L’ultimo passo

Quando bel 1943 nazisti e fascisti si ritirarono dietro la linea Gotica il servizio segreto fascista lasciò dietro le linee una cellula con il compito di ricostruire le condizioni per la rinascita del fascismo. Il gruppo guidato da Licio Gelli si ricostruì una verginità con strategie diverse. Gelli ottenne dai comunisti di Pistoia un attestato di partigiano, pur essendo un tenente della milizia fascista, organizzando l’omicidio di Luciano Fedi, commendante partigiano anarchico, che ostacolava i loro piani. Per raggiungere tale scopo il gruppo si dette un piano che tra l’altro prevedeva un proprio
progetto istituzionale caratterizzato dal presidenzialismo.
Il piano venne perseguito con costanza e determinazione sia sul piano culturale istituzionale che attraverso ripetuti iniziative eversive tese a spostare se pur gradualmente a destra l’asse politico del paese attraverso azioni diversificate che sono state caratterizzate anche da tentativi golpisti come il Piano Solo, opera del Generale dei carabinieri De Lorenzo o il successivo golpe ad opera di Junio Valerio Borghese, legato alla Gladio, struttura NATO.
La strategia relativa alla trasformazione istituzionale faceva parte del programma di rinascita nazionale[1], parte essenziale del programma della loggia massonica P2, materialmente redatto da Francesco Cosentino. Consisteva in un assorbimento degli apparati e delle strutture istituzionali democratiche del Paese nell’ambito di un sistema autoritario legalizzato che avrebbe avuto al suo centro l’informazione, caratterizzato da presidenzialismo.
Scoperto e sequestrato il 4 luglio 1981 in un doppiofondo di una valigia di Maria Grazia Gelli, figlia di Licio Gelli, Maestro venerabile della P2, assieme a un memorandum sulla situazione politica in Italia, poco dopo il rinvenimento dell’elenco degli iscritti alla loggia P2 venne successivamente pubblicato negli atti della Connessione di indagine sulla loggia massonica P2 voluta dal Parlamento. Licio Gelli ammise nel 2003 che la coincidenza di talune parti del “Piano” con i programmi dei partiti non sarebbe casuale e un’intervista dell’ottobre 2008 ha affermato che, sebbene tutte le forze politiche abbiano preso spunto dal Piano (tanto da indurlo a reclamare ironicamente i diritti d’autore Silvio
Berlusconi era l’unico che avrebbe potuto attuarlo).
Alla luce di questa ricostruzione ben si comprende che stiamo assistendo alla messa in opera della parte finale del Piano, fatto proprio e divenuto programma prima del MSI, faccia “legale” del partito fascista ricostruito ed oggi di Fratelli d’Italia che ne costituisce la struttura vivente e attuale.

