Lo Stato terrorista per eccellenza, lo Stato che compie atti di pirateria catturando navi in acque internazionali, lo Stato che attacca ambasciate in Stati esteri, lo Stato che occupa illegalmente territori per decenni, lo Stato che ha costruito un centinaio di bombe atomiche senza che il fatto sia riconosciuto e quindi senza che debba essere sottoposto a controlli, lo Stato che pratica il genocidio della popolazione palestinese non solo continua nella sua politica criminale, sostenuto dalle “democrazie” occidentali, ma si è permesso di fare un salto in avanti, attaccando l’Iran, l’unica nazione nel medioriente (insieme allo Yemen) che sostiene i palestinesi.
Come è possibile? Nel mondo occidentale, il coinvolgimento in una guerra richiede la messa a punto di una narrativa appropriata che faccia digerire alla propria popolazione la guerra stessa, che la faccia sembrare giusta (non a caso dal 2021 la NATO ha creato un ulteriore dipartimento dedicato alla guerra cognitiva): la narrativa è quasi più importante dell’azione militare diretta.
Nel caso della guerra contro l’Iraq, l’esistenza inventata delle armi di distruzione di massa fece il gioco. Irrilevante che anni dopo fu “scoperto” che si era trattato di una gigantesca balla (“fake news” nel linguaggio moderno). È sufficiente che la propaganda funzioni sul momento; a posteriori si può ammettere tutto sotto l’assunzione che il mondo è migliorato nel frattempo.
Nel caso dell’Ucraina invece la narrativa funziona all’incontrario; non si inventano fatti inesistenti, ma si nascondono le molteplici provocazioni della NATO per poter accusare la Russia di un’aggressione ingiustificata.
E adesso, con l’Iran? Il sostegno indiscriminato dello Stato terrorista stava cominciando a mostrare qualche crepa (non siano mai critiche da parte dei governi) dovute alle manifestazioni in alcuni paesi occidentali contro l’assassinio continuato di civili palestinesi (si, civili, perché con poche eccezioni, i militari di Hamas sono tuttora in grado di agire, ed i terroristi di Stato si guardano bene dall’occupare militarmente Gaza). Stava diventando necessario un aggiornamento della narrativa ed ecco rispolverare il rischio che l’Iran stia costruendo la bomba atomica. Non importa che Tulsi Gabbard, la responsabile americana della sicurezza, pochi mesi fa abbia affermato ufficialmente che da anni gli iraniani hanno sospeso il processo di arricchimento dell’uranio a scopi bellici. Quando tutta la stampa ed i media sono sdraiati come non
mai, questi “dettagli” possono essere dimenticati facilmente.
È bene chiarire che il rischio nucleare NON e non può essere il vero motivo dell’attacco terroristico: per l’ennesima volta siamo davanti alla necessità di ipnotizzare le popolazioni occidentali. L’arricchimento dell’uranio NON è il vero motivo, non solo perché semplicemente non sussiste, ma anche perché i terroristi sanno bene che i laboratori di ricerca nucleare più avanzati sono collocati molto sotto terra. protetti da centinaia di metri di cemento e roccia, non certo attaccabili dai missili lanciati finora. Siamo di fronte ad un macabro teatro: i missili lanciati verso Teheran uccidono quasi
esclusivamente civili in abitazioni civili. La loro funzione è quella di impaurire la popolazione, sperando che rivolgano la propria rabbia verso il governo degli ayatollah e sapendo che comunque la stampa è sempre pronta a rivendere gli abomini come effetti collaterali che salvano il mondo libero da attacchi nucleari futuri.
Ma anche l’idea che il popolo iraniano attribuisca colpe agli ayatollah e cerchi di rovesciare il governo sembra a dir poco miope. È vero che la società iraniana è molto più laica del regime teocratico che gli ayatollah vorrebbero imporre e probabilmente, se lasciata a se stessa, la nazione virerebbe più o meno lentamente verso una struttura diversa. Ma pensare che l’attacco di una potenza terroristica straniera stimoli una rivolta è un’idea che solo un mentecatto può partorire. Una nazione sotto attacco si stringerà attorno alla leadership, così come sta succedendo in Russia con Putin che ha enormi percentuali di sostegno popolare.
Insomma è la stessa storia di sempre: fra qualche anno, apparirà un articolo sul New York Times per informare i lettori che gli iraniani non stavano costruendo nessuna bomba. Lo stesso New York Times che un paio di mesi fa ci ha informato in modo dettagliato su come gli americani abbiano messo a punto un centro operativo a Wiesbaden in Germania per gestire le operazioni dell’esercito ucraino a partire dal 2014, con compiti ed informazioni specifiche relative sugli obiettivi da colpire. Ora che Trump sta cambiando strategia, queste notizie possono essere fornite e si può far finta di essere giornalisti – non prima.
Ma torniamo a parlare dei terroristi di Stato che non sono ovviamente in grado di invadere l’Iran con truppe di terra (non ci sono riusciti gli americani in Afghanistan). Da bravi terroristi, ammazzano civili, sperando che l’Iran risponda pesantemente, ammazzando qualcuno di loro (meglio se civili) ed ottenere due piccioni con una fava. Da una parte, permettere ai terroristi stessi di tornare a recitare il loro ruolo preferito, quello di vittime e poter gridare “al genocidio, al genocidio” per qualche ebreo morto. Dall’altra parte, perché, offre un pretesto agli americani per giustificare un loro intervento a difesa dei poveri alleati. Gli americani hanno basi ovunque nell’area per poter intervenire, meglio che andare al supermercato: Turchia, Iraq (un non-Stato mai abbandonato dagli americani che tuttora gestiscono il commercio del petrolio), Qatar, Barhein e chi più ne ha più ne metta (senza citare la Giordania il cui spazio aereo è più aperto ad americani e terroristi alleati delle gambe di una peripatetica nell’esercizio delle sue funzioni.
