FUSIONE A FREDDO

Il governo giallo rosso è nato da una fusione fredda e grazie a una congiura di palazzo, ma formalmente in modo ineccepibile in Parlamento, da una diversa alleanza politica che ha assunto l’aspetto dell’accordo difensivo di tutti coloro che si sono sentiti minacciati dalla demenziale richiesta di “pieni poteri” da parte del caporale leghista.
L’urgenza di sbarrare il passo all’assalto leghista ha indotto tutti ad inghiottire il rospo e il PD ha dovuto digerire le offese su Bibbiano e altro e i grillini le accuse di incompetenza e di incapacità che le erano state rivolte dai nuovi alleati. Artefice della giravolta Renzi, che ha considerato strategicamente colma la misura della “punizione” imposta alla sinistra per averlo scaricato non permettendo un accordo dopo le elezioni e che prepara alla prossima Leopolda il varo della strategia per la costruzione del nuovo centro: un sogno accarezzato da tempo che dovrebbe unire la componente ex democristiana del PD (o almeno parte di essa) con i residui di Forza Italia, in disfacimento. Un progetto ambizioso e velleitario di uno che non vuole rendersi conto del fatto che il blayrismo è finito, anche se non mancherà di provocare altri disastri.
Non è più andando al centro che si vince, perché strutturalmente nella composizione di classe il ceto medio non c’è più.

Il Conte ter

Intanto entra in carica il Conte ter. Quello bis è stato il migliore – e come ha detto brillantemente il senatore Monti – ed è durato lo spazio dei 40 minuti di intervento al Senato nei quali l’avvocato-professore ha attaccato Salvini, dandogli del vigliacco. Il nuovo Governo, formato da Conte, è costruito con il bilancino tra le diverse componenti e correnti dei due partiti, come si conviene ad un Governo frutto di un sistema proporzionale che non è ancora puro, ma presto lo sarà con la riduzione dei parlamentari e l’approvazione di una nuova legge elettorale, atti certi del nuovo Governo, il quale ha bisogno, come chiedeva il segretario del PD, di discontinuità e non avendola negli uomini dovrà conquistarsela con i fatti.
A dargli una mano l’Unione Europea che in funzione anti sovranista sta progettando un meccanismo sia pure parziale di ripartizione dei migranti salvati dalle ONG. Scelta forse praticabile a causa del fatto che la massa degli arrivi non passa ormai da loro, ma di barchini e dai percorsi alternativi.
Ma il vero problema è la ricollocazione dei migranti già arrivati, dei più di mezzo milione di irregolari che alimentano il mercato del lavoro nero, grazie al combinato disposto delle leggi sull’emigrazione e dei due decreti “sicurezza”. Se non si aggredisce questo bubbone con un provvedimento di regolarizzazione dei migranti dotati di un contratto di lavoro e attraverso la realizzazione di strutture di integrazione che passi, ad esempio, per un piano di ripopolamento delle aree appenniniche disertificate dalla crisi demografica e dall’urbanizzazione, in funzione di difesa del territorio, se non si regolarizza e unifica il mercato del lavoro, il problema esploderà in tutta la sua virulenza.
È qui che la destra e la Lega attende al varco il Governo e la sinistra. Anche a causa degli effetti contraddittori di questi provvedimenti, ma battersi in difesa degli ultimi, riaprendo i porti non basta; occorre intervenire decisamente sul mercato del lavoro e la tutela del lavoro. E’ perciò l’intervento sul salario minimo va ben ponderato e non può riguardare solo la paga oraria, ma deve incidere sul godimento dei diritti attraverso gli strumenti dei contratti di lavoro; deve riguardare il ripristino di tutele dai licenziamenti collettivi e individuali; la lotta contro il decentramento produttivo; la delocalizzazione e lo smantellamento delle filiere produttive, deve saper incidere sul cuneo fiscale, aumentando il salario, al tempo stesso, migliorando le prestazioni sociali. Operazione certamente difficile sul piano finanziario se contemporaneamente si ha l’obbiettivo di ridurre le tasse.
Perciò, contemporaneamente occorre sostenere, riformandolo, il sistema sanitario e intervenire pesantemente e in modo radicale sulla scuola, innanzi tutto escludendola – insieme alla sanità – dal trasferimento di poteri alle Regioni, attraverso la cosiddetta autonomia differenziata, occorre potenziare e rafforzare gli istituti tecnici e professionali, anche dotandoli di programmi formativi culturalmente validi, avendo come obiettivo non solo la formazione tecnica, ma anche quella della persona, del cittadino. Bisogna intervenire sui salari del personale della scuola e sull’edilizia scolastica.                             La sfida, senza alcun dubbio maggiore, riguarda l’ambiente per la tutela del quale va pensato un grande piano di riassetto del territorio e un intervento mirato di infrastrutture a sostegno della circolazione locale, di pendolari, di creazione di nuove opportunità di lavoro e di impresa, in attività socialmente utili e in settori produttivi innovativi, utilizzando le possibili aperture in questo settore dell’Unione Europea. Occorre soprattutto imparare a saper utilizzare i fondi comunitari affinché non accada più che, ad esempio, i polacchi possano chiamare “autostrada Italia” quella che hanno costruito con i fondi europei che l’Italia non ha saputo utilizzare.
L’attuazione di un programma di tal genere passa necessariamente per la messa in condizione di non nuocere di coloro che nella passata esperienza renziana si sono fatti promotori e propagandisti delle politiche di sostegno alle multinazionali, verso le quali bisogna mettere in atto una rigorosa politica fiscale di tassazione dei profitti, delle politiche di destrutturazione del mercato del lavoro e di smantellamento dei diritti.

Sulla delega, sul mandato e sulla rappresentanza

Comunque al di là del programma del Governo questa crisi pone seri problemi in materia di delega, natura del mandato e rappresentanza, sui quali vale la pena di riflettere. La richiesta, ancorché strumentale, di Salvini di andare ad elezioni, a fronte di un supposto mutato orientamento degli elettori e la scelta dei 5stelle di ricorrere alla Piattaforma Rousseau per validare l’accordo, pongono l’accento su l’ampiezza e la vincolatività del mandato che gli elettori conferiscono agli eletti. Se è certamente vero che non si può andare a elezioni scegliendone la data dopo un cospicuo numero di mojito ingurgitati, il conferimento di un mandato in bianco, senza alcun controllo tra un’elezione e l’altra, rappresenta un limite forte alla rappresentatività dei politici delegati a far parte delle istituzioni di governo.
La risposta non viene tanto dai moderni sistemi di partecipazione via web ma da una diversa struttura sociale e politica della società caratterizzata do organismi intermedi nei quali si esprime e si verifica la volontà di partecipazione del corpo sociale alla vita politica delle stesse istituzioni. Le strutture di partecipazione e gestione collegiale delle diverse istanze è certamente faticosa ma permette un’effettiva partecipazione e coinvolgimento di tutti i membri della società e costituisce una ginnastica utile all’esercizio dei poteri e della partecipazione ragionata alla gestione delle istanze collettive sia produttive che di vita associata.
La partecipazione alla vita politica, l’assunzione in prima persona di responsabilità gestionali e di funzionamento delle relazioni sociali non conosce scorciatoie, ma richiede una società più giusta di liberi ed uguali. D’alta parte la forma partito, con le sezioni e le federazioni territoriali, i congressi nazionali, i comitati centrali, non è più praticabile perché non collegabile alla distribuzione delle persone sul territori, alla loro collocazione sul posto di lavoro e negli organismi collettivi, perché il tessuto sociale è frammentato, non è coeso ma pressoché inesistente. Occorre perciò una riflessione approfondita alla ricerca di una soluzione che consenta di mantenere un rapporto costante tra deleganti e delegati.

Necessità di revisione

Ma se c’è una parte che deve finalmente fare i conti con se stessa è la sinistra che deve operare una gigantesca e radicale revisione della propria identità, riscoprendo valori come la tutela del lavoro subordinato, dell’ambiente, dei beni comuni, del territorio, delle proprie strategie politiche della propria collocazione di classe finalizzate a unificare il mondo dei penultimi e quello degli ultimi, dei tanti lavoratori senza lavoro e diritti, ricostruendo un efficace funzionamento delle strutture sociali oggi inesistenti, a partire dal promuovere la coesione di interessi, nelle periferie e nei quartieri, nelle fabbriche e negli uffici, nei luoghi di lavoro e di sfruttamento della precarietà (call center, centri di distribuzione, di consegne a domicilio, di parcellizzazione e atomizzazione del lavoro), facendo si che chi percepisce un salario abbia di che vivere e chi non lo percepisce venga aiutato, che disponga di una casa dignitosa, di una scuola pubblica efficiente e capace di integrare e formare tutti i soggetti che si trovano nel territorio, di una giustizia efficace e rapida, che tutti abbiano la possibilità di godere dei servizi essenziali alla vita (abitazione, energia acqua e cibo) attraverso un salario dignitoso e difendibile. Bisogna intervenire sulla sanità eliminando le liste di attesa almeno per le prestazioni a volte indifferibili e urgenti.
E’ certamente un compito difficile ma senza questo ogni formazione politica che si colloca a sinistra morirà e l’onere della risposta passerà alla destra – sempre molto forte nel paese che è pronta a rispondere con ricette semplici: disuguaglianza tra cittadini e non, tra ceti privilegiati e proletariato marginale, diminuzione delle tasse ma anche dei servizi, accesso differenziato alla sanità e alla scuola, restrizione delle libertà civili (che non guasta,soprattutto se diretta a migranti e gruppi di minoranza).

Il nostro ruolo

L’esiguità del numero non ci consente altro al momento che di tentare di svolgere un ruolo critico nell’ambito della sinistra di classe, di fornire un contributo di analisi, di continuare a operare nelle strutture sociali e territoriali nelle quali siamo, offrendo alle compagne e ai compagni fi un’area questa si molto ampia che è quella della lotta di classe, un luogo di confronto e di incontro.

La redazione