ll bello addormentato

Mentre il paese tace, addormentato per gli effetti soporiferi del governo Meloni sotto un’anestesia praticata con il concorso di una opposizione in parte complice, in parte inesistente, entra progressivamente e inconsapevolmente in
guerra. Si scopre che è produttore e in possesso di sistemi d’arma competitivi e all’avanguardia che colloca sul mercato, si scopre capace di entrare in guerra senza che un voto chiaro ed esplicito del Paramento veda il paese coinvolto, in sostanziale
violazione dell’art. 11 della Costituzione, non potersi pronunciare. Su questa scelta.
I motivi sono chiari: la maggioranza del paese è contraria a entrare in una guerra
dove “il più pulito ha la rogna”, Da una parte Putin, novello zar, che sostiene gli interesse di un’oligarchia imperialista e nazionalista, illiberale e repressiva, dittatoriale; dall’altra un governo altrettanto nazionalista e oligarchico che combatte per trasformare uno Stato multietnico in una nazione coesa, al servizio delle multinazionali, retta da uno Stato illiberale, che mette fuori legge i partiti di opposizione, impone l’unità linguistica ai propri cittadini, opprimendo le minoranze, impone per legge il confessionalismo in campo religioso, favorendo la Chiesa ortodossa nazionale autocefala con la quale crea un rapporto sinfonico fondato sulla confisca e attribuzione ad essa del patrimonio ecclesiastico di altri culti, in cambio del sostegno al potere, che fa della guerra un’occasione per rubare e speculare sull’economia di guerra.
Si dirà che è sempre così e che la guerra oltre ad uccidere corrompe e immola milioni di uomini e donne in nome di interessi prevalentemente economici; che come sempre arricchisce pochi e annienta molti, mette in discussione la vita intesa come diritto a vivere e diritto al benessere: ma è proprio per questo che la guerra è sempre contro i popoli (ucraino e russo) e per questo è da aborrire.

Oltre la guerra

Ma la guerra corrompe la vita e il tessuto sociale anche degli Stati fiancheggiatori, in quanto pervade e inquina l’informazione, condiziona e orienta l’economia, la distribuzione del reddito, i rapporti tra le classi, perché drena risorse, orienta i bilanci delle famiglie e degli individui, corrompe le capacità di libero giudizio, diffonde disuguaglianza e povertà, offende l’umanità e i suoi valori. Semina comunque morte. È perciò che va impedita, ostacolata e fermata in ogni modo,non alimentando il mercato delle armi, ma imponendo la pace attraverso la mobilitazione dei popoli.
E questo anche perché in uno Stato di guerra sono possibili e si giustificano tutte le nefandezze, imponendo sacrifici e rinunce, comprimendo la libertà, giustificando tutti e tutto. In questo clima e con queste condizioni si possono imporre sacrifici sempre maggiori, inevitabilmente più grandi per le classi povere e subalterne, privilegiare e far emergere l’egoismo (autonomia differenziata), invocare ed imporre la centralizzazione del potere e degli esecutivi in nome dell’efficientismo e della rapidità decisionale (presidenzialismo), alimentare la paura (contrasto all’emigrazione), legittimare lo sfruttamento, far accettare il riarmo, ripristinare le gerarchie sociali, sia di reddito che familiari e di genere, ricacciando indietro l’apertura dei rapporti sociali che è uno dei cardini della libertà, in sintesi, riproponendo l’unità della nazione in nome di Dio, patria e famiglia.
È questo il programma sociale e politico della destra che avanza, è questo il clima e il contesto ideale nel quale la destra può operare e vincere; è anche per questo motivo che l’attuale governo è atlantista, sostiene l’Europa che fa sua queste politiche, fa una scelta di campo che sembra sorprendere le “opposizioni” che ambiscono solo di sostituirla al potere per poter fare le stesse scelte, ma che così facendo lasciano le classi e le componenti sociali che dovrebbero rappresentare indifferenti, lontane dal voto, consapevoli dell’inutilità di combattere, perché non rappresentati.
Sono queste le ragioni profonde della crisi della sinistra che o ritrova la propria collocazione di classe o non è nemmeno più o meno blandamente riformista.

La Redazione