Qualcuno sosterrà che gli americani non sono così cattivi: stavano negoziando. Mai sentito parlare di “plausible deniability”? Un concetto che si applica in caso di guerra e significa sostanzialmente: scusa per far finta di non essere coinvolti. In altre parole, uno specchietto per le allodole. Vogliamo rinfrescare la memoria su come USA ed il loro alleato terrorista siano un tutt’uno?
Il “caso” Liberty
In questi giorni ricorre il 58esimo anniversario (8 giugno del 1967, durante la guerra dei sei giorni), di un evento che non potrebbe essere più didascalico. All’epoca, lo Stato-terrorista cercò – al riparo di occhi indiscreti – di affondare una nave da ricognizione americana (la USS Liberty), che operava nel Mediterraneo alle coste dell’Egitto, ma in acque internazionali. Lo scopo dell’operazione era duplice: accusare gli egiziani dell’affondamento per far entrare gli USA in guerra (ricordiamo un motto del Mossad: “per mezzo dell’imbroglio si fanno le guerre”). L’altro motivo era quello di tenere gli americani stessi all’oscuro dei crimini di guerra fatti da Moshe Dayan che stava ammazzando prigionieri di guerra egiziani (la USS Liberty era infatti dotata di molteplici antenne e rice-trasmettitori su tante frequenze).
L’operazione militare fu condotta seguendo il manuale dei crimini di guerra: usando aerei senza livrea per sparare migliaia di colpi sulla tolda della nave e la bombe al napalm; lanciando tre siluri (questo non è un crimine di guerra se sei in guerra, ma la nave non era militare); e, ciliegina sulla torta, sparando sulle scialuppe di salvataggio che erano state messe in mare.
Sfortunatamente per i terroristi, morirono “solo” una trentina di marinai americani perché la USS Liberty non affondò. Ma il bello della storia deve ancora venire: uno dei marinai riuscì a rimettere in funzione un’antenna e la USS Liberty fu in grado di lanciare un SOS, raccolto dalla sesta flotta americana di stanza nel Mediterraneo. L’ammiraglio
della portaerei Saratoga fece decollare una decina di Phantom per andare a salvare la nave, ma fu subito costretto a richiamare gli aerei a causa di un ordine dell’allora segretario di Stato Robert McNamara. Siccome il Segretario di Stato NON ha tale potere, l’ammiraglio chiese conferma che arrivò direttamente dal presidente Lyndon Johnson che giustificò l’ordine affermando che non possiamo imbarazzare i nostri alleati. La nave alla fine fu trainata in un qualche porto e tutti i marinai furono istruiti di NON parlare mai dell’accaduto, pena la corte marziale (sono solo pochi anni che qualcuno ha avuto il coraggio di parlare anche perché alcuni documenti sono stati desecretati). All’epoca, i terroristi di stato si giustificarono affermando di non aver capito si trattasse di una nave americana (cosa poi ampiamente smentita anche da
comunicazioni registrate).
Aggiungiamo anche qualche informazione più recente per rinfrescare la memoria sul tipo di attori con cui abbiamo a che fare. Il premier Benjamin Malikovsky (questo è il vero nome di Netanyahu che lo ha cambiato, così fatto da tanti altri politici dello Stato terrorista per nascondere la natura coloniale dello Stato medesimo) è pesantemente coinvolto in questioni di contrabbando (leggi furto) dagli USA di materiale e segreti nucleari, in combutta con Arnon Milchan: un’uomo d’affari che ha iniziato la sua carriera come spia per lo Stato terrorista. Qualcuno penserà che entrambi i personaggi siano inseguiti da mandati di cattura. Neanche Milchan è ricercato: anzi è stato il (co)produttore di molti film americani di successo (fra gli altri, C’era una volta in America, Pretty Woman, Brazil, ma se ne trovano facilmente altri).
Tornando alla narrativa in tempo reale, l’unica narrativa importante e che dovrebbe essere controbattuta: niente viene trascurato dai registi. Se i laboratori più significativi per l’arricchimento dell’uranio sono verosimilmente al sicuro, non possiamo escludere che qualche impianto sia stato colpito in modo rilevante con conseguenti perdite di materiale radioattivo. In un mondo molto vagamente decente, non dovrebbe questo fatto, da solo, essere un valido motivo per condannare l’azione perpetrata dai terroristi di Stato?
Niente da fare, il capo dell’agenzia per il controllo dell’energia nucleare (IAEA) si è rifiutato di condannare i terroristi. Non solo, la stessa IAEA qualche giorno fa ha rilasciato una comunicazione relativa a test di implosione effettuati dall’Iran. Tali test sono legati indirettamente allo sviluppo di armi atomiche (indirettamente perché sono prove con esplosivi tradizionali) ma il dato più significativo è che tali test erano stati effettuati nel 2003 (22 anni fa); ma la notizia è stata diffusa solo qualche giorno fa.
Infine qualche altra considerazione. I maggiori e quasi unici sostenitori dei terroristi mediorientali sono gli stati democratici occidentali, ma dobbiamo anche ricordare che il 30% delle esportazione di armi israeliane va verso l’India, e che il Sudafrica, lo Stato che ha avuto il merito di aver portato Israele davanti al tribunale internazionale per I crimini di guerra perpetrati, è anche uno Stato che fornisce energia ad Israele sotto forma di carbone.
Quando e chi riuscirá a mettere la briglia a questi banditi?
Antonio Politi