La trasformazione presidenzialista dello Stato

La riforma istituzionale che la maggioranza attuale al governo ha intenzione di proporre è il semi presidenzialismo. In una Repubblica semi presidenziale il potere esecutivo è condiviso tra Presidente della Repubblica e Capo del Governo. La nomina dei ministri è effettuata dal primo su proposta del secondo. Il potere legislativo spetta invece al Parlamento, eletto dai cittadini. Anche il Presidente della Repubblica è eletto direttamente dai cittadini, e può accadere che egli sia espressione di una parte politica diversa dalla maggioranza presente in Parlamento.
Nel nuovo contesto istituzionale il Presidente della Repubblica perde le funzioni di arbitro, il suo ruolo super partes, per divenire l’espressione di una parte del paese, rafforzando il ruolo dell’esecutivo a scapito degli altri organi Costituzionali i cui poteri andrebbero tutti rivisti e ridefiniti e da questa opera di riassetto dipende il bilanciamento dei poteri che dovrebbe garantire dall’autoritarismo eventuale dell’esecutivo.
Non solo ma in caso di difformità politica tra l’eletto alla presidenza della Repubblica e il primo ministro, espressione della maggioranza parlamentare, insorgerebbe un conflitto. Il Presidente ha bisogno delle leggi del Parlamento per mettere in atto il proprio programma e il Parlamento ha bisogno del Presidente e del Governo per l’attuazione pratica delle leggi che ha votato. Questa situazione viene indicata con il termine coabitazione. Il Governo può votare una mozione di sfiducia nei confronti del Governo e costringerlo a dimettersi, il Presidente della Repubblica ha il potere di sciogliere le Camere. Il fine di questa struttura istituzionale è quello di attribuire al Presidente un’investitura popolare che gli conferisce un forte ruolo decisionale.
Per conoscere con maggiore precisione gli intenti di Fratelli d’Italia occorre fare riferimento al disegno di legge costituzionale (Atto Camera n. 716; Atto Senato n. 1489) presentato alle Camere nel giugno del 2018 da Fratelli d’Italia per l’elezione diretta del Capo dello Stato. Il testo della legge costituzionale che è stato presentato alle Camere è composto da tredici articoli che incidono su dodici norme della seconda parte della Costituzione in vigore e cioè sugli art. 83-89, relativi al Presidente della Repubblica, sugli artt. 92-96, relativi al Governo e sull’art. 104, relativo al Consiglio Superiore della Magistratura. Il disegno di forma di governo che in questo testo viene definito prevede: a) elezione a suffragio universale e diretto del Capo dello Stato, che resta in carica cinque anni e che può essere rieletto una sola volta; b) affidamento al Capo dello Stato della presidenza del Consiglio dei Ministri, della direzione della politica generale del Governo e del mantenimento dell’unità di indirizzo politico attraverso la promozione e il coordinamento dell’attività dei ministri (tutti compiti che oggi l’art. 95 della Costituzione affida al Presidente del Consiglio); c) affidamento al Capo dello Stato di una gamma di ulteriori poteri molto ampi e rilevanti che in parte ricalcano gli attuali poteri presidenziali(nomina del Presidente del Consiglio e dei ministri; scioglimento delle Camere; promulgazione e rinvio delle leggi; comando delle forze armate; presidenza del Consiglio Supremo di difesa), in parte aggiungono poteri nuovi (come la revoca dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio e la presidenza di un nuovo Consiglio supremo per la politica estera). Inoltre, per molti atti presidenziali si rafforza la piena discrezionalità del Capo dello Stato con l’eliminazione del vincolo della controfirma. L’unico potere vigente che viene sottratto al Capo dello Stato riguarda la presidenza del
Consiglio superiore della magistratura, che il progetto affida al Presidente della Cassazione; d) mantenimento del potere di sfiducia delle Camere nei confronti del Governo, ma nelle forme della «sfiducia costruttiva», con l’obbligo cioè, per le
Camere di indicare al Capo dello Stato il nuovo Presidente del Consiglio.
Questa proposta contiene elementi tra loro inconciliabili come l’elezione diretta di un Capo dello Stato investito dalla funzione di governo con la «sfiducia costruttiva», che affida al Parlamento il potere di vincolare lo stesso Capo dello Stato nella scelta del Primo Ministro. Inoltre, si viene così a demolire uno dei due perni fondamentali chiamati a sorreggere la funzione di controllo costituzionale – contrapposta alla funzione di indirizzo politico affidata al Parlamento e al Governo – che la Costituente intese affidare, con competenze diverse ma convergenti, al Presidente della Repubblica e
alla Corte costituzionale. Una funzione di controllo costituzionale che, in questi settantasei anni di esperienza repubblicana, ha operato efficacemente così da controbilanciare (e talvolta supplire) le carenze di un sistema politico autoreferenziale che nel corso del tempo anziché correggere ha finito per aggravare le proprie disfunzioni e divisioni interne.

Obiettivi del semi presidenzialismo di ieri e di oggi

Se in passato l’obiettivo politico del semi presidenzialismo era quello di emarginare il ruolo dei partiti o almeno diminuirne il peso ed era diretto contro la presenza ingombrante dei partiti di massa oggi, in un contesto nel quale i partiti si sono screditati ed autodistrutti e le appartenenze politiche si sono deideologizzate esso assume una funzione nuova sia sul piano strategico che tattico contingente in relazione alla situazione politica italiana.
Oggi il progetto istituzionale neofascista si inserisce in un contesto politico caratterizzato dal bisogno di rafforzamento degli esecutivi avvertito come una esigenza di efficientamento dei sistemi di governo trasformando lo Stato liberal democratico in una delle cosiddette democrature, similmente a quando avviene in Ungheria. Lo Stato in questo contesto assunse una forte connotazione nazionalistica, etnica, identitaria, omogenea dal punto di vista religioso sposando la forma del neo-giurisdizionalismo di Stato, xenofobo verso le minoranze, nemico del meticciato della popolazione.
Questa visione è sintetizzabile nella moderna visione del populismo che costituisce una delle risposte possibili al calo demografico e al rifiuto dell’emigrazione come soluzione possibile al problema. La paura che accompagna i cambiamenti epocali in atto fornisce il supporto di sostegno a queste scelte.
Sotto il profilo più contingente della politica italiana attuale il semi presidenzialismo permette non solo di assestare il colpo di grazia al ruolo dei partiti ma permette di dar vita a una riforma costituzionale che, mutando la forma di stato e di governo – riforma resa ancora più evidente dalla contemporanea e contestuale adozione dell’autonomia
differenziata – imporrebbe di fatto le dimissioni anticipate dell’attuale presidente della Repubblica. Mattarella, infatti, si troverebbe a gestire un ruolo costituzionale che non esiste più e ciò sarebbe ufficiale e imbarazzante per un presidente che ha visto rinnovato il suo mandato nell’ambito di una diversa Costituzione e in un contesto politico istituzionale radicalmente mutato.
Da qui le dimissioni e l’elezione di un nuovo presidente in un contesto politico nel quale tutto fa pensare che costui apparterrebbe allo schieramento di destra contribuendo così a far durare nel tempo i governi per avviare quella trasformazione sociale sul piano dei valori condivisi, voluti dai partiti oggi al governo e avviata per ora attraverso provvedimenti bandiera ancora ai primi passi e dagli effetti poco percepibili ma oggetto dell’azione di governo. È del tutto evidente che in questo caso vi troveremmo davanti ad una versione strisciante di colpo di stato e a una repubblica non più nata dai valori che furono propri del fronte resistenziale antifascista.

Il semi presidenzialismo e le opposizioni

Le reazioni timide delle opposizioni al semi presidenzialismo, le loro aperture, dimostrano che esse non hanno compreso le conseguenze strategiche e tattiche del progetto della destra o che le condividono. Solo i 5 stelle sembrano essere radicalmente contrari al progetto e dichiarano pubblicamente di essere pronti a contrastarlo. Questa cecità di visione prospettica è una delle cartine di tornasole della crisi profonda e irreversibile del PD, destinato a perdersi in una nebbia sempre più fitta, fatta di inconsistenza politica e di mancanza di visione strategica.
Da parte nostra riteniamo non condividiamo questa forma di Stato e di governo e queste istituzioni non ci sono proprie ma certo preferiamo vivere in una forma di Stato il più aperta e libera possibile e quella che si prepara è certo più oppressiva di quella attuale. Noi auspichiamo una forma aperta di gestione della società gestita da comunità di abitanti che si dotano di forme partecipate di gestione territoriale e che fanno una gestione egualitaria e libera delle risorse con l’obiettivo primario di gestire le società in modo almeno tendenzialmente egualitario. È con questo intento che ci opporremo con le nostre esigue forze e risorse a quanto il Governo si prepara a fare.

[1] Piano di rinascita democratica, https://it.wikisource.org/wiki/Piano_di_rinascita_democratica_della_Loggia_P2

G. C.