudamento non può dirsi del tutto concluso.

E’ per questo motivo che la battaglia in corso in Francia costituisce un evento nodale dopo il quale nulla sarà come prima: o la legge viene ritirata e così da questo evento riparte un ciclo di lotte che può estendersi agli altri paesi o prevale il capitale e il padronato e allora per lungo tempo assisteremo al degrado delle condizioni di vita e di lavoro delle classi subalterne.  In questa situazione si insinua il pericolo della mediazione  che si esprime attraverso il ritiro dell’art. 2 della legge e l’introduzione di limitate modifiche alle regole di funzionamento del mercato del lavoro, ma questo significherebbe solo rimandare lo scontro nel tempo e dover combattere in una situazione che non migliorerà. Siamo giunti infatti a un punto di non ritorno e ovunque vengono sviluppate politiche di contenimento delle rivendicazioni salariali, di abbassamento  del costo della forza lavoro, obiettivi  perseguiti attraverso l’eliminazione dei diritti e l’eliminazione di ogni regola nel mercato del lavoro a livello mondiale; in Bolivia una legge, approvata all’unanimità dal Parlamento, ha portato l’età lavorativa minima a 10 anni, con la scusa di voler così combattere la povertà ma questo provvedimento costituisce solo la formalizzazione e esternalizzazione del massiccio ricorso al lavoro minorile e alla schiavitù del lavoro in molte e vaste aree del mondo.

Come è successo spesso nella storia il proletariato francese si trova a dover combattere per tutti una battaglia cruciale in difesa dei diritti e lo sta facendo con coraggio e determinazione, cosciente del fatto che sono in gioco valori fondamentali e conquiste di civiltà.

L’attacco padronale è forte e diffuso e l’informazione in mano ai padroni presenta la mobilitazione come una iniziatica di minoranza che si impone sulla gran parte dei cittadini e degli stessi lavoratori, denunciando che la CGT tessera appena il 3% dei salariati. In effetti guardando ai dati del 2013 i tesserati dichiarati erano 688.000, una percentuale del 2,6 % – per essere esatti -rispetto al totale dei sindacalizzati in Francia che è del 7,7 %.  La stampa sottolinea che in Belgio i sindacalizzati sono il 55%, in Svezia il 67% e in Irlanda addirittura 85 % . Ma ridurre la rappresentatività al numero dei militanti è distorcente, Restando alla Francia rileviamo infatti che il totale degli iscritti ai tre partiti maggiori del paese è pari all’1% dei loro elettori ! E comunque la CGT da sola ha più iscritti in termini assoluti che i tre maggiori partiti nel loro insieme. Inoltre va detto che le ultime elezioni sindacali, che hanno interessato 5,4 milioni dei salariati, hanno visto una partecipazione al voto del 42 % degli aventi diritto e la CGT ha raccolto la maggioranza dei consensi: si stima che essa rappresenti il 30, 62 %   

Ma la sua vera forza è la capacità di mobilitazione, sono le parole d’ordine in una struttura del mondo del lavoro dove ha grande importanza la spontaneità, l’auto organizzazione, l’autonomia. I movimenti sindacali e politico degli ultimi 50 anni hanno seminato una memoria di auto organizzazione e spontaneità che riemerge carsicamente in con l’acuirsi dello scontro sociale.

Nello scontro in atto si inseriscono oggi tre variabili: la prima è costituita dalle avversità climatiche e dalle inondazioni che hanno creato una situazione di emergenza sociale che richiede solidarietà e l’intervento della popolazione attiva per contrastare e contenere i danni. Sulle manifestazioni di solidarietà sociale conta il Governo per disinnescare scioperi e astensioni dal lavoro.  L’imminenza poi del campionato europeo di calcio spinge il Governo a dover cercare di risolvere quanto prima la vertenza, normalizzando il funzionamento dei servizi. C’è infine sempre presente l’incombenza dell’emergenza terrorismo che impone di disinnescare al più presto le tensioni derivanti da un conflitto sociale così forte che tuttavia il potere alimenta con la brutalità della repressione .

Il 2 giugno a Rennes le forze di sicurezza sono intervenute con i veicoli che viaggiano ad “alta velocità” e hanno caricato circa 400 manifestanti che cercano di bloccare la tangenziale. Diversi giornalisti sono stati picchiati e macchine fotografiche e telecamere distrutte. A Grenoble l’avvocato Bernard Ripert, di 65 anni, storico difensore dei militanti dell’azione diretta rischia davanti alla Corte d’Appello la radiazione dall’albo e ciò a riprova che è in corso uno scontro senza esclusione di colpi che ha le caratteristiche profonde dello scontro radicale di classe. Su indicazione del ministro degli interni la polizia continua a ricorrere all’uso delle armi e una granata stordente lanciata ad altezza d’uomo ha gravemente ferito un dimostrante a Parigi.

Malgrado il perdurare delle avversità climatiche gli scioperi ci sono stati e hanno avuto efficacia anche se è notevolmente calata la loro copertura mediatica per cui le iniziative di lotta vengono descritte dal presidente della Confindustria francese come i fritto di agitatori professionali. Tuttavia non ci sono dubbi sul fatto che lo scontro non è chiuso e che si riaccenderà dopo la fine lenta dell’emergenza alluvione e con l’avvicinarsi della definitiva approvazione della legge al Senato.

Una lezione per i lavoratori italiani

La lotta dei lavoratori francesi ci dice che la partita non è chiusa e che la lotta contro le politiche neoliberiste e di destrutturazione del mondo del lavoro può ripartire a condizione di riuscire a fermare l’attacco del capitale finanziario e imprenditoriale che mira a disconnettere ogni capacità di coordinamento delle lotte e della solidarietà di classe. La mobilitazione in atto in Francia insegna inoltre che si tratta di una lotta lunga e faticosa che per essere sostenuta nella attuali condizioni dei rapporti di forza necessita di una “guerra di guerriglia” fatta di continui scioperi, mobilitazioni, iniziative di lotta capaci di estendere la presa di coscienza della condizione di classe di ognuno. Nel frattempo bisogna ricucire le alleanze soprattutto recuperando il rapporto con i lavoratori migranti, con quell’immenso esercito di riserva che viene utilizzato per rompere il fronte di lotta, abbassare il costo del lavoro precarizzando le condizioni alle quali il lavoro viene prestato.

Bisogna prendere atto delle mutate condizioni e della diversa composizione della componente di classe della società per ricostruire un movimento di lotta fondato su nuove basi che abbia come denominatore comune, la solidarietà , l’accettazione delle diversità culturali religiose e etiche, di genere e di origini di coloro che lo compongono.

 I lavoratori francesi hanno ancora molto da dire all’Europa e al mondo e quelli di tutto il mondo possono ancora lottare in difesa dei loro diritti e interessi,.

 Gianni Cimbalo